Scrivi qui la tua mail
e premi Invio per ricevere gratuitamente ogni mattina la nostra rassegna stampa

Aeradria, l’analisi dei giudici e il silenzio della politica

Sabato, 12 Aprile 2014

4bAeradria, l’analisi dei giudici e il silenzio della politica

 

Quando la politica latita, è la magistratura a scrivere la storia.  Che altro dire delle motivazioni della sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna ha respinto il ricorso contro il fallimento di Aeradria?
In novanta pagine i giudici hanno ribadito le ragioni per cui è giusto che Aeradria sia stata dichiarata fallita. Non entriamo nel merito delle motivazioni squisitamente giuridiche. Non siamo azzeccagarbugli e non pretendiamo di scimmiottarli. Semplicemente vorremmo richiamare l’attenzione su un passaggio della sentenza, laddove afferma che «gli esponenti della nuova governance (il consiglio d’amministrazione nominato, in sostanza, dai creditori, ndr) non si qualificano positivamente come portatori di affidabilità, né si può considerarli svincolati dai pregiudizievoli trascorsi consociativi, che già in epoca risalente hanno portato il gestore aeroportuale riminese ad una crisi grave e irreversibile».
Il linguaggio non è dei più chiari ma ciò che dicono i giudici è questo: è stata una gestione consociativa a produrre i guai dell’aeroporto e i nuovi amministratori non sono estranei a quella stagione. È un giudizio politico rispettabile, sul quale si può essere d’accordo. Il primo ad esprimerlo, se non sbagliamo, è stato Sergio Gambini proprio in un colloquio con Inter-Vista. Le commistioni consociative fra enti pubblici (governati dai partiti) e associazioni di categoria erano evidenti, visto che i rappresentati di tali associazioni erano al vertice di Aeradria e delle società collegate. Se ci si attiene alla dottrina politica, consociativismo è a rigore «la tendenza a coinvolgere nelle decisioni di governo tutte le forze politiche più influenti, indipendentemente dalla distinzione tra maggioranza e opposizione» (Piero Melograni). Nel dibattito politico corrente, lo si è applicato anche al coinvolgimento nell’attività di governo di quell’associazionismo della società civile che dovrebbe avere al massimo una funzione di proposta, di stimolo e di critica. Ma che c’entra tutto questo con una sentenza, dove dovrebbero prevalere esclusivamente i ragionamenti giuridici?
Ecco perché diciamo che la Corte d’Appello di Bologna ha in sostanza compiuto quell’operazione di lettura politica del fallimento di Aeradria che il sistema politico locale non ha avuto il coraggio di fare.  Provincia, Comune, partiti prima hanno sostenuto, senza alcun rilievo critico, la gestione di Aeradria, anche quando cominciava a mostrare le sue falle, poi hanno reagito alla notizia del fallimento come a una sorta di fatalità piombata su Miramare da Marte o da Plutone.  Siamo una città turistica con un aeroporto che rischia di chiudere e nessuno si interroga, propone un’analisi (politica non giudiziaria) sulle cause di questo fallimento.  Si è fatto di tutto (grazie anche all’iniziativa del prefetto) per mantenere in vita i voli fino ad ottobre in attesa che si compia l’iter del bando che porterà ad un nuovo gestore: e questo è positivo, perché mantiene aperto l’aeroporto. Ma nello stesso tempo non si è fatto quanto i soci pubblici di Aeradria e i partiti erano doverosamente chiamati a fare: ovvero spiegare all’opinione pubblica chi e come ha sbagliato. Non per fare processi sommari o linciaggi mediatici ma per chiarezza, per non ripetere gli stessi errori.  Il problema infatti non è trovare responsabilità individuali o del management; si ha l’impressione che con il fallimento di Aeradria sia fallito un intero sistema: il consociativismo fra partiti e forze economiche, l’ente pubblico che sempre garantisce i debiti con lettere di patronage, i consiglieri d’amministrazione che firmano senza sapere cosa, il credito concesso per compiacere ai politici, e così via.
Nessuno o quasi sul territorio ha tentato un’analisi compiuta e così arrivano i giudici di Bologna a dire che i guai dell’aeroporto di Miramare dipendono da pratiche consociative.
Il presidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali, ha dichiarato che le sentenze che non si condividono comunque si rispettano. Invece che recitare questo mantra, farebbe bene anche a dire se condivide l’analisi politica della magistratura o se invece ha un’altra chiave di lettura più convincente ed adeguata.
Valerio Lessi

 


Le vostre foto

Rimini by @lisaram, foto vincitrice del 15 febbraio

#bgRimini

Le nostre città con gli occhi di chi le vive. Voi scattate e taggate, noi pubblichiamo. Tutto alla maniera di Instagram