Se si compie un tour turistico nel centro storico di Rimini non si incontrano le testimonianze monumentali e architettoniche di una presenza degli ebrei nella città. E allora che ci facevano più di 150 persone ieri pomeriggio nella sala del Giudizio dei Musei comunali e poi in giro nella città per un indagine sulla Rimini ebraica? L’iniziativa promossa da Italia Nostra e dal Museo ebraico di Bologna ha ottenuto uno strepitoso successo, evidente è un aspetto della storia di Rimini poco conosciuto e capace di suscitare notevole curiosità. Ma l’indagine ha portato qualche frutto?
L’unica pietra della storia ebraica di Rimini arrivata fino a noi è una lapide che normalmente è ammassata nei magazzini del Museo e che per l’occasione è stata esposta al pubblico. Probabilmente in un prossimo futuro troverà una stabile collocazione nei corridoi del Museo. Quella lapide è una preziosa conferma che a Rimini nei secoli scorsi c’è stata una comunità ebraica. Si può parlare di comunità quanto c’è una sinagoga, un cimitero e un ghetto. La lapide, trovata intorno al 1760 nella zona del Tempio Malatestiano conferma che a Rimini nell’anno 1510 è stata inaugurata una nuova sinagoga. L’iscrizione, spiega Guido Bartolucci, presidente di Italia Nostra, recita “Questa pietra sarà a testimonianza che questa casa è stata consacrata nell’anno…” e segue una citazione biblica di Isaia 60,10 “Stranieri ricostruiranno le tue mura”. Che data è? Poiché gli ebrei non aveva segni specifici per i numeri, questi erano rappresentati dalle lettere, e quelle lettere del versetto di Isaia danno il numero 5270, che nella datazione corrente significa 1510. Le sinagoghe non necessariamente erano edifici di culto monumentali, al pari delle chiese e delle cattedrali, spesso erano semplici stanze ricavate in una casa privata. Dove si trovava questa sinagoga inaugurata nel 1510? È attestato che la comunità ebraica fosse concentrata nel centro storico, nella parte sinistra di piazza Malatesta, guardando la Rocca con le spalle al mare. Si susseguivano tre contrade, Santa Colomba, San Giovanni Evangelista e San Silvestro (nell’attuale piazza Cavour, all’imboccatura di via Gambalunga). Un documento del 1507 parla di una sinagoga nella contrada di Santa Colomba, uno del 1525 riferisce di un luogo di culto ebraico nella zona di San Giovanni e un terzo, del 1555, nella contrada di San Silvestro. Il dibattito fra gli storici è vivace, l’ipotesi accreditata da Bartolucci e che si trovasse dove attualmente sorge la Vecchia Pescheria.
Si è parlato di questa lapide come dell’unico reperto. Certamente è il più importante ma in realtà ce n’è un secondo, un capitello che nel giardino del ristorante macrobiotico funge oggi da sostegno per un vaso di fiori. L’ipotesi è che si tratti di una lapide funeraria proveniente dal cimitero ebraico esistente nel XVI secolo, che gli storici ritengono si trovasse subito oltre la porta Sant’Andrea, dove si divide l’Ausa.
Ma per fare la storia sono utili non solo le pietre sopravvissute, ma anche i documenti: atti delle autorità, cronache, scritti degli stessi ebrei, atti notarili. Ed è da questo insieme di testimonianze che abbiamo notizie del ghetto ebraico di Rimini. Una curiosità: l’8 marzo 1555 si ritrovano a Rimini i rappresentanti delle comunità ebraiche della Romagna, fra cui anche due prestigiosi intellettuali dell’epoca, per mandare una rappresentanza a Roma per discutere dei loro problemi con il papa. Ma Giulio III muore dopo quindici giorni, il successore Marcello II dura appena un mese ed infine viene eletto Paolo IV che il 4 luglio 1555 ordina che nello Stato della Chiesa gli ebrei siano confinati nei ghetti. Anche a Rimini viene creato un ghetto nella zona del centro storico che va dall’inizio di via Bonsi fino a Sant’Onofrio, comprendente anche via Cairoli fino al punto dove oggi c’è il Teatro degli Atti. I ghetti di norma dovevano avere due porte di accesso, ma non mancavano le eccezioni. A Rimini la terza era appunto in via Cairoli, probabilmente all’imbocco di quella viuzza, oggi chiusa da un cancello, che porta in piazza Malatesta. Nel 1569 gli ebrei furono espulsi dallo Stato della Chiesa, tornarono nel 1589, per essere poi definitivamente espulsi da tutte le città nel 1593. C’è però una cronaca del 1615 secondo la quale ci sarebbe stata una rivolta della popolazione che avrebbe portato al definitivo allontanamento degli ebrei. Bartolucci e Francesca Panozzo, del Museo ebraico di Bologna, hanno smentito questa versione, la corretta traduzione dal latino vuole che fossero stati rimossi i resti delle porte di accesso al ghetto, proprio perché all’inizio del XVII secolo gli ebrei non c’erano più.
A Rimini la presenza ebraica è attestata fin dall’XI secolo: un documento del 1065 parla di un dazio da pagare per l’entrata nel porto, si presume pertanto che molti si dedicassero all’attività di pescatori. Un mestiere molto praticato era quello degli stracciaroli. Non facevano compravendita di abiti vintage ma gli stracci servivano per la fabbricazione della carta. A Rimini, nel XVI secolo, è attestata la presenza a Rimini dei Soncino, famosa famiglia di editori e stampatori.
La storia degli ebrei a Rimini è in larga parte ancora da scrivere, negli archivi sono conservati migliaia di documenti che attendono di essere analizzati.