Rimini. Fabio Galli su Pd, circoli e 'la rete'
Partecipazione democratica ai tempi del web. Prendiamo un esempio. Il Pd, a Rimini. Non si può negare il fatto che tra quanti frequentano i circoli ce ne siano tanti che manifestano le proprie opinioni (ed eventuali maldipancia) in rete. Ma c’è esatta corrispondenza tra quanto si legge sui diari di Facebook e quello che si alla fine ragionevolmente si pensa e si dice nelle assemblee?
“E’ evidente che il modo di fare politica oggi sia cambiato, soprattutto dal punto di vista della comunicazione”, risponde l’assessore provinciale al turismo Fabio Galli. “Ed è vero anche che i circoli non funzionano più come un tempo, ma tutto ciò che accade sulla rete non può essere considerato esaustivo dell’opinione dei militanti di un partito importante come il Pd. C’è una grande parte di elettorato che sulla rete non ci va e cerca altri luoghi per esprimere la sua opinione”.
Ciò non toglie che la rete comunque qualche vantaggio lo offra, soprattutto a un partito grande come il Pd e non solo in termini di ‘promozione’. “Internet – sostiene Galli – è certamente un termometro per capire cosa sta bollendo in pentola. Tuttavia, le opinioni espresse sui social a volte possono coincidere con quelle che vengono fuori dai circoli. Altre no. Non esiste una regola”.
Pur nella consapevolezza che col web e il suo mondo occorra confrontarsi, resta “evidente che un partito politico come il Pd che ha sempre tratto la sua forza nel radicamento sul territorio non possa inseguire o rincorrere chi ha scelto di comunicare esclusivamente sulla rete”. Attenzione, “sulla rete bisogna esserci – ribadisce Galli – perché è uno strumento utile per esprimere opinioni. Ma non può sostituire le sedi democratiche, quelle in cui un partito prende le proprie decisioni, e non può sostituire il radicamento nel territorio”. Qui Galli rispolvera Walter Veltroni e l’idea di partito ‘liquido’, cosa che il Pd in realtà non è diventato. Almeno non ancora. “Si è perso il contatto col territorio e lo si è pagato caro alle urne. Sbagliato sarebbe dimenticare che la forza di un partito come quello democratico è proprio il legame con i cittadini, fare politica sul territorio”.
Secondo Galli, tra i chiamati causa per la corsa alla segreteria provinciale (come già tempo fa quando però si era tirato fuori) la la democraticità e la partecipazione non sono garantite dalla sola rete. La soluzione allo scollamento tra rappresentanti e rappresentati è, bensì il “tornare ad avere contatto con i cittadini. Perché la gente vuole vedere in faccia gli amministratori e i politici per cui vota. E anche perché non tutti hanno la possibilità, per motivi diversi, a volta economici a volte legati all’età e all’alfabetizzazione informatica, di accedere alla rete. Non tutti hanno in casa internet”. Anzi, in Italia esiste ancora un’ampia fetta di popolazione che non ce l’ha.
Anche i numeri delle quirinarie di Grillo dimostrano come la rete non sia specchio (se non deformante) di un popolo, perlomeno in fatto di opinioni politiche. Ammessi al voto in 48mila fedelissimi (quelli iscritti al sito). Votanti effettivi sui 28mila. Il presidente proposto (dal movimento che in realtà non ha il maggiore numero di elettori e che quindi non era chiamato a fare un nome) ha raccolto circa 4mila voti di strafedeli della fantomatica ‘rete’.
“Sono numeri che la dicono lunga sulla corrispondenza tra rete e popolo”, nota Galli che comunque su Facebook era stato tra i democratici sostenitori della candidatura della terza scelta grillina, Stefano Rodotà, nome proposto dopo le defezioni della giornalista Milena Gabanelli e del medico Gino Strada. Spiega perché. “Secondo me, in questo caso il centrosinistra avrebbe dovuto anticipare la mossa dei 5Stelle, una mossa prevedibile. Le rinunce della Gabanelli e di Strada erano presumibili. Noi, come mossa strategica avremmo, secondo me, fatto bene a proporre per primi Rodotà. Detto questo, ferma restando la stima per la sua persona, vista come è stata gestita nel Pd l’elezione del presidente della Repubblica, non mi sento di dire che il suo sarebbe stato un nome per forza unificante”.
Tornando alla rete, Galli fa notare come, infine, i primi tre candidati a 5Stelle per il Quirinale abbiano raccolto più o meno sui 4mila voti ciascuno a livello nazionale. “Parliamo di un sondaggio sulla rete”, dice Galli ricordando come, a fare da contraltare alle quirinarie, in casa Pd in occasione delle primarie gli elettori siano stati 3 milioni, cittadini che fisicamente sono andati a votare (e hanno anche pagato per farlo). Con esisti molto più sostanziosi numericamente. “Ci sono stati candidati che nella sola loro provincia di riferimento hanno raccolto anche sui 10mila voti. Mi sembrano molti di più di quanti ne abbiano raccolti i candidati dei 5Stelle. Segno che ancora la forza del partito è il territorio e non la rete”.
Rete con indiscutibili e utili potenzialità, e che invece nelle ultime settimane da Montecitorio sembra piuttosto una lente d’ingrandimento che alla fine riesce ad accentuare di volta in volta solo dei piccoli particolari facendoli sembrare totalizzanti.