Un investimento di 15 miliardi, un grande cantiere per la rigenerazione urbana della costa. È la proposta-provocazione lanciata da Marcello Balzani, presidente di Clust-Er Build, al convegno su “Riuso del moderno”, organizzato nei giorni scorsi dall’ordine degli architetti di Rimini. Clust-Er Build è un’associazione, sostenuta dalla Regione Emilia Romagna, fra imprese, centri di ricerca, sistema della formazione professionale (a Rimini ne fanno parte Anthea e Focchi) con il compito di sostenere la competitività del settore delle costruzioni.
“Dopo il sisma del 2012 in Emilia – spiega Balzani – nell’area del cratere sono stati investiti 11 miliardi di risorse pubbliche, provenienti da Regione, Stato e Unione europea. Cosa è successo? Sono state ricostruite case, scuole, fabbriche, si sta ultimando la ricostruzione dei beni culturali. Il territorio ha dimostrato di avere un kow how di governance di alta qualità. Penso che questo sistema organizzativo possiamo trasferirlo all’altro comparto che più ha bisogno di essere rigenerato, la costa romagnola. C’è un insieme di costruzioni edilizie datate e insicure, c’è un modello turistico che ha bisogno di essere rinnovato, c’è il patrimonio delle colonie che da decenni chiede di avere una destinazione. Credo allora si possa aprire un grande cantiere di sperimentazione per la rigenerazione urbana. Se uno ha un’idea, poi la realizza. I romagnoli hanno visto il sabbione ed hanno immaginato la costa, e la costa è nata. Sei ai romagnoli dai l’innesco, poi loro partono e ci mettono le mani”.
Bella idea, ma occorrono le risorse. Lei ha parlato di un investimento di 15 miliardi. E chi ce li mette?
“Solo se ci fosse un sisma, ce li potrebbe mettere il pubblico, ma non è certo questo a cui pensiamo. Né possono essere sufficienti i 50 milioni che di anno in anno può mettere a bando la Regione perché si rigeneri questo o quell’edificio. Al convegno ho presentato nuove tecnologie che possono essere usate per convogliare i fondi privati verso questo progetto. Parliamo di smart contract e di blockchain, che stanno già funzionando a Milano, in Trentino e in molti Paesi europei. Sulla costa molti alberghi hanno bilanci stagionali e fanno fatica a ricorrere al credito bancario. Il meccanismo della blockchain riduce i fattori di intermediazione bancaria per un accordo di interesse fra gli operatori del settore (e qui sta la forza dei romagnoli) che scambiandosi trasformazioni della loro proprietà creano valore”.
Può fare un esempio per capire meglio?
“Se ristrutturo un hotel quello vale di più; se ristrutturo e ho buon gestore, l’albergo vale ancora di più; se oltre a edificio nuovo e gestore dispongo anche di un network di operatori che fanno filiera (agroalimentare, sistema dei servizi, ecc.) vale ancora ancora di più.
Perché i vari soggetti, proprietario, gestore, rete, non li mettiamo insieme e li facciamo lavorare fin dall’inizio per il miglioramento del patrimonio edilizio? Normalmente invece succede che gli operatori romagnoli prima ristrutturano e poi pensano a cosa fare, bisogna invece prima creare la rete e poi convogliare il potenziale di questo valore all’interno della rigenerazione edilizia. Blockchain e smart contract servono a questo: a generare valore economico e a convogliarlo sull’obiettivo che è stato definito, rigenerare il patrimonio edilizio”.
È una prospettiva realmente praticabile?
“Negli anni delle vacche grasse si producevano risorse ma non erano utilizzate per rigenerare l’albergo, magari sono finite in appartamenti o altri investimenti. Adesso abbiamo i meccanismi finanziari e tecnologici che possono convogliare i fattori di interesse sull’obiettivo della rigenerazione edilizia. Per questo obiettivo occorre fare sistema, non basta il singolo soggetto che ottiene un finanziamento per la sua attività; la sua attività va collocata in una comunità di interessi, di persone, di network, che la Romagna può aspirare ad avere perché ha i numeri, fra alberghi imprese e movimento turistico, per poterlo fare. Però bisogna essere d’accordo. Da parte mia, sto cercando di collocare questa prospettiva all’interno degli obiettivi regionali, al di là del colore politico che avrà la prossima amministrazione. Vorrei che la nuova amministrazione collocasse la rigenerazione della Riviera romagnola come uno dei luoghi di interesse per il settore delle costruzioni a livello regionale. Con un progetto del genere, ne guadagna tutta la regione. Vorrei che le maggiori risorse che la Regione avrà nei prossimi anni grazie all’autonomia speciale non vadano sui singoli edifici ma su un sistema di processo. La Regione può innescare un processo virtuoso, ci deve credere, poi però va creata la rete di comunità territoriale capace di attirare l’attenzione di investitori privati, che io ho già provato a testare con esiti promettenti. La Romagna ha tutte le caratteristiche per poter accedere alla linea di finanziamento europei dei “mutui verdi”, sui quali la nuova Commissione punta molto. Però va costruito un progetto condiviso”.
Forse è questo il punto di difficoltà maggiore.
“Il momento buono è adesso, c’è un cambio di gestione regionale, ci sono i nuovi finanziamenti europei, abbiamo le tecnologie digitali giuste. Proporrò alla Regione, per il finanziamento, un progetto prototipo. Non bisogna avere la pretesa di fare tutto in una volta. Se ai romagnoli che stanno a guardare, gli si offre una concreta prospettiva ottimista, credo si mettano a correre. Però bisogna dire loro la verità. Con gli eco bonus e i sisma bonus non si va da nessuna parte, a Cesenatico se ne è avvalso il 5 per cento degli albergatori. Occorre una scossa più forte e radicale. Bisogna credere al futuro, ai cambiamenti in atto, altrimenti ne saremo sepolti. Se si viene a sapere che la Romagna fa la rigenerazione edilizia, scatterà subito l’interesse, non abbiamo bisogno di spiegare cos’è la Romagna, ha già una forte capacità attrattiva. I numeri li abbiamo, 60 chilometri di costa, abbiamo centri di ricerca e università, un capitale sociale e umano incredibile, un turismo che ancora tiene. Utilizzando le tecnologie giuste possiamo farcela”.
Fra gli esempi ha citato il Trentino. Lì cosa è stato fatto?
“Un piccolo esperimento con la blockchain. Si sono messi insiemi alcuni servizi turistici, la Regione ha finanziato un test. Poi gli operatori si sono mossi da soli con gruppi di acquisto e ottimizzazione dei servizi e si sono già finanziati, utilizzando le tecnologie digitali smart, una bella fetta dei miglioramenti edilizi”.