Nell’ambito del ragionamento più generale svolto nell’articolo precedente (Un nuovo inizio e una domanda per la politica riminese), proviamo a declinare alcune osservazioni specifiche sul ‘mestiere’ dell’opposizione.
Che il suo compito consista nel controllo dell’attività amministrativa della maggioranza e, in prospettiva, nel ribaltamento del risultato alle prossime elezioni è cosa abbastanza ovvia. Ma così formulata si tratta ancora di una dichiarazione generica, che non aiuta a capire come l’opposizione debba interpretare questo ruolo. Una vaghezza sulla quale facilmente prevalgono le motivazioni più direttamente individuali, con i singoli consiglieri che - non essendo coinvolti in una prospettiva comune - faranno a gara solo per apparire sui giornali e accelerare la propria carriera nel partito.
Se poi a qualcuno dovesse sembrare una questione inutile o addirittura scontata, provi a scorrere i giornali dei cinque anni appena passati e a rintracciare una qualche ragione organica e strategica nelle dichiarazioni dei vari consiglieri d’opposizione.
Ciò che colpisce prima di tutto è l’incapacità di allestire un coordinamento o almeno una qualche metodologia di lavoro comune; tanto che il commento alle delibere e alle scelte della giunta è sempre frutto della puntigliosità di qualche singolo, e sempre degli stessi. E anche se di alcuni non si può non riconoscere almeno l’applicazione, come si diceva a scuola, in fondo sembra una ripicca, il presidio del proprio quartiere o di un tema caro al proprio elettorato, e sempre la ricerca di una notorietà personale. Eppure un politico – guardando se stesso per primo – dovrebbe sapere che nessuno gradisce accodarsi a battaglie di altri e dunque, per avviare una battaglia comune e magari più efficace, quelle dichiarazioni, prima di spedirle ai giornali, andrebbero almeno condivise con gli alleati o addirittura concordate. Tra l’altro, questo individualismo è la riprova che proprio quelli che si ‘agitano’ di più sono in realtà i primi a non credere alla possibilità di una vittoria del proprio schieramento, puntando solo a convertire in preferenze la propria esposizione.
Se poi passiamo al merito, colpisce la difficoltà a misurarsi con l’atto di governo contestato, preferendo accodarsi a una protesta di cui si legge sui giornali, magari ammiccando a un interesse illegittimo o gridando all’incompetenza; molto più raramente esplicitando quali siano le ragioni di dissenso verso il criterio specifico assunto dalla maggioranza e ancora più raramente provando a ipotizzarne uno diverso, con motivazioni e una visione che possano costruire nel tempo un’immagine della città propria dell’opposizione (e una immagine dell’opposizione agli occhi dei cittadini).
Perché, e qui sta il nodo della questione, come si può chiedere un voto di cambiamento se non dimostrando, almeno in modo esemplificativo, di saper gestire la complessità della vita cittadina? Una capacità per niente scontata, perché non si tratta solo di imparare i meccanismi del consiglio comunale, di studiare i diversi argomenti e di manifestare il proprio dissenso, ma di costruire una prospettiva concreta di alternanza. E qui sta la parte di ‘rischio’ del mestiere dell’opposizione.
Il rapporto con la maggioranza e soprattutto con la parte di città che (oggi) si trova a collaborare con essa (che siano imprese profit o del terzo settore, categorie economiche, aggregazioni culturali o sportive, gruppi di cittadini) richiede infatti di saper distinguere tra le diverse ‘partite’ in corso, che non possono essere trattate tutte alla stessa maniera.
Se infatti di alcune si potranno evidenziare con forza i ritardi, gli sbagli, gli aspetti più ‘opachi’ o le forzature ideologiche (come una ciclabile che finisce contro un muro), evidenziando così la propria diversità radicale sui criteri adottati, su altre si potrà collaborare alla messa a punto delle varie risoluzioni, mostrando la propria capacità di mediazione, la propria visione, approfittando di esse per costruire relazioni, per entrare e comprendere mondi a cui si è estranei.
Ma tutto questo non è gratis. Nell’immediato si scontenta chi protesta, si lascia un vantaggio a chi approfitta di ogni protesta, non sempre ci si può vantare sui giornali di quanto si sta facendo. E poi ci vuole tanta pazienza: per trovare gli interlocutori e anche per lavorare insieme e in modo coordinato tra forze o correnti diverse.
Di certo, ripetere agli elettori che sono oppressi da un giogo insensato e non se ne rendono conto, e che per fortuna possono votare qualcuno che presto arriverà a liberarli è più facile. Fare opposizione senza pensare solo alla propria visibilità o, al più, al consenso immediato del proprio partito e, magari, in qualche modo contribuire a dare una risposta ai problemi della città è un esercizio faticoso, le cui modalità sono tutte da inventare, da modulare continuamente, ma rimane l’unico modo per convincere gli elettori.
Se alle ultime elezioni, ad esempio, qualcuno si fosse domandato chi avrebbe potuto essere nel centrodestra l’erede di Gnassi (e non come liberare la città da ‘un pericoloso e antipatico monarca’), almeno nella scelta della candidatura le cose sarebbero andate diversamente, e, quella scelta, sarebbe stata anche l’inizio di un lavoro pronto a durare cinque anni. Ma era troppo disonorevole e addirittura sconveniente ammettere di dover imparare dagli avversari; ammettere che non solo erano state fatte singole cose buone (affermazione che a denti stretti qualcuno ha fatto) ma che quello stesso sindaco così antipatizzante e individualistico era riuscito a incrociare un sentimento della città che ancora l’opposizione non ha imparato a riconoscere. Adesso dovrà iniziare in altro modo.
NB
È di oggi l’uscita del sindaco Sadegholvaad sulle dichiarazioni del presidente Draghi sul PNRR all’assemblea dell’ANCI, un commento di apprezzamento e di rilancio. Ma il governo attuale è composto anche da tante forze che oggi a Rimini sono all’opposizione. Non poteva qualcuna di esse cogliere l’occasione per far proprio quell’invito e quell’apertura per proporsi in modo credibile nella discussione sull’utilizzo delle tante risorse che dovrebbero arrivare anche qui a Rimini? Costringere la maggioranza a declinare una collaborazione sarebbe già un successo politico; incassare una disponibilità, altrettanto.
(rg)