L’andamento incerto di queste settimane del nostro turismo, che si affianca a quello molto negativo su scala nazionale, credo imponga di compiere una riflessione cruda e spassionata per mettere mano ad una situazione che, se non viene affrontata rapidamente, è destinata a portare guai alla nostra economia ed alla società riminese.
Non è sufficiente dire che le disdette o le mancate presenze sono la conseguenza dell’emergenza covid. È una constatazione che in sé non dice nulla. Spesso rivendichiamo al turismo il primato per quota del PIL nazionale, ma di fronte a questi risultati nessuno è stato capace di fare una seria indagine di mercato per individuarne le cause, come invece avrebbe fatto qualsiasi imprenditore di un altro settore.
Di cause indubbiamente ce ne sono diverse, ma ce n’è una che io ritengo decisiva perché su di essa, a differenza di altre, è possibile intervenire su scala locale. Mi riferisco alla percezione che una quota sempre più larga di consumatori del prodotto turistico non è disponibile a muoversi da casa se non ha la certezza che il luogo nel quale si reca per la vacanza sia sicuro per la propria salute.
Ormai lo sappiamo la situazione non è destinata a tornare, in qualche mese, quella precedente all’inizio della pandemia. Ci sarà ancora un lungo periodo nel quale, tra alti e bassi dovuti alla stagione, dovremo imparare a convivere con questo maledetto virus. Gli scienziati ce lo hanno spiegato in ogni modo.
Piano piano ciascuno di noi, almeno nel nostro continente, si sta abituando a questo sgradito scenario. Dominerà le nostre esistenze per qualche anno e in conseguenza di ciò si sta ridefinendo il carattere e l’orizzonte di molti nostri consumi.
Chi, come noi, ha costruito il benessere ed il successo economico della propria comunità sull’offerta di servizi turistici, se non vuole soccombere, deve adeguare in fretta il proprio prodotto a questo sconvolgente assetto di mercato. Deve individuare con chiarezza quali sono le nuove richieste e realizzare azioni coerenti e mirate di prodotto, di marketing, di comunicazione per competere adeguatamente. Non si tratta di trasformare le nostre città in corsie di ospedale, ma di adeguarsi a nuovi standard che sono ormai largamente sperimentati e fanno parte della vita quotidiana di milioni di persone. C’è riuscita la Formula 1, possiamo riuscirci anche noi.
Ridefinire la cifra dell’accoglienza del nostro territorio non è cosa che possa essere fatta dalla singola impresa, richiede invece un intervento di sistema che coinvolga una larghissima platea di protagonisti per ottenere che tutti remino nella stessa direzione. Occorrerà un grande lavoro di concertazione e di convincimento diffuso per affermarla, per evitare che le lacerazioni che si avvertono nella società riminese nell’affrontare la pandemia divengano una zavorra insostenibile per il nostro turismo.
Le molte declinazioni di prodotto turistico che per decenni hanno felicemente convissuto sulla riviera, avevano un tratto comune rappresentato dalla peculiare ospitalità del nostro sistema. Un’ospitalità costituita da diversi elementi, materiali ed immateriali, difficilmente riproducibili altrove, che hanno rappresentato per decenni il fattore competitivo più forte dell’offerta. Ad essi oggi è indispensabile aggiungere quello della certezza che qui la salute degli ospiti sarà il bene maggiormente tutelato.
Non si tratta solo di garantire che le regole stabilite su scala nazionale vengano puntualmente rispettate, ma di promuovere buone pratiche che consentano di dare evidenza e valore al loro rispetto diffuso e puntuale, di implementarlo, di nutrirlo con idee nuove, di premiare la convivenza tra divertimento e tutela della salute, di qualificare e potenziare i servizi sanitari e di igiene pubblica.
L’elenco di ciò che si potrebbe fare è lungo. Va dalla opportunità per gli ospiti della nostra riviera di farsi un tampone a costi accessibili e senza file chilometriche, alla sicurezza sui trasporti pubblici, dalla distribuzione gratuita di mascherine e di disinfettanti, alla trasparenza del livello di prevenzione del contagio offerto da ciascun servizio.
Le scelte ovviamente devono partire dal vertice perché comportano anche impegno e destinazione di risorse pubbliche, ma non funzioneranno mai se non ci sarà un coinvolgimento dell’intera comunità locale.
Non trovo altra maniera per dirlo, ma, se vogliamo sperare di avere successo, dobbiamo aprire un fronte interno che veicoli una banale verità: chi non rispetta le regole anticovid e i protocolli che verranno decisi in sede locale, chi le aggira, chi le elude, finisce per scoraggiare i flussi turistici, colpisce inconsapevolmente il nostro benessere, il nostro lavoro, la nostra economia.
Non c’è più spazio per furbizie. Nel mondo plasmato dai social, puoi anche raccontare che nella tua discoteca tutte le regole vengono rispettate, ci pensano le immagini di Instagram postate dai clienti a smentirti. Puoi garantire la sanificazione delle camere, ma se chi le riordina non è vaccinato e non indossa correttamente mascherina e guanti è come se non avessi fatto niente. Se chi viene a servire al tavolo non porta la mascherina, se non viene rigorosamente richiesta l’esibizione del green pass, il tuo cliente è legittimato pensare che nel back stage del locale può succedere di tutto e lo scriverà nella recensione.
I controlli in questa prospettiva diventano decisivi. Fino ad ora è stato fatto tutto quanto era possibile? Una verifica è più che opportuna, per fugare l’idea di un compiacente lassismo.
Tuttavia, ritengo che sarebbe altrettanto efficace la valorizzazione delle buone pratiche. Perché non lanciare, ad esempio, un bollino Riviera della Salute, certificato da garanti credibili, per alberghi, bar, ristoranti, locali che primeggiano nelle garanzie offerte alla salute dei nostri ospiti e dei consumatori? Immaginate quale riscontro avrebbe una notizia come questa in tutto il paese. Si può fare, se non si ha timore di inimicarsi qualche associato che guarda al passato.
Tra gli strumenti per spingere le imprese dell’accoglienza verso comportamenti virtuosi, infine, c’è un indirizzo che dipende da come si risponde ad una domanda.
E’ giusto che gli imprenditori beccati ad infrangere le regole anti covid, quelli che con i loro comportamenti squalificano la nostra offerta, godano dei ristori economici e dei benefici, per quanto miseri, che saranno varati dal governo nazionale o a livello locale?
Sergio Gambini
Ex parlamentare