Il debito per la realizzazione del Palazzo dei Congressi di Rimini è scomparso da tempo dal dibattito pubblico. Nella primavera-estate del 2014 il caso era esploso perché i tre soci pubblici di Rimini Congressi (Comune, Provincia e Camera di Commercio) non riuscivano più a far fronte alle rate del mutuo da 46 milioni di euro contratto con Unicredit, tanto che per due anni era stato chiesto di rinviarne il pagamento. Nel dibattito si era anche inserita la politica con un libro bianco che dipingeva una situazione drammatica per il sistema fieristico-congressuale riminese, paragonata a quella di Aeradria poi finita nel fallimento.
Stando ai dati forniti da Paolo Faini, amministratore unico di Rimini Holding (la società che detiene le partecipazioni del Comune di Rimini) la situazione è sensibilmente migliorata, anche se avverte che tale cauto ottimismo dipende solo dall’attuale buon andamento di IEG, la società che dalla fusione con Vicenza ha sostituito Rimini Fiera. Faini fa il punto sulla vicenda nella relazione al bilancio preventivo per il triennio 2017-2019 presentato nel dicembre appena trascorso.
Quanto a Rimini Congressi (che detiene la partecipazione in IEG), i dividendi incassati dalla società capogruppo (oltre 7 milioni di euro) consentiranno di rispettare i pagamenti previsti per il 2016 e per il 2017. L’amministratore ritiene anche che con le varie operazioni societarie (aumenti di capitale) che hanno portato Rimini Congressi a detenere il 70 per cento di Rimini Fiera, i soci Comune e Camera di Commercio abbiano in qualche modo adempiuto agli obblighi derivanti dalle famose (e discusse) lettere di patronage sottoscritte nel 2010. “Si auspica che nei prossimi mesi la banca creditrice Unicredit svincoli anche formalmente i due soci dalla stesse, ritenendole completamente attuate e superate”.
Ma sul Palacongressi grava anche un altro mutuo, quello ventennale di 28 milioni contratto dalla Società del Palazzo (proprietaria e soggetto realizzatore dell’immobile) con il Monte dei Paschi, con una rata di circa 1 milione di euro all’anno. Anche per questo mutuo era stata chiesta negli anni 2012 e 2013 la sospensione del pagamento delle rate. Alla data del 31 dicembre 2015 il debito di questa società ammontava complessivamente a 38,1 milioni di euro, compresi 6,1 milioni nei confronti della Cofely, la ditta costruttrice, con la quale peraltro è in atto una causa per i ritardi nella realizzazione dell’opera. La Società del Palazzo, grazie ai dividendi e ai crediti incassati tramite Rimini Congressi, ha la disponibilità finanziaria per far fronte al mutuo. Tuttavia il conto economico è sempre in passivo. Le due sole fonti di entrata sono l’affitto del Palazzo dei Congressi e le royalties incassate dagli 80 alberghi che ospitano i congressisti. A queste entrate corrisponde però il pesante passivo determinato dagli ingenti ammortamenti e dagli oneri finanziari del mutuo. Risultato: la società è costantemente in perdita e quindi rientra fra quelle da liquidare secondo i dettami del Testo Unico sulle società partecipate entrato in vigore nel settembre scorso. Entro il prossimo 23 marzo il Comune di Rimini deve redigere il “piano di revisione straordinaria delle società partecipate”. L’idea, già espressa dai soci, è di andare ad un fusione per incorporazione della Società del Palazzo in Rimini Congressi. Tuttavia l’amministratore Faini avverte che forse sarebbe meglio attendere l’esito della controversia con Cofely e magari anche la quotazione in borsa di IEG.
Si possono dunque dormire sonni tranquilli? Faini sceglie una linea di prudenza e sottolinea che l’equilibro del sistema fieristico-congressuale si regge soprattutto se la società capogruppo IEG (Fiera) continua a produrre dividendi. “L’andamento economico della società per ora pare avere prospettive positive e crescenti ma, proprio perché imprescindibile, va attentamente e costantemente presidiato”.
AMIR
Vediamo ora cosa dice la relazione sulle altre società partecipate. La società, che detiene la proprietà delle rete idriche, è in equilibrio. Il piano 2015 sulle società partecipate prevedeva l’incorporazione in Romagna Acque. Il piano si è fermato perché anche le società di Forlì-Cesena e di Ravenna hanno deciso un processo analogo. Tuttavia si sono manifestati problemi complessi che sono riassumibili in questi termini: per queste società l’integrazione in Romagna Acqua comporterebbe un ridimensionamento della loro partecipazione.
Se invece i beni idrici di Amir non dovessero confluire in Romagna Acque si prospetterebbe la fusione di PMR srl consortile in Amir.
C’è in prospettiva un possibile, cospicuo “tesoretto”. Atersir (l’autorità di regolazione del servizio) dovrebbe assegnare dal 1 gennaio 2018 il servizio idrico di Rimini ad un nuovo soggetto gestore. Amir dovrebbe quindi incassare dal gestore uscente, Hera, una somma valutata in 14/15 milioni di euro. Secondo Faini tale somma non dovrebbe rientrare nella confluenza di Amir in Romagna Acque perché solo i beni materiali (reti idriche) dovrebbero entrare nell’operazione. Tuttavia la materia è ancora oscura e Faini invita la governance aziendale a tenere sott’occhio la vicenda per evidenti motivi.
ANTHEA
Secondo Faini, il prossimo piano per le partecipate da redigere entro il 23 marzo dovrebbe prevedere per tale società la cessione al miglior offerente della partecipazione (100%) detenuta in Amir Onoranze Funebri, in quanto detta società svolge un’attività commerciale non consentita dal Testo Unico.
Anthea potrebbe inoltre far entrare in società altri Comuni della provincia di Rimini, che potrebbero poi affidarle la gestione di alcuni servizi.
CAAR
La società del centro-agroalimentare produce perdite (causa gli ingenti ammortamenti) ma genera consistenti flussi finanziari. Quest’anno il bilancio è in attivo grazie alla vendita di alcuni terreni. Faini osserva che altri terreni potrebbero essere venduti se il Comune rivedesse i vincoli urbanistici che gravano su di essi. Ritiene che, come avvenuto per Ikea, si potrebbe in questo modo favorire l’insediamento di altre attività produttive nella zona intorno al Caar.
Faini ipotizza inoltre una riduzione del capitale sociale, con restituzione delle somme ai soci pro-quota (il Comune detiene il 59%).
RIMINI RESERVATION
La società, che gestisce l’informazione e le prenotazioni turistiche, riesce a chiudere il bilancio in attivo solo grazie al contributo, 34 mila euro, che il socio di maggioranza (Comune di Rimini) elargisce. Meglio liquidarla? L’amministratore osserva che per tale ipotesi occorre tener conto del peso che personale (da riassumere) e costi avrebbero poi sul bilancio del Comune.
AMFA
È fallito, per assenza di compratori, il recente tentativo di vendere il 20 per cento della partecipazione (25%) ancora detenuto in questa società. Nel 2017 sarà esperito un altro tentativo, abbassando del 15 per cento il prezzo richiesto.
HERA
Il Comune di Rimini detiene una piccola partecipazione pari al 1,62 per cento. La società produce buoni profitti, ragione per cui Faini si riserva la decisione di mantenere la quota (che frutta più di 2 milioni all’anno) o se invece vendere ciò che vendibile, puntando così sulla cospicua plusvalenza che ne deriverebbe.