(Rimini) “La strada è ancora lunga sul tema del contrasto alla violenza nei confronti delle donne e, in generale, degli esseri più deboli e indifesi, penso ai bambini e alle bambine. Per questo la Lega, a tutti i livelli, si impegna a tenere sempre alta la guardia. Lo abbiamo dimostrato nel 2019, durante il primo Governo Conte, sostenendo fortemente l’approvazione della legge ‘Codice Rosso’, che rappresenta un importante passo in avanti sul piano della tutela. Ma ancora di più intendiamo impegnarci oggi, sollecitati dai troppi casi di violenza contro le donne perpetrati nel 2020 dai partner, anche per le convivenze forzate in casa a causa dei lockdown”. Lo ha dichiarato il parlamentare Jacopo Morrone, componente della Commissione Giustizia alla Camera e segretario della Lega Romagna, partecipando a una diretta Facebook intitolata "8 marzo. Giù le mani dalle Donne”, organizzata da Luigi Zaccaria, vice presidente Associazione nazionale Polizia Penitenziari) e i cui lavori sono stati aperti da Donato Capece, presidente dell'Associazione e segretario generale del Sappe.
“Accolgo con grande interesse, almeno per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, – ha proseguito Morrone - la proposta avanzata dalla collega avvocato Elisabetta Aldrovandi, presidente dell’Osservatorio nazionale vittime dei reati e garante regionale per la tutela delle vittime di reato della Regione Lombardia, di istituire una ‘rete multidisciplinare di supporto e tutela delle vittime di reato’ per dare corpo e continuità al sostegno multidisciplinare indispensabile a chi ha denunciato di aver subito una violenza. C’è poi tutto il discorso dell’educazione in famiglia e il potenziamento del ruolo della scuola nel contrasto alla violenza e alla sopraffazione nei confronti dei più deboli e delle donne. Infine il tema forse ancora non sufficientemente esperito dei maltrattamenti subiti dalle donne in famiglie immigrate, spesso frutto di modalità di trattamento accettate nelle culture di origine. Violenze che rimangono sommerse per la mancata consapevolezza dell’abuso subito o per il timore da parte delle donne di denunciare la violenza, scoraggiate dalla comunità di appartenenza o perché non conoscono gli strumenti attivabili con la richiesta di aiuto”.