La risposta alla domanda delle domande la anticipa il vicario generale don Maurizio Fabbri quando spiega che il documento volutamente è uscito dopo le elezioni per non dare adito a strumentalizzazioni da parte di candidati e forze politiche. Per evitare che qualcuno potesse piegare ai propri fini elettorali i contenuti del documento si è deciso di farlo conoscere a urne chiuse. Scelta legittima ma anche discutibile. In altre diocesi non è stato così: a Milano, per esempio, il documento di associazioni e movimenti sulle questioni importanti della città è stato reso noto in campagna elettorale proprio come contributo alla discussione.
Ma torniamo a Rimini. Oggi il vicario, e due componenti del consiglio pastorale diocesano, Mirna Ambrogiani (che è anche presidente dell’Azione Cattolica) e Roberto Soldati, hanno presentato “La città che ci sta a cuore”, comunicazione (il termine ufficiale è questo) alle comunità cristiane della diocesi e agli amministratori delle città. Due fitte cartelle con l’indicazione di otto punti che il consiglio pastorale diocesano (organo consultivo del vescovo per leggere e giudicare la realtà ecclesiale e civile) vuole portare all’attenzione di chi ha la responsabilità di amministrare. “La diocesi non vuole dettare l’agenda alla politica – ha spiegato il portavoce Paolo Guiducci – ma essere di stimolo e fermento per gli amministratori e per le comunità cristiane”.
Lo stile che si vuole affermare è quello del dialogo perché le contrapposizioni ideologiche e strumentali sono “il cancro più micidiale che abbia aggredito il tessuto della comunità civile”. Ma è un cancro che si può sconfiggere con una terapia che mira a promuovere il bene comune, inteso come bene di tutti e di ciascuno. Chiosa il vicario: “Se un tempo il rapporto con la politica era chiedere dei favori al politico amico, adesso alla Chiesa interessa essere la coscienza critica della comunità”. Il dialogo auspicato per il bene comune deve inaugurare una stagione di operatività e di collaborazione. Il consiglio lo spiega con una frase di papa Francesco: “Il modo migliore per dialogare non è tanto quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme”.
Sempre in stile francescano, gli otto punti cominciano con l’attenzione alle periferie. Ci si riferisce alle periferie territoriali (che chiedono decoro e spazi per le relazioni umane) ed anche alle periferie sociali come i giovani e gli immigrati “da accogliere e integrare”.
Il secondo punto è l’impegno per la giustizia e la legalità: impegno contro le infiltrazioni mafiose, lotta all’abusivismo e all’evasione, gioco d’azzardo da ostacolare con riduzioni di imposta per gli esercizi slot free, contrasto alla prostituzione sia di strada che in appartamenti.
Al terzo punto il riconoscimento e la promozione della famiglia. Viene chiesta l’introduzione del quoziente famigliare per tariffe e imposta locali (si paga tenendo conto dei figli a carico); si auspicano intereventi per rendere compativo lavoro e famiglia con particolare attenzione alle lavoratrici madri; si chiede il sostegno alle famiglie perché possano liberamente scegliere fra scuola pubblica o privata; si rivendica un indispensabile aiuto alla vita nascente, anche per combattere la grave crisi demografica.
Quarto punto la politica della casa, già autorevolmente richiamata dal vescovo monsignor Francesco Lambiasi in occasione della processione del Corpus Domini. Il quinto punto si chiama “decoro della città” ma in realtà si parla di politica turistica. Si chiede che “l’attrattiva di grandi eventi di divertimento popolare (Molo Street Parade, Notte Rosa, ecc.) sia bilanciata con le risorse che della città riflettono anima e sostanza: la valorizzazione del paesaggio e della storia, la qualità dell’accoglienza, gli incentivi al turismo culturale e religioso”.
Si arriva così, sesto punto, alla promozione di una cultura integralmente umana attraverso la scuola, che non deve trasmettere solo nozioni ma anche ragioni per vivere e valori di riferimento, e l’università che chiede al territorio “convinto riconoscimento ed esige sostegno concreto ed efficace”. Al settimo punto, l’impegno per la pace, che concretamente vuole dire favorire occasioni di incontro e di conoscenza in una società sempre più multiculturale ed impegno contro la formazione di ghetti e quartieri emarginanti.
Ultimo punto, la questione educativa “come punto centrale di attenzione alla persona, con le sfide che oggi incalzano, quali l’educazione all’affettività, il dialogo interculturale e il fenomeno del bullismo”.
Alla domanda su quale sia il punto centrale, il vicario ha detto che si tratta propria della questione educativa, che è trasversale ad ogni altro problema. “Se si vuole andare alla radice, bisogna ripartire dall’educazione della persona”.
Questa comunicazione sarà consegnata a mano ai sindaci dei Comuni della diocesi (Rimini, Cattolica, Montescudo-Montecolombo, Sogliano) eletti nelle recenti consultazioni, agli altri sarà inviato per posta. E i consiglieri comunali, e chi fa politica attraverso i partiti? “Saranno i sindaci a trasmetterlo”, ritengono in diocesi.
Nella premessa del documento si ricorda che l’impegno sociale della Chiesa riminese già si esprime attraverso alcune opere e attività (Caritas, Fondo per il lavoro, osservatorio sulla povertà, assistenza ai carcerati, ecc.). Inoltre, “con l’opera educativa dell’associazionismo, degli oratori e delle parrocchie “ si cerca di sviluppare “una convivenza serena e sicura, per far crescere l’umano di tutti e di ciascuno, a partire dai più poveri”.