I bambini di Rimini che frequentano gli asili nido sono 898; 603 nei comunali e in quelli dell’Asp Valloni, e 295 in quelli gestiti dai privati. Quindi su 3 bambini, 2 vanno all’asilo pubblico e 1 a quello privato. Lo stesso criterio è stato usato dall’amministrazione comunale per suddividere i fondi messi a disposizione dalla Regione per abbattere il costo delle rette a carico delle famiglie? Non proprio. Da Bologna sono arrivati 372 mila euro, 300 mila sono stati destinati per gli asili pubblici (comunali e Valloni), 50 mila per quelli privati e 22 mila sono stati accantonati per eventuali emergenze. Quindi a un terzo di utenza (quella privata), va in realtà un sesto di contributi.
Non ci si vuole addentrare nei classici “conti della serva”, si vuole solo osservare che l’affermazione dell’assessore all’istruzione Mattia Morolli, secondo cui i privati sono “parte integrante del nostro sistema educativo”, non ha trovato una piena applicazione al momento di suddividere le risorse disponibili.
Del resto, basta prendere in esame la delibera comunale n.305 del 15 ottobre scorso. La premessa è in piena sintonia con quello che normalmente viene chiamato principio di sussidiarietà: “l’offerta pubblica di servizi per la prima infanzia 0-3 anni è integrata dall’offerta di servizi offerti dai privati autorizzati”; “la rete integrata dei servizi consente di dare una risposta efficace alla domanda di servizi per la prima infanzia del territorio comunale”. C’è quindi il riconoscimento che l’offerta di servizi privati consente di rispondere a una domanda delle famiglie che altrimenti resterebbe inevasa. Stabilito il principio, al momento di suddividere le risorse si è proceduto con un criterio diverso. È stata compiuta una simulazione sull’utenza pubblica con l’obiettivo di concedere sconti del 40 per cento alle famiglie con Isee inferiore a 12.011 euro, del 30 per cento alla fascia successiva fino a 18.075 euro, del 22 per cento fino a 23.240 euro e del 20 per cento fino a 26 mila euro. Fatti i conti, si è visto che a tale scopo occorrevano 245 mila euro. Stesso procedimento per l’utenza dei nidi convenzionati dell’Asp Valloni, ai quali sono stati destinati 55 mila euro. I restanti 50 mila euro sono stati stanziati per i servizi privati. Si è quindi applicato un principio di sussidiarietà “residuale”: una volta soddisfatta l’utenza delle strutture pubbliche, il resto è stato concesso ai privati.
All’incontro nel quale l’assessore Morolli ha presentato la novità erano presenti una trentina di rappresentanti di strutture private operanti nel territorio del Comune di Rimini. Da quel che risulta la reazione è stata ampiamente positiva. Per la prima volta c’è stato un riconoscimento economico del servizio che questi asili nido svolgono per le famiglie con bambini dai zero a tre anni. Considerato inoltre che questa misura sarà in vigore per tre anni scolastici, ci si augura che sia l’inizio di un percorso che nel lungo periodo possa portare a forme più stabili e consistenti di integrazione fra pubblico e privato nei servizi per la prima infanzia. Quindi si applaude al bicchiere mezzo pieno, sperando che nel tempo vada a riempirsi.
Sarà interessante verificare, dopo la scadenza del 31 ottobre, quanti nidi privati avranno aderito alla convenzione proposta dal Comune di Rimini. Per accedere ai contributi per l’abbattimento delle rette, bisogna infatti aver stipulato una convenzione. I nidi privati devono rispettare alcuni obblighi i cui principali sono: mantenere il possesso dei requisiti di qualità previsti dalla legge regionale; organizzare le proprie attività secondo un progetto pedagogico congruente con lo schema di riferimento regionale; collaborare, impegnando in tal senso i propri servizi, alle iniziative formative, di confronto, di ricerca e di sperimentazione definite, a livello provinciale; impiegare personale assunto con regolare contratto di lavoro; essere in regola con i versamenti dei contributi INPS ed INAIL; accettare le iscrizioni di tutti i bambini senza discriminazioni di sesso, razza, etnia, cultura, religione; favorire l'inserimento di bambini in condizioni di svantaggio socio-culturale o con disabilità; garantire la partecipazione delle famiglie alle scelte educative; collaborare con il Comune per la definizione di modalità condivise per la gestione di progetti volti all'erogazione di benefici economici alle famiglie; dichiarare l'importo delle rette applicate, compresi gli eventuali sconti, alle famiglie differenziandole in base agli orari di uscita previsti nel proprio servizio; far rispettare la normativa vigente sugli obblighi vaccinali. Condizioni che i gestori dei nido considerano congrue e che fotografano la situazione di servizi che si muovono rispettando tutte le leggi del settore.