Non siamo un Paese per giovani. E Rimini e la sua provincia, stando ai dati demografici, non fanno eccezione. Lo sapevamo, ma sentirselo ripetere a viva vice da due autorevoli studiosi come Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici, e da Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis, fa sempre un po' di impressione. È accaduto nel pomeriggio di lunedì nel corso della presentazione dell'annuale rapporto sull'economia organizzato dalla Camera di Commercio della Romagna, e quindi riferito ai territori delle province di Rimini e di Forlì-Cesena.
La scelta della Camera di Commercio, quest'anno, è stata quella di centrare la riflessione proprio sui giovani: "NEXT generation EU: quali strumenti a favore dei giovani" (intervento di Cottarelli); "Società e pandemia: i giovani nel nuovo scenario"(intervento di Valeri). Fra un po' esamineremo le loro provocanti riflessioni.
È invece toccato al segretario generale Roberto Albonetti snocciolare i dati del territorio e fornire alcune piste di lavoro basate appunto sull'analisi dei dati.
Nel 2020 l'economia romagnola ha seguito la tendenza generale di enorme difficoltà. Le imprese attive calano dello 0,5%, diminuiscono le sedi di impresa e le localizzazioni. Si confermano però livelli tuttora molto elevati di imprenditorialità (96 imprese attive ogni 1000 abitanti rispetto alle 86 a livello nazionale). I livelli occupazionali sono in calo (-2.3%) e aumenta la disoccupazione (+0.7%), specialmente giovanile (+10,3%) e soprattutto nel riminese, mentre sulle altre fasce il calo è nettamente minore e varia tra il 2 e il 5%. C'è un incremento elevatissimo delle ore autorizzate di Cassa integrazione (+1717,2%) e un ampio ricorso agli altri ammortizzatori (ad esempio il Covid Bonus 600 euro). Si segnala un forte calo della produzione industriale (-11%; in positivo l'alimentare). Si registra una flessione netta delle esportazioni, -11% superiore alla media regionale (-8.2%) e nazionale (-9.7%) (in positivo solo il mobile imbottito; in negativo tutti i principali Paesi di destinazione).
Particolarmente acuto il divario tra posti vacanti e disoccupazione: in Italia nel 2020 un'impresa su tre non riusciva a trovare le persone idonee a garantire 1,2 milioni di contratti di lavoro. A mancare sono soprattutto persone con le competenze digitali. Nel territorio locale la situazione è questa: l'8,7% delle imprese a Rimini e il 10,7% a Forlì Cesena dichiarano di dover assumere. Purtroppo, in entrambe le province oltre il 30% delle professioni per le quali vi sono posti vacanti sono considerate difficili da reperire. Quindi non solo non siamo un Paese per giovani, ma non abbiamo nemmeno i giovani “giusti”, cioè con la formazione adeguata alle esigenze del momento.
Nel 2021 Prometeia prevede per la Romagna un aumento del valore aggiunto stimato al 5% (rispetto al 5,4% regionale e a 4,9% Italia). Le esportazioni sono previste in aumento del 7,4% rispetto all'incremento del 6,8% previsto per la regione e al 7,1% previsto per l'Italia. Tra i macrosettori che traineranno la ripresa vi sono le Costruzioni (Bonus 110) e il Manifatturiero.
“La crisi - ha osservato Albonetti - ha colpito in modo asimmetrico territori, settori, tipologie di imprese e di lavoratori penalizzando i mix produttivi caratterizzati da comparti ad alta interazione personale (come il turismo e i servizi alla persona) e le imprese meno strutturate (a partire da quelle artigiane), i giovani, le donne e i soggetti meno qualificati. Per questo sono urgenti investimenti in formazione / riqualificazione / innovazione. Interventi che non sono favoriti dal calo del fatturato, dai problemi di liquidità e dall'incertezza delle prospettive, ma proprio per questo quanto mai necessari. Le misure "tampone" in termini di ammortizzatori sociali e il sostegno al credito (principalmente attraverso le operazioni con il Fondo di garanzia) sono ancora necessarie, ma non bastano più. Inoltre, la vera ripresa economica dipenderà anche dal successo del piano vaccinale. Il nostro territorio può contare anche sulla forte reattività e la capacità di risposta del nostro sistema produttivo, che ha tempestivamente ripreso livelli produzione efficaci appena le misure di contenimento sono state allentate".
Le prospettive per i giovani in questo contesto. Valeri, il direttore del Censis, ha sostenuto che la pandemia ha accelerato, anche per i giovani, molti fenomeni negativi che erano già in atto.
Valeri ha spiegato che i giovani di fronte al sistema scolastico hanno un atteggiamento molto divaricato. Da una parte ci sono coloro che non investono più di tanto nella propria formazione, perché la ritengono inutile a raggiungere obiettivi di crescita sociale. Dall'altra, ci sono coloro che stratificano uno sull’altro ogni titolo di studio, laurea, master, specializzazione, corsi di lingue, ecc. Entrambi questi gruppi di giovani hanno un fattore in comune: entrambi sperimentano sulla propria pelle il blocco dell'ascensore sociale. Il punto è che per la prima volta una generazione sa che non può sperare di raggiungere condizioni di vita e di benessere migliori di quelle dei propri padri. Anzi.
L'altro fattore che incide pesantemente, e che la pandemia ha aggravato, è la denatalità. Nel 2020 con 400 mila nascite abbiamo raggiunto il livello più basso dall'unità d'Italia. Ma il fenomeno, secondo Valeri, è destinato ad aggravarsi proprio a causa della pandemia. Si va così formando una piramide sociale rovesciata, dove la base dei giovani va sempre più restringendosi e il vertice della popolazione anziana sempre più allargandosi. Con tutte le ben note conseguenze a livello di debito pubblico e di gestione del welfare.
Interessante la provocazione lanciata da Valeri. Anziché varare il voto ai sedicenni, sarebbe più utile introdurre (ovviamente è impossibile) un voto ponderato per generazioni. La politica oggi insegue purtroppo il consenso immediato e arrivano più consensi a parlare di pensioni piuttosto che di politiche per l'occupazione e per la crescita dei giovani. Che è invece la sfida che abbiamo di fronte.