Se c’era bisogno di una conferma per convincersi che la “città Romagna” auspicata dal presidente di Confindustria Paolo Maggioli ha ancora molti ostacoli da superare, è subito arrivata, appena qualche giorno dopo le sue dichiarazioni, la strana e per molti versi indecifrabile polemica sulla nomina di Tiziano Carradori a direttore generale dell’Asl Romagna. Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi ha capitanato la pattuglia dei sindaci di centrosinistra, ai quali si sono aggiunti anche il grillino di Cattolica Mariano Gennari e il presidente della Provincia Riziero Santi, che ha voluto mettere nero su bianco un avvertimento lanciato non si sa bene a chi. I nuovi paladini della Romagna unita scrivono infatti: “Rispediamo al mittente l’idea di tornare indietro rispetto al disegno dell’area vasta, di riaffermare un campanilismo fuori dal tempo, che non guarda al miglioramento della sanità pubblica attraverso la nostra Ausl ma al ripristino di uno stato di cose ormai superato nei fatti”.
Se qualcuno dovesse chiedersi “mi sono perso qualcosa? chi si è schierato contro l’area vasta in sanità?”, stia pure tranquillo: non si è perso niente. Tiziano Carradori, già amministratore dell’Aus di Rimini quando era indipendente, è anzi il promotore dell’idea di area vasta. Nella prima intervista rilasciata dopo la nomina ha inoltre confermato che si muoverà “con lo spirito secondo cui viene prima il 'Noi' e poi l' 'Io' del singolo ospedale e della singola città”.
L’uscita di Gnassi & company ha però suscitato una reazione a catena. Sono apparsi i cosiddetti “sindaci non allineati”, cioè quelli di centrodestra, i quali, dopo aver evidenziato che “la nomina del Direttore Generale è avvenuta ovviamente nelle segrete stanze del partito che si ritiene padre e padrone della Romagna”, hanno voluto rimarcare: “Alcuno di noi ha mai avanzato polemiche strumentali o volontà di mettere in crisi l’attuale assetto sanitario territoriale della Azienda USL”. Fra i sindaci non allineati mancava quello di Riccione, Renata Tosi, che pure non trascura occasione di polemizzare con il potere regionale. No, questa volta ha scelto un profilo istituzionale. Se si voleva fornire la rappresentazione di un territorio sbrindellato, incapace di essere coeso sulle questioni che contano, l’obiettivo è stato pienamente raggiunto. Ognuno sembra essere sceso in campo per giocare una propria partita, non quella del territorio.
Non si capisce la mossa di Gnassi, un sindaco che, essendo a fine mandato e non più rieleggibile, ha in questo momento, per forza di cose, meno peso rispetto ai colleghi degli altri capoluoghi romagnoli. Quando si arriva a discutere di sanità e di area romagnola, il sindaco di Rimini sembra perdere la lucidità che lo distingue in altri frangenti e su altri temi, come il turismo. Lo si era visto, per stare alla cronaca degli ultimi mesi, nella sbracata polemica innescata sulla facoltà di medicina a Forlì e Ravenna. La sanità non è il primo dei suoi pensieri e quando le circostanze lo obbligano ad occuparsene, ha la tentazione di lanciare la palla in tribuna. Nel paventare il ritorno dei campanili, mai auspicato da nessuno, finisce per dare l’impressione che la mossa maldestra sia al contrario dettata da una logica di campanile. Gnassi ha poi sostenuto che la questione è che è arrivata prima la nomina di Carradori, e solo il giorno dopo il programma di mandato. Questa però sembra una giustificazione del giorno dopo, lanciata per mettere una pezza alla mossa sbagliata del giorno prima.
Sul senso di questa tempesta in un bicchiere d’acqua le interpretazione divergono. Secondo una prima linea di lettura, la gestione Tonini sarebbe stata considerata dalle altre città romagnole eccessivamente riminocentrica, ora Rimini temerebbe che, a parti invertite, la direzione Carradori risulti penalizzante per il territorio. Sullo sfondo, secondo questa interpretazione, si giocherebbe una lotta per l’egemonia dentro il Pd.
Secondo un’altra visione, Gnassi in realtà non ce l’aveva con Carradori, ma con la Regione e con la presidenza Bonaccini, che ha deciso tutto da solo senza coinvolgere le comunità locali. Una Regione che a parole dice di voler promuovere la Romagna, ma poi si limita a distribuire soldi a destra e manca pur di consolidare il consenso. La nomina di Carradori sarebbe solo l’ultimo di una serie di “sgarbi” e/o “equivoci”che riguardano università, alta velocità, aeroporti, fiera. Non è ben digerita la posizione della Regione sugli aeroporti, ovvero che deciderà il mercato, vista come la premessa del fallimento di entrambe le società, come avvenuto in passato. Non è piaciuto che l’assessore Colla abbia in qualche modo considerato non prioritario l’unione fieristica fra Rimini e Bologna, dopo che l’emergenza Covid 19 ha finalmente portato le due città a parlarsi.
Interpretazione che non necessariamente sono contrapposte ma possono scorrere parallele. Quel che è certo che in Romagna abbiamo un problema.