Era nato come esperimento per una settimana, per fronteggiare l’annunciato momento del picco dell’epidemia. L’esperimento finora ha funzionato, nessuno fra anziani ospiti, operatori e suore è stato contagiato dal coronavirus. E quindi continuerà anche per questa settimana, probabilmente anche oltre, l’auto isolamento della casa di riposo Maccolini, in via D’Azeglio a Rimini, una delle storiche strutture di assistenza alla popolazione anziana, gestita dal 1900 dalla Congregazione Suore di Carità dette di Maria Bambina. Dal punto di vista sanitario è una 'quarantena preventiva' volontaria, per suor Rita Benigni, 73 anni, superiora della comunità delle suore, è molto di più: “è un’avventura della carità”, dice al telefono. Un’avventura che coinvolge 142 anziani suddivisi in sei nuclei, la comunità delle suore (venti ricoverate in infermeria) e un nutrito gruppo di operatori esterni.
Certo è un esperimento a cui tutta l’Italia dovrebbe guardare, ogni giorno rimbalzano sui giornali le notizie di case di riposo dove gli anziani a volte sono contagiati a decine. Basta che se ne infetti uno e l’effetto domino è scontato. “Tutto è nato – racconta suor Rita – nell’ascoltare che tutti dovevamo restare a casa per non esporci al contagio. Anche noi siamo a casa, anche il Maccolini è una casa. Tante famiglie ci affidano i loro cari e per questo ci sentiamo responsabili della loro incolumità, essi non sono semplicemente ospiti ma persone deboli e fragili che ci stanno a cuore e che meritano fino all'ultimo la nostra massima attenzione in questo difficile momento. Per cui abbiamo riflettuto: come possiamo realizzare l’imperativo ‘io resto a casa’? Non possiamo – ci siamo detti - restare a casa senza i nostri operatori, possiamo metterci in quarantena se anche loro stanno con noi, in modo che veramente non ci sia più nessun contatto con l’esterno”.
Quando era scoppiata l’emergenza, la casa di riposo aveva assunto i primi provvedimenti: chiusura della casa alle visite dei parenti, dispenser con igienizzanti in ogni angolo della struttura, mascherine agli operatori. Ma per varare l’operazione #iorestoalMaccolini bisognava fare un salto. È stata quindi lanciata la proposta dell’auto isolamento volontario fra i circa cento operatori della cooperativa Il Girasole che si occupano della casa di riposo. All’inizio hanno dato la disponibilità in venti. Troppo pochi, non si può fare. Qualcuno non se la sentiva, per ragioni più che comprensibili. C’è chi non può assentarsi dalla famiglia, chi teme di non reggere allo stress. Poi il confronto fra gli operatori ha fatto lievitare le disponibilità, fino a raccoglierne 45. “A questo punto – prosegue suor Rita – abbiamo detto: ce la possiamo fare. Anche noi suore ci siamo rimesse in gioco per dare una mano, chi per aiutare nei pasti, chi alla portineria. Anche se credo che il nostro compito più grande sia quello della preghiera, affidare alla bontà di Dio questa nostra comunità, perché tutti siano salvi da questo virus”. Suor Rita sa come muoversi in queste situazioni perché è infermiera caposala della vecchia scuola. Nella comunità delle suore c’è anche un medico, suor Emilia, che può prestare assistenza peri piccoli malanni quotidiani, senza bisogna di rivolgersi all’esterno. I posti letto per gli operatori sono stati ricavati nella palestra e in parte nella chiesa annessa all’istituto. I vari reparti sono stati isolati. Il cibo da una settimana arriva sigillato in contenitori a perdere per evitare contaminazioni.
"Ci siamo sentite subito di rispondere a questa chiamata – aggiunge a sua volta Laura Buscarini, responsabile dei servizi socio-assistenziali - perché abbiamo a cuore i nostri nonni. Ogni giorno ci prendiamo cura di loro e ci sembrava giusto intensificare la nostra cura amorevole in questo difficile momento. Non abbiamo paura di restare qui e daremo il massimo in questa difficile situazione. Abbiamo anche organizzato dei momenti di svago che ci permettono di passare serenamente anche le ore di riposo tra un turno e l'altro”.
L’avventura della carità continua.