Sono almeno due anni che come un fiume carsico il tema riaffiora e poi si interra in attesa di una nuova uscita. Adesso, dopo la rivoluzione ai vertici della Fiera di Bologna, è probabile che diventi progressivamente il grande tema su cui si confronteranno e si scontreranno istituzioni, forse politiche e sociali.
Il tema è la holding del sistema fieristico regionale: non a caso gli enti pubblici bolognesi, che hanno deciso qualche giorno fa la defenestrazione di Duccio Campagnoli, ed il nuovo presidente indicato, Franco Boni (ex presidente della Fiera di Parma), hanno subito detto che la direzione del nuovo corso sarà quella di giungere ad una rapida integrazione fra Bologna, Parma e Rimini. Del resto questo è uno degli obiettivi che il governatore Stefano Bonaccini ha detto di voler raggiungere nel suo mandato. Le ragioni nobili non mancano: maggiore competitività, economie di scala, più forza sui mercati internazionali.
Il punto che fa storcere il naso a Rimini è che ad integrarsi sono tre realtà – Bologna, Parma e Rimini – che in dote all’ipotizzato matrimonio non portano valori dello stesso peso. Parma di sostanzioso ha solo una manifestazione, Cibus, che si tiene ogni due anni e che certamente è in attivo. Ma oltre a Cibus non c’è granchè di rilevante. Bologna è certamente una grande Fiera che però accusa non pochi problemi economici e che ha bisogno di essere fortemente ricapitalizzata per poter affrontare la sfida dell’ampliamento dei padiglioni, pena la perdita di una manifestazione importante come Eima, la fiera delle macchine agricole. Rimini nell’ultimo anno ha ricominciato a vedere consistenti utili, ha avviato la quotazione in Borsa e si sente pronta addirittura a farsi carico del debito del Palacongressi, qualora Comune e Camera di Commercio dovessero gettare la spugna.
“La holding regionale – afferma senza giri di parole Gianni Piacenti, consigliere d’amministrazione di Rimini Fiera – serve solo a tenere in piedi Bologna con i guadagni di Rimini. Hanno bisogno di 70 milioni per ampliare le strutture, Comune e Regione hanno già deciso dare di 10 milioni. Ma il resto? Il piano industriale è di fatto fallito. E allora si pensa alla holding per salvare il salvabile”. Piacenti sottolinea inoltre con forza che mentre Rimini ha pagato i suoi nuovi padiglioni con il proprio lavoro e con la propria redditività, Bologna batte cassa da subito.
Se, secondo Piacenti, la holding è solo un’operazione politica finalizzata alla sopravvivenza di Bologna, altro discorso sarebbe quello di una fusione. Perché sarebbe diverso? “Perché in quel caso si dovrebbero chiamare gli esperti che valutano il valore delle tre società, guardando i conti e i numeri. In caso di fusione sarebbe Rimini a comandare, per questo si parla di holding”.
Piacenti sostiene inoltre che se oggi Rimini si trova in una posizione di maggiore forza è perché la gestione ha guardato esclusivamente agli interessi della Fiera. “Sono state respinte le pressioni per fare manifestazioni che, magari avrebbero fatto felici gli albergatori, ma che non avevano redditività”. E si è comunque tenuto conto delle esigenze del territorio: “La Bit di Milano, per esempio, aveva proposto l’unificazione con il nostro Ttg, ci avrebbero anche pagato bene. Ma la nuova manifestazione avrebbe dovuto tenersi a Milano, ragione per cui abbiamo detto di no”.
Accortosi che il terremoto ai vertici della Fiera di Bologna rilanciava il tema dell’integrazione regionale, si è fatto immediatamente vivo il sindaco Andrea Gnassi. “Rimini segue con attenzione quanto accade in questi giorni a Bologna in ordine al futuro della Fiera petroniana. Un futuro che tocca da vicino l’orizzonte di un sistema regionale delle Fiere, capace di sinergizzare forza e potenzialità di Bologna, Parma e Rimini. Sull’argomento ribadisco quanto detto nei mesi scorsi: l’importanza di ‘fare sistema’ su più livelli non è uno slogan, ma deve diventare finalmente un modus operandi”.
Gnassi sottolinea la dote che porta Rimini: “Il comparto fieristico riminese ha dimostrato di essere tra i più solidi e redditizi del Paese, capace di affrontare la crisi globale attraverso la scelta di investire su precisi asset in via di sviluppo (food, turismo e ambiente) e dunque può giocare un ruolo chiave all’interno di questa rete. E lo gioca e lo giocherà anche in funzioni dei percorsi e delle procedure già in atto mirate a valorizzarne ancora di più l’eccellenza e la capacità di attrazione a livello nazionale e internazionale. RiminiFiera pertanto si presenterà al tavolo che dovrà discutere del processo di aggregazione con i risultati del lavoro svolto e di quello ad oggi programmato per l’immediato futuro”.
Chi invece non crede al ruolo che potrà giocare Rimini al tavolo regionale è il candidato della Lega, Marzio Pecci: "Il processo di ‘aggregazione’ delle Fiere sul quale il Sindaco di Rimini sta lavorando – afferma - non è altro che la svendita della Fiera di Rimini a Bologna”. E aggiunge. “Gnassi dopo aver fatto fallire l'aeroporto, ora prova con la Fiera. I riminesi e le associazioni, tutte, non possono rimanere in silenzio”, commenta Pecci.
Secondo Pecci si va verso un sistema dove ogni potere decisionale sarà accentrato a Bologna, lasciando Rimini con il cerino in mano.
“La partecipazione della Regione in Bologna Fiere – osserva - è salita da 12 a 17 milioni di euro proiettando il capoluogo al centro della rete fieristica regionale. Gnassi, asservito ai compagni di partito che lo comandano a bacchetta, come potrà salvaguardare le eccellenze fieristiche riminesi? Dichiara di voler svolgere un ruolo di primo piano al tavolo regionale quando in realtà sarà solo comparsa”.
Il tema sicuramente continuerà ad agitare la campagna elettorale, anche se probailmente le decisioni saranno prese dopo il voto e dopo l'insediamento del nuovo consiglio d'amministrazione di RiminiFiera, dove il neo direttore Ugo Ravanelli dovrebbe assumere il ruolo di amministratore delegato.