I concorsi di architettura, questi sconosciuti. Tirando le conclusioni del convegno sul “Riuso del moderno”, celebrato nei giorni scorsi, Roberto Ricci, presidente dell’ordine degli architetti della provincia di Rimini, ha sollevato la questione dei concorsi di progettazione per le opere pubbliche e private. “Abbiamo affrontato - spiega – il tema del riuso del patrimonio edilizio esistente non solo dal punto di vita tecnico e specialistico (l’efficientamento energetico degli edifici e la sicurezza sismica) che pure sono importanti, ma portando l’attenzione sul ruolo che l’architetto deve avere. È una visione di partecipazione e condivisione alle scelte che committenti pubblici e privati dovrebbero attuare per arrivare a scelte più opportune. La
partecipazione non è solo ascoltare la gente all’inizio del processo ma anche coinvolgerla nelle scelte definitive”.
Cosa intende dire?
“Già dal 2000 la Comunità europea ha indicato la partecipazione come essenziale per i piani strategici. Noi a Rimini, con il piano strategico, abbiamo avuto un grande processo di partecipazione che ha visto protagonisti cittadini, associazioni, categorie economiche. In questo lavoro sono emerse indicazioni generali, suggestioni, come ‘ci piacerebbe un parco del mare’, ‘ci piacerebbero più piste ciclabili’. Sono state offerte suggestioni, il punto è che queste non possono essere lasciate in mano ad una persona sola che le fa diventare progetto. Le suggestioni non sono un progetto, semplicemente ti indicano una strada. Ma noi architetti sappiamo che da una suggestione al progetto concreto per realizzarla, c’è di mezzo un mondo. Per gli architetti, la fase di partecipazione deve continuare anche dopo. E come deve continuare? Tramite quello che tutti i paesi civilizzati dell’Europa, e anche fuori dell’Europa, fanno: il concorso di progettazione. In Germania, in Spagna e in Francia è la consuetudine.
Bisogna far partecipe la società anche nelle decisioni successive attraverso le scelte di progetti: non uno solo, ma duecento progetti, in modo che si possa realizzare quello migliore. A Rimini abbiamo difficoltà a far capire questa cosa. Sulla Riviera abbiamo due amministrazioni che politicamente sono di colore opposto, Riccione e Cesenatico, che però hanno fatto la scelta dei concorsi di progettazione, Con risultati incredibili. A Riccione, per la nuova scuola Panoramica, sono stati presentati 189 progetti, cioè idee, non elaborati con cinquanta tavole. Di questi cinque sono entrati in finale, e uno solo è poi risultato vincitore ed ha ricevuto l’incarico. Il Comune sta realizzando il progetto, molto innovativo, un esempio a livello nazionale. Ed anche nella fase finale c’è stata partecipazione, con convegni e seminari. E non è stato perso tempo, perché in duecento giorni è stato fatto il bando e proclamato il vincitore. È una modalità diversa, che garantisce maggiori idee, maggiore partecipazione e discussione. Inoltre, si evitano i contenziosi perché facendo un concorso di progettazione non esistono i ricorsi. Soprattutto è la modalità corretta che in Italia sta facendo fatica ad emergere, anche se qualcosa si sta muovendo. Anche a Cesenatico il concorso riguardava una scuola, è stato realizzato sull’esempio di Riccione. Ad Aosta c’è il concorso per l’anfiteatro romano…”
Lei l’avrebbe fatto anche per il parco del mare?
“Certamente, noi siamo per i concorsi, sempre. Ripeto, con il piano strategico a Rimini abbiamo avuto una partecipazione eccezionale, ciò che è emerso va finalizzato attraverso i concorsi”.
Qualcuno potrebbe obiettare che lei tira acqua al mulino degli architetti. In fondo, si dice, l’importante è che i lavori vengano eseguiti…
“Ma quale acqua al mulino degli architetti! Mi trovi un professionista che è disposto a lavorare gratis per partecipare a un bando di concorso dove su 200 solo cinque prendono un rimborso spese. Me lo trovi un professionista che investe due tre mila euro del proprio studio per partecipare.
Intanto il Comune ha 400 mila euro di idee che gli vengono offerte gratuitamente. No, l’obiezione non è corretta, anche se è quello che pensano tutti, anzi, sono le amministrazioni pubbliche che vogliono far credere quello che ha detto lei. I concorsi si fanno perché si ha voglia di lavorare e di vedere le cose fatte meglio. Non condividiamo la logica ‘meglio che niente’. I concorsi hanno un vantaggio sociale incredibile, le opere finiscono sulle riviste di architettura, vengono pubblicizzate in tutto il mondo. Mi trovi lei un’opera fatta a Rimini che è finita su una rivista di architettura, vada a vedere se ce n’è una. Le pare una cosa normale?”.
Con il convegno avete ottenuto qualche risultato?
“Questo convegno era stato fatto non per raccontarcele fra gli architetti, perché noi le sappiamo già. Era fatto per la gente, che ha dato una grande risposta. Ma era fatto anche per le amministrazioni pubbliche. Sono venuti da Cattolica, da Riccione, da Saludecio, anche da altre parti. Personalmente sono andato a sensibilizzare il Comune di Rimini ma purtroppo è venuta solo una persona”.
Che idea si è fatto?
“Penso che per loro siano argomenti sui quali non si vuole neanche ragionare”.
Per il Museo Fellini, per esempio, non è stato fatto un concorso?
“No, quello non era un concorso di progettazione, ma un bando di gara. In un bando di gara si chiedono requisiti come esperienze fatte, fatturati, numero dei dipendenti. Si ragiona con i numeri. Un ragazzo appena uscito dall’università è impossibilitato a partecipare. Noi vogliamo mettere sullo stesso piano i giovani laureati e lo studio di Renzo Piano, perché le idee possono venire da tutti A Bologna il monumento per la Shoah lo hanno vinto quattro trentenni, grazie ad un concorso di progettazione. Noi vogliamo che siano premiate le idee, non i fatturati. A Rimini, in questi anni, non è mai stato fatto un concorso”.