Aeroporti, Ancona e Pescara rifanno il film (tragico) di Rimini
Sulla dorsale adriatica, nel tratto di 270 chilometri, si trovano tre aeroporti: Rimini, Ancona, Pescara. Sono pertanto oggettivamente in concorrenza fra di loro, specialmente se li si osserva nell’ottica del mondo globalizzato. Forse non è azzardato considerarli come tre successive fermate di un tram.
L’impressione si rafforza se si guarda alle loro vicende. Viste da Rimini, la sensazione è quella di un film già visto. Gli amministratori pubblici marchigiani e abruzzesi sembrano registi che si vogliono distinguere nel remake di una pellicola di successo. Solo che in questo caso successo significa in realtà fallimento.
In questo breve viaggio partiamo da Pescara, dove si vivono giorni di grande preoccupazione. Ryanair, nel suo piano di ristrutturazione della presenza in Italia, ha deciso di eliminare la base di Pescara, lasciando giusto due voli. Togliere Ryanair a Pescara è come togliere i russi a Rimini: resta poco o niente. Ma sono soprattutto i conti della Saga, la società di gestione, a destare allarme. Il bilancio 2014 si era chiuso con un disavanzo che aveva azzerato il capitale sociale e con debiti complessivi per 26 milioni. Già a gennaio 2015 la società era stata ricapitalizzata con sette milioni sborsati quasi interamente dalla Regione.
L’aeroporto di Pescara, tranne una simbolica partecipazione di una società privata, è totalmente nelle mani della Regione. E qualche giorno fa, il consiglio regionale ha approvato due distinti ordini del giorno, della maggioranza e della minoranza, per dire che l’aeroporto deve restare aperto. Tutti insieme appassionatamente, da Forza Italia al Pd, con la sola eccezione del Movimento 5 Stelle. Il documento della maggioranza ha invocato una legge regionale per finanziare con 14 milioni il deficit per gli anni 2016-2020. A Pescara sono convinti che con un esborso limitato a 2,5 milioni all’anno si possano dribblare le norme europee. Il governatore D’Alfonso ha aggiunto che si cercherà di trattenere Ryanair e che si cercheranno investitori privati. Si è poi consolato osservando di essere in buona compagnia: “i nostri numeri sono quelli del 51 per cento degli aeroporti italiani”.
Ad Ancona, è più che noto, non se la passano meglio, anche se in questi giorni è stato trionfalmente annunciato il raddoppio dei voli per Monaco. Il deficit accumulato da Aerdorica ammonta ad almeno 40 milioni. Speravano di cavarsela vendendo a Novaport Italia, ma Enac ha fatto sapere che quella privatizzazione non stava in piedi, e sono stati costretti ad annullare tutto. In compenso hanno nominato amministratore delegato Andrea Delvecchio, cioè il rappresentante della società che voleva comprare. La Regione ha appena stanziato tre milioni per consentire alla società di andare avanti. Interrogato dal deputato Pd di Rimini, Tiziano Arlotti, il Ministero dei Trasporti ha osservato che in effetti il contributo può essere valutato come un illecito aiuto di Stato. I soldi serviranno per pagare gli stipendi arretrati ai 102 dipendenti e i debiti previdenziali nei confronti dell’Inps. Pura politica di sopravvivenza. I sindacati hanno osservato che se non si raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2016, è a rischio la concessione da parte di Enac. Hanno anche detto che i vari amministratori hanno sempre fatto annunci roboanti, che però hanno portato i 17 milioni di debiti del 2008 ai 40 attuali. Da parte sua la giunta regionale (Aerdorica è per l’82 per cento di proprietà della Regione) assicura che continua la ricerca di partner privati e che il bando questa volta sarà fatto in accordo con Enac.
Se c’è una differenza fra i film in programmazione ad Ancona e a Pescara rispetto a quello già visto a Rimini, è che nelle due città non ricorrono a fantasiose operazioni di marketing per mascherare aiuti diretti alla sopravvivenza degli scali, ma fanno tutto alla luce del sole. L’ente Regione è per quegli aeroporti una sorta di bancomat dal quale si può sempre prelevare.
La logica è comunque la stessa: una sorta di accanimento terapeutico per tenere in vita imprese che, fossero in mano privata, avrebbero da tempo preso decisioni drastiche (ad esempio sul personale) o portato i libri in Tribunale.
Rimini, in questo momento, non è sull’orlo di una voragine di debiti (questa parte del film l’abbiamo già vista) ma è sotto la spada di Damocle di una decisione della magistratura, già presa ma non ancora comunicata. Quel che sappiamo è che il 2015, quando l’aeroporto ha funzionato solo per otto mesi e con pochi voli, si è chiuso con un attivo per la società di gestione Airiminum. Si può gestire un aeroporto senza accumulare montagne di debiti e senza sprecare ingenti risorse pubbliche? Ecco il bel “giallo” che sta dietro a questa interminabile saga degli aeroporti.