Rimini ricorda don Giussani: la testimonianza di don Mario Vannini
C’è stata un’amicizia profonda e consolidata fra don Luigi Giussani e Rimini, anzi fra don Giussani e molte, moltissime persone di Rimini. “C’è stato un periodo, negli anni Settanta – racconta un amico di vecchia data, don Mario Vannini, sacerdote riminese – in cui don Giussani aveva una presenza assidua a Rimini. Appena poteva, veniva, anche solo per andare a cena con gli amici preti. Penso non sia esagerata l’affermazione che Rimini, grazie anche alla stima che aveva per don Giancarlo Ugolini, era la pupilla dei suoi occhi”.
Comunione e Liberazione si ritroverà giovedì 26 febbraio alle 19,30 nel Tempio Malatestiano per una Messa, presieduta dal vescovo Francesco Lambiasi, a dieci anni dalla scomparsa del sacerdote milanese e nel sessantesimo anniversario della nascita del movimento.
Don Mario Vannini ricorda bene le circostanze del suo primo incontro con Giussani. “Era una domenica pomeriggio del 1967, io ero cappellano a Riccione e mi era stato chiesto di seguire i ragazzi di GS. Andai ad un incontro con lui nella sede della Gioventù Studiosa, in via Cairoli. Avevo sentito parlare di Giussani ma non lo avevo mai ascoltato direttamente. Rimasi subito letteralmente colpito e conquistato dal modo che aveva di annunciare la proposta cristiana, un modo così persuasivo che lasciava a bocca aperta. Tanto che io, ingenuamente, ebbi il pensiero di chiedergli quali libri aveva letto per poter dire quelle cose. Non glielo chiesi. Con il tempo ho capito che a renderlo così persuasivo non erano tanto i libri, per quanto lui fosse uno studioso intelligente, ma il fatto che le sue parole coincidevano con la verità della sua persona. Lui era ciò che diceva. Aveva intorno tanti giovani che lo seguivano perché chi lo ascoltava trovava immediata corrispondenza fra le sue parole e le attese del proprio cuore. Quella domenica del 1967 io feci la stessa esperienza di coloro che duemila anni fa ascoltavano Gesù: un discorso nuovo, fatto con autorevolezza, che colpisce il cuore”.
Il secondo ricordo che affiora alla memoria di don Vannini si riferisce agli immediati anni del post-sessantotto, quando sotto il nome di Comunione e Liberazione rinasceva un tentativo di presenza cristiana che faceva riferimento all’insegnamento di Giussani. “Eravamo a Bologna o a Forlì, non ricordo bene, ad un’assemblea di preti. Ci fu un contrasto fra don Francesco Ricci (uno dei primi sacerdoti del movimento, grande protagonista della prima espansione internazionale di CL, ndr) e don Giussani. Ricci, facendo riferimento all’allora dibattito teologico fra chiesa e mondo, tempo ed eternità, sosteneva che noi cristiani non possiamo perdere il treno della storia. Giussani replicava che noi non possiamo rispondere in modo reattivo alle provocazioni della storia, ma che le modalità della risposta devono essere suggerite dall’esperienza che si vive. Il modo adeguato di stare nella storia è annunciare l’eterno. È la fede ciò che salva il mondo, noi contribuiamo a salvare il mondo costruendo la comunità cristiana. Un concetto analogo lo disse anche a me, in replica ad un mio intervento, in un altro raduno di preti. Io dissi che una volta piantata la presenza, bisogna sbarcare per andare all’attacco delle varie situazioni. C’era un implicito giudizio che non basta la fede per salvare il mondo. E lui replicò: biondo, non si finisce mai di sbarcare!”.
Un altro ricordo di don Vannini mette a fuoco un tratto fondamentale della personalità di don Giussani, il suo sguardo valorizzatore di ogni brandello di verità da qualunque parte provenisse. “C’era un’assemblea di “parola chiara”, come la si chiamava a quei tempi, al cinema Italia, in via Cairoli. Il preside di una scuola riminese intervenne per dire qualcosa. Non ricordo il contenuto, ma Giussani lo valorizzò tantissimo. Noi restammo sbigottiti perché consideravamo quel preside un nostro nemico. Terminato l’incontro, gli facemmo presente tutte le nostre perplessità: ci hai messo in difficoltà, adesso sarà ancora più accanito contro di noi. E lui rispose: amicus Plato, sed magis amica veritas, sono amico di Platone ma mi è più amica la verità. La verità viene prima dell’amicizia”.
Di Giussani, don Vannini ama sottolineare la sua paternità, la sua capacità di amicizia più forte degli errori che potevi commettere. “Quando don Giancarlo Ugolini, don Domenico Valgimigli ed io avemmo un grave incidente stradale, venne giù e andò a trovare don Giancarlo in ospedale e noi che eravamo a casa. Ricordo anche che, nel momento di una mia crisi, venne a trovarmi a San Martino Montelabate, suonò il campanello ed io, che pure avevo visto chi era, non andai ad aprirgli. Lui se ne andò ma io non rimasi tranquillo. Sapevo che era a casa di comuni amici. Presi la macchina e feci quattro volte il giro dell’isolato, prima di fermarmi e scendere. Bussai alla porta e gli dissi: non sono degno di essere tuo figlio ma prendimi almeno come tuo servo. Mi abbracciò con calore. Lui con noi aveva infinita pazienza e misericordia. Negli incontri lui partiva dai nostri silenzi o dalle nostre domande sbagliate per ricominciare da capo, per riandare all’origine, per ribadire qual era il punto. Ha avuto pazienza con don Ricci e lo ha sempre valorizzato, anche quando altri lo mettevano in discussione. Anche se le tue idee lo facevano rabbrividire, non si fermava alle idee. La sua amicizia non era fondata sull’omogeneità delle idee. Lui non mollava mai, se ti incontrava, la sua amicizia era per sempre. Di don Giancarlo Ugolini aveva enorme stima. Ricordo cosa disse a sua sorella, la Lella: don Giancarlo è silenzioso, ma averne di persone così accanto a me”.
È da annotare anche l’ultima riflessione che propone don Vannini: “Ho conosciuto don Oreste Benzi per il quale c’è il processo di beatificazione. Ho conosciuto don Giussani, che pure è su quella strada. Sono persone con cui ho collaborato spalla a spalla, che ho visto arrabbiarsi, che ho visto nei loro limiti umani. Una volta don Giussani venne a dormire da me e mi fece notare che c’erano gli scarafaggi, dei quali aveva paura. Allora mi chiedo: cosa è la santità? I santi sono persone tanto prese dallo struggimento per Cristo che la loro vita cambia, in modo evidente. Non smettono di essere uomini, con passioni, interessi e debolezze, ma sono presi totalmente dall’incontro decisivo della loro esistenza”.
L’ultima volta che don Mario incontrò Giussani, il sacerdote milanese non lo riconobbe e gli chiese. “Chi sei?”. E da questo episodio affiora un ultimo ricordo. Don Giussani è a San Marino per un incontro di Comunione Liberazione Lavoratori. Si sente male e il malore lo impressiona: “Don Mario, chissà se il Signore mi chiederà di dare testimonianza della fede in Lui nella malattia e nella morte”. Poi una iniezione lo riporta immediatamente baldo e attivo come tutti lo ricordano.
Valerio Lessi
Don Luigi Giussani e don Giancarlo Ugolini