Mucillagini, 30 anni dopo. Pierucci: come è cambiato il mondo della notte

Lunedì, 01 Luglio 2019

Dopo le mucillagini, la Riviera ha puntato sul mondo della notte. È la lettura semplificata che normalmente si fa della svolta maturata trent'anni fa, quando quell'8 luglio 1989 sembrava voler cancellare decenni di turismo riminese. Pier Pierucci oggi si ocupa di comunicazione e marketing per Aquafan, ma ha un passato nel mondo della notte. “Sulla notte – precisa – non è stato fatto alcun investimento pubblico. La notte, come si dice oggi per il web, è cresciuta organica, non ha avuto alcuna spinta. È chiaro che le politiche pubbliche hanno creato l'humus in cui potesse, crescere. All'arrivo delle mucillagini la notte c'era già, anzi aveva bisogno di riconvertirsi”.

Come era la notte in Riviera negli anni Ottanta?

“La notte era quella di Gianni Fabbri, quando un locale da ballo era un rotocalco, qualcosa che evidenziava la contemporaneità. Nella discoteca potevi far vedere le tendenze del momento. Nel linguaggio della notte poteva entrare di tutto: potevi organizzare una mostra fotografica in un locale da ballo e andava bene, adesso avrebbe invece bisogno di spazi e contesti specifici. Allora invece si accettava che la notte contaminasse tutto. I primi anni Ottanta erano quelli dell'edonismo reganiano, della cultura della Coca Cola evocata a proposito dei famosi “palloni” di Vittoria Cappelli sul porto. Si parlava di effimero, ma non era tale, era una subcultura, un processo estetico. In quegli anni è nato ciò che l'Eurisko poi sanzionò a metà degli anni Novanta: se volete vendere i vostri prodotti, cominciate ad uscire quando si accendono le luci. Bisogna cioè vivere la notte per capire qual è il mercato dei desideri nel mondo in cui siamo”.

E lei cosa faceva negli anni Ottanta?

“Nel 1982 facevo l'obiettore di coscienza all'Arci e riorganizzai lo Slego, che era stato abbandonato per un contrasto fra la Casa del popolo e in ragazzi che lo gestivano. Poi sono stato impegnato in Onu, insieme a Riccardo Fabbri e a Moreno Neri e molti altri. Con Onu abbiamo fatto attività imprenditoriale, gestito locali. Negli anni Ottanta, prima grazie alle radio libere e poi alla notte, ci sono stati stati ventenni che sono diventati imprenditori, che hanno trasformato una passione di un mestiere. Un po' come accade adesso con il web”.

Torniamo alle mucillagini. Come era il mondo della notte quando apparvero?

“Le discoteche non erano affatto al top, anzi erano messe in discussione. C'era la pressione delle stragi del sabato sera. Io dicevo che erano un falso problema, ma comunque un problema lo erano. C'erano 200 morti all'anno, tantissimi, anche se nessuno diceva che i morti sulle strade erano allora 7.000. C'era un evidente problema di educazione stradale. Anche il fenomeno dello sballo era fortissimo. In quegli anni stava uscendo il fenomeno della musica techno, dei rave party, degli after hours. All'inizio degli anni '90 esplose il fenomeno del Cocoricò. Si può dire che, dopo il balneare, l'elemento di identità della Riviera che, nel bene e nel male, più è passato al grande pubblico, è stata la notte. C'era allora un'offerta di 140 locali”.

Che caratteristiche aveva quel mondo della notte?

“Erano discoteche in cui andavi e avevi due possibilità di scelta: o le vivevi o guardavi alla finestra, in ogni caso facevi un'esperienza. Potevi essere il cliente ideale che tira tardi, bottiglie, tutti i vizi del mondo, un animale notturno, insomma. Avevi un'estetica per cui era importante alzarsi a mezzogiorno e fare il racconto delle avventure notturne. Poi c'erano quelli che erano semplicemente incuriositi, che volevano vedere, sapere. Ancora di più se tirava l'ormone. Un po' come per l'Expo di Milano, in quanti si sono mossi solo per vedere cosa lì succedeva? Possiamo dire che la Riviera in quegli ani è stata come l'Italia per gli albanesi, una scoperta da fare”.

Erano gli anni della trasgressione...

“Certamente le discoteche hanno cavalcato la tigre della trasgressione, con tutte le conseguenze che quella tigre ha portato. Il punto erano i comportamenti a rischio. Fare mattina non è un problema in sé, ma solo se alle cinque poi decide di metterti in autostrada per andare a un after hours a chilometri di distanza”.

Alla fine è stato un boomerang.

“Le discoteche non curavano più il prodotto, hanno cercato di sopravvivere, di respingere gli attacchi. Solo qualcuno lo ha fatto, il Cocoricò, puntando su una offerta artistica di livello. Invece di fare un salto di qualità, hanno forzato la loro proposta per andare incontro ad un pubblico sempre più giovane perché quella era la domanda forte che veniva dal mercato. Finché a fine anni Novanta ci si è accorti che in discoteca andavano solo quelli di 20-22 anni”.

Dopo la crisi delle mucillagini cosa è successo?

“Sono nati alcuni fraintendimenti. Si pensava che realtà come Aquafan ne fossero avvantaggiate perché c'erano le piscine. In realtà con meno turisti in Riviera tutti lavoravano meno. Già negli anni Ottanta era andato in crisi il modello albergocentrico: il turista che scegli un albergo e tutto ciò che c'è lì vicino, dalla spiaggia al bar. Abbiamo cominciato ad avere turisti che si muovevano seguendo degli interessi, dei segni in cui si identificavano. La leggenda raconta che la discoteca che forniva più clienti al Grand Hotel di Rimini era il Cocoricò. C'era gente che faceva chilometri e viaggi per vedere un locale al top. Dopo le mucillagini la notte è arrivata nelle pagine delle brochure perché non se ne poteva fare a meno. Però, non si è mai enfatizzato che il divertimento notturno era un driver strategico della Riviera. Quando la notte ha cominciato a tentennare, il discorso finalmente è venuto fuori, prima no”.

Quando è arrivata la crisi?

“La crisi è arrivata alla fine degli anni Novanta quando nessuno si è più posto la domanda dove andiamo stasera, una domanda che prima si faceva a qualsiasi ora. La domanda non veniva più posta perché si stava già bene dove si era. Sul divano, al ristorante, con gli amici. La notte alla fine degli anni Novanta è tornata ad essere quello che è sempre stato, il luogo dell'intimità”.

E oggi?

“Ciò che oggi emerge è che i city users cercano destinazioni dove si vive una buona qualità della vita. I turisti non vogliono andare in un territorio per turisti, ma dove si vive bene. Quindi non bisogna sbagliare strategia. La domanda non è cosa faccio perchè la notte tiri, ma cosa faccio per cittadini e city users. L' offerta della notte ha senso se c'è questo. Se ho dieci Cocorico e niente altro, non succede niente. Se ho una destinazione che fa una promessa ed è capace di mantenerla, ci vado”.

 

Valerio Lessi