Non so se ho ben capito la sostanza di quanto affermato nel corso della recente riunione della maggioranza consigliare del Comune di Rimini.
Una componente avrebbe affermato che d’ora in poi le decisioni della consigliatura non sarebbero più sottoposte alla libera decisione dei rappresentanti eletti dal popolo, ma soggette ad un vaglio preventivo dei candidati PD alle primarie per le prossime elezioni, privatissimi soggetti, entrambi estranei all’organo consigliare. Solo le delibere che avessero ottenuto il loro assenso potrebbero contare sul sostegno della maggioranza ed essere perciò approvate.
Come chiunque può intuire si tratta di uno stravolgimento del funzionamento e dei principi che reggono le procedure rappresentative e deliberative delle istituzioni locali.
Una chiara espropriazione di quelle sedi dei loro poteri a vantaggio di soggetti ad esse istituzionalmente estranei. L’occupazione delle istituzioni da parte di partiti o di correnti di partito da decenni denunciato come un cancro delle nostre istituzioni viene qui portato al parossismo, attribuendolo addirittura ad personam.
Non sono sempre stato un incensatore delle politiche berlingueriane, ma certamente la questione morale sollevata dall’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti è una delle sue lezioni che non possono a mio avviso essere dimenticate, ne rinnegate. Di fronte ad una notizia come questa sono certo che il povero Berlinguer si rivolterebbe nella tomba.
La lotta politica può essere aspra e a volte truce, lo capisco, anche se personalmente non ho mai sopportato i toni, gli argomenti e le minacce gladiatorie che alcuni amano invece usare. Tuttavia, quella lotta dovrebbe conoscere almeno un limite. Non dovrebbe propugnare una mutazione genetica morale dei principi della propria forza politica di appartenenza.
Tutti i diversi filoni ideali e politici che hanno contribuito alla fondazione del PD avevano in comune un profondo rispetto delle istituzioni e delle sue regole, si sono divisi e potranno dividersi su tante cose, ma non su questo che è uno dei cardini fondativi di questa comunità politica.
Nella furibonda e suicida lotta locale per la successione ad uno dei migliori sindaci che Rimini abbia avuto nel dopoguerra è da molto tempo evidente che tanti hanno letteralmente perso la testa. Comincio a chiedermi però se chi da Bologna e da Roma può guardare queste vicende con maggiore serenità e giudizio, non senta a questo punto l’obbligo di intervenire per affermare che il PD è il PD e certe cose non le fa, non le può fare.
Sergio Gambini