Rimini Fiera, da Cagnoni via libera alla privatizzazione soft
“Un anno fa, a luglio, l’avevo detto che avrei trovato la soluzione al debito dei soci pubblici per il Palacongressi”. Lorenzo Cagnoni, facendo oggi il punto su Rimini Fiera e le prospettive di privatizzazione, torna almeno due volte alla conferenza stampa del 2014 quando il tema erano i debiti, l’incapacità di farvi fronte da parte di Comune, Provincia e Camera di Commercio, gli scenari apocalittici disegnati dal libro bianco di Dreamini, il conseguente dibattito sulla privatizzazione della quota di maggiorana. Erano i giorni in cui Cagnoni affermava che non voleva neppure sentire parlare di privatizzazione dettata da uno stato di necessità. Dopo un anno, il film che oggi ha proiettato è sensibilmente diverso. Si può parlare di una privatizzazione “possibile, realistica, non sgangherata come quella paventata da alcuni analisti” perché i conti sono in ordine e il bilancio di Rimini Fiera è più che mai solido.
Se queste sono le conclusioni, Cagnoni è partito fornendo alcuni dati per suffragar la sua vision. Nel 2014 il bilancio si è chiuso con un utile netto di 3,094 milioni, in netto miglioramento rispetto alle previsioni di 2,4 contenute nel business plan. I primi sei mesi del 2015 sono andati bene, le previsioni delle fiere del secondo semestre sono buone, e tutto lascia prevedere che si chiuderà con un utile di 3 milioni. “Siamo in cima alla graduatoria nazionale per redditività”, puntualizza Cagnoni, che ha ricordato l’acquisizione da Milano di Expo Dental e la prima edizione riminese di MacFrut a settembre.
Cagnoni non nasconde che i sette anni di crisi hanno fatto tremare anche Rimini Fiera, ma oggi, tirando le somme algebriche, si vede che comunque il bilancio finale è con il segno più. “Il gruppo è senza un euro di debito, l’investimento di 300 milioni per il nuovo quartiere è stato pagato. Ben diversa è la situazione dei nostri diretti concorrenti come Milano e Bologna. È stata veduta l’area di via della Fiera (dove sorgeranno Acqua Arena, il centro commerciale Conad e un tot di palazzine,ndr), un’operazione sulla quale solo un anno fa si nutrivano molti dubbi. Proprio in questi giorni Rimini Fiera ha liquidano il ricavo di 12,5 milioni fra soci pubblici e privati”.
Una lunga premessa per arrivare al nocciolo della questione, il debito per il Palacongressi (costato complessivamente 118 milioni) che grava sul groppone dei soci pubblici. Ci sono due mutui contratti per onorarlo. Il primo di 28 milioni con Monte dei Paschi, pagato dalla Società del Palazzo grazie all’affitto che Rimini Fiera paga per il Palacongressi (1,1 milioni) e con le royalties versate dagli albergatori per i congressi che portano presenze nei loro hotel. Il secondo mutuo, quello da 42 milioni contratto con Unicredit, è il lato debole della catena perchè Comune, Provincia e Camera di Commercio hanno dichiarato un anno fa di non riuscire a pagarlo. Cagnoni mette sul piatto della bilancia i 4 milioni di dividendo che a suo giudizio Rimini Fiera sarà in grado di distribuire dal 2016 in poi. “Una previsione ragionevole, in considerazione dei conti in ordine, delle prospettive di sviluppo e dell’ormai avvenuto pagamento dei debiti per la nuova Fiera”.
A ciò si aggiunge l’operazione di privatizzazione soft decisa dai soci pubblici sulla scorta del rapporto redatto dall’advisor Kpmg (leggere qui tutti i particolari). Una concomitanza di offerta pubblica di vendita e offerta pubblica di sottoscrizione, con quotazione nel mercato borsistico AIM, riservato alle piccole e medie imprese che mostrano un alto potenziale di crescita. Al termine i soci pubblici avranno una quota del 60 per cento e i privati del 40 per cento. La quotazione nel mercato AIM darà una boccata di ossigeno agli attuali soci privati (15 per cento) che da anni hanno le loro azioni immobilizzate.
È una privatizzazione soft che Cagnoni sposa in pieno perché “sostenuta dalla piena salute dei nostri conti e dalla credibilità sui mercati delle nostre visioni prospettiche e si è formalmente avviato dopo le recenti decisioni del nostro CdA e gli orientamenti del Socio di maggioranza”. I temi sono relativamente brevi: secondo Cagnoni il percorso potrebbe essere già concluso nel gennaio 2016.
Se Comune, Provincia e Camera di Commercio possono contare sugli introiti della privatizzazione e sugli utili promessi da Cagnoni, Rimini Fiera si dedicherà a consolidare e sviluppare il proprio business puntando soprattutto sui mercati internazionali. La società ha in mente alleanze strategiche con partner europei ed asiatici sui prodotti competitivi che ha in casa, ovvero Sigep, Wellness, Tecnargilla ed Ecomondo. L’obiettivo è aprire manifestazioni su questi segmenti in altre aree del mondo.
E la ipotizzato integrazione regionale? “Parteciperemo a tutti i tavoli, sperando che emerga qualcosa di concreto. Noi oggi siamo in una posizione di forza e non ci tireremo indietro”.
A margine Cagnoni ha fornito anche alcuni dati sul congressuale: “A fine maggio 2014 gli eventi programmati erano 83 e a fine dello scorso anno sono arrivati a 116. Oggi siamo a 102 eventi già confermati, con una crescita tendenziale del 23% e un aumento della domanda dell’11%. A fine 2015 avremo portato a Rimini 1.110.000 convegnisti, con un +10%, e raggiunto l’obiettivo di budget della BU congressuale: 9.100.000 euro”. Cresce anche l’internazionalizzazione del congressuale, + 4% rispetto al 2014.