Famiglia, educazione, lavoro: CL presenta il documento sulle elezioni
(Rimini) In occasione delle elezioni politiche del 25 settembre, Comunione e Liberazione ha diffuso un documento dal titolo “In cammino verso il bene comune”, nel quale sono indicati alcuni criteri di giudizio per affrontare consapevolmente la scadenza elettorale.
«La prima consapevolezza – si legge nel testo - è che la nostra speranza, in ultima analisi, non è riposta nella politica. Tuttavia, la politica non può non interessarci, così come ci interessa ogni ambito di espressione della persona impegnata a costruire spazi di sviluppo umano, di aiuto agli ultimi e di pace».
Il fine della politica è il bene comune. Tutti usano questa espressione, ma cosa si intende? «La Chiesa – ricorda il documento - lo definisce invece come “la dimensione sociale e comunitaria del bene morale” (Compendio Dottrina Sociale della Chiesa, 164). Il bene comune è cioè la verità della persona, ciò per cui è realmente fatta: a questo è necessario tendere, in un dialogo con tutti. Come si declina l’impegno per il bene comune così inteso? Un primo criterio fondamentale è il principio di sussidiarietà, ovvero la valorizzazione di quelle realtà sociali e comunità di vita dove le persone vengono educate e tessono relazioni di fiducia, secondo la “soggettività creativa” dei singoli».
A titolo di esempio Comunione e Liberazione indica tre ambiti dove tale lavoro sussidiario è particolarmente urgente: famiglia, educazione, lavoro.
Il documento quindi afferma che l’ «aiuto che possiamo dare a chi è impegnato in politica ed è disposto a un simile lavoro è anzitutto offrire un luogo di amicizia per fare insieme un cammino umano e di fede». Questa amicizia «va coltivata con chiunque, a cominciare da coloro che condividono il nostro giudizio sulla persona e sulla società».
Il documento sarà presentato nel corso di un incontro pubblico che si terrà lunedì 19 settembre alle ore 21,15 al Teatro Tarkovskij, in via Brandolino 13, Rimini. Interverranno tre persone a vario titolo impegnate in quegli ambiti – famiglia, educazione e lavoro – ritenuti particolarmente urgenti:Tommaso Agasisti, professore ordinario di ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, Alessandro Bracci, amministratore delegato Teddy Spa, Manuel Mussoni, insegnante di religione ITSE Molari Santarcangelo, presidente diocesano Azione Cattolica Rimini.
Riccione, Santi si autocandida. Lui: "No, do solo voce al popolo"
Tutti l'hanno interpretato come una sorta di auto candidatura, anche se lui, Riziero Santi, presidente della Provincia di Rimini, si straccia le vesti e replica: "Sono intervenuto, anche in ritardo, per rappresentare lo stato d'animo e la preoccupazione di tanti elettori di centrosinistra". Anche questa, volendo, è una risposta da copione: "Io? No, è il popolo che lo vuole".
Comunque sia, la domenica politica è stata scossa da un post su Facebook di Riziero Santi (titolo: Se il centrosoniostra vuole vincere a Riccione) che oggettivamente è difficile non leggere come un'autocandidatura. Santi interviene di fronte a un centrosinistra incartato e indica quale è a suo giudizio la strada per uscirne.
Ecco il testo completo:
Riccione, la gran battaglia elettorale del 2022. Ecco le forze in campo
A ridosso delle feste natalizie, a dispetto di un presunto periodo di riposo per la politica, a Riccione c’è stato un gran movimento di truppe in vista delle elezioni amministrative del 2022. Elezioni che sanciscono la fine dell’era Tosi, in realtà abbastanza breve (otto anni scarsi) perché il primo mandato è stato dimezzato dalla congiura di palazzo ordita da Tirincanti e soci. Niente quindi è scontato: il quadro generale non solo è molto cambiato dalla prima vittoria a sorpresa di Renata Tosi, nel 2014, ma anche dalla vittoria del 2017. Pezzi di società che erano organici alla nuova amministrazione si sono allontanati, quasi collocandosi all’opposizione.
L’attuale inquilina del palazzo comunale ha fatto sapere che la sua delfina è Laura Galli, attuale vice sindaco e assessore ai servizi sociali. Il metodo ingiustamente contestato ad Andrea Gnassi, quello di indicare un successore in continuità, è stato giustamente fatto proprio da Renata Tosi. L’indicazione di Galli non ha sollevato troppi entusiasmi da parte di alcuni alleati come Forza Italia e Fratelli d’Italia. È lecito chiedersi se si tratti solo di un ballon d’essai o se questa candidatura non debba passare attraverso un percorso infido e accidentato, riportando inevitabili ammaccature.
In attesa di saperne di più vediamo quali sono le forze in campo che giocheranno la partita del 2022.
Il mondo civico è quello più in movimento. Da due anni in consiglio comunale e in città si è formato il gruppo di Riccione Civica dove sono confluiti ex del Movimento 5 Stelle, come il candidato sindaco del 2017 Andrea Del Bianco, ed ex di Patto Civico, la lista promossa da Sergio Pizzolante sull’onda del successo dell’omonima formazione a Rimini nel 2016. Nei giorni scorsi è tornata nella casa originaria Marisa Grossi, di Rete Civica, alle regionali 2020 inserita nell’alleanza di centrodestra. È escluso che Riccione Civica intavoli dialoghi con chi si pone in continuità con Renata Tosi, mentre sono assai probabili tentativi di intesa con il Pd.
Sul fronte civico l’ultima arrivata è la formazione di Fabio Ubaldi, nel 2014 candidato del Pd contro Renata Tosi. Ha messo insieme un gruppo di professionisti e lavoratori autonomi (fra cui anche l’avvocato Marco De Pascale, già di Patto Civico) che si è dato il nome di 2030 Riccione Città Aperta. Certamente è un gruppo che si pone in alternativa a chi raccoglierà l’eredità della Tosi, non è ancora chiaro se correrà da solo o invece cercherà alleanze.
Deve ancora scoprire le sue carte Riccione Davvero, sigla dietro cui ci sono Lucia Baleani e Luciano Tirincanti. Anche in questo caso è certa la discriminante anti-Tosi, si tratta di vedere in quale ruolo. C’è chi sostiene che Riccione Davvero potrebbe essere il gruppo che raccoglierà la dichiarazione d’amore per Riccione di Claudio Cecchetto. L’ex dj e talent scout, infatti, ha tappezzato Riccione di manifesti con gli auguri di Natale alla città e ha dichiarato che se qualcuno lo chiamerà lui sarà disponibile a candidarsi come sindaco. Sono noti i rapporti di amicizia fra lui e Tirincanti, ecco perché potrebbe nascere il matrimonio elettorale. Inoltre, una recente dichiarazione di Cecchetto su Riccione è stata diramata da Natale Arcuri, e qui il cerchio si chiude.
Nel fronte anti Tosi e sue eredi il partito di riferimento è ovviamente il Pd, che cerca la storica rivincita dopo l’usurpazione da parte del centrodestra. Le attenzioni sono puntate su due fattori: un candidato forte, autorevole (ancora nessun nome); una coalizione la più larga possibile, in modo da mettere insieme, oltre al popolo comunque lontano dal centrodestra, anche tutti gli scontenti e i delusi dall’amministrazione Tosi.
L’obiettivo del Pd è certamente quello di siglare un accordo con Riccione Civica. Certamente dell’alleanza di centrosinistra farà parte il Movimento 5 Stelle. I militanti rimasti hanno fatto sapere che Giuseppe Conte, in occasione delle elezioni a Cattolica, ha detto loro di guardare al Pd e alle liste civiche. Si tratta di vedere quale peso ha attualmente il simbolo a Riccione, vista la non presenza fisica nel territorio.
Anche nel campo del centrodestra lo schema di gioco deve ancora essere definito. Ha senso che si presenti una Lista Tosi quando lei non c’è (ufficialmente) più? E anche Noi Riccionesi conserva un appeal elettorale nel momento in cui la sua bandiera storica esce di scena? Si ricicleranno come liste civiche a sostegno dell’erede designata da Renata? Tutto da scoprire.
Certamente saranno presenti Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Quest’ultimi, ora assenti dal consiglio comunale, ben decisi a contare di più, anche nelle scelte sul candidato sindaco. Vogliono che non diventi un pasticcio a firma Morrone-Tosi come nel caso di Rimini. Non a caso Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno partecipato ad una riunione informale di scambio di opinioni, dove erano assenti Pd e Lega, cioè i due partiti perno dei rispettivi schieramenti, e dove invece c’erano le liste civiche anti-Tosi. Poi Forza Italia ha subito precisato che la collocazione nel centrodestra non si discute. Resta l’impressione che un centrodestra a completo traino Tosi, tramite Galli, non sia molto gradito dai partner.
A Miramare una mostra permanente su don Domenico Masi
Giusto un secolo fa, nel 1921, don Domenico Masi (1880-1964) avviava a Miramare la costruzione di un orfanotrofio e di una chiesetta dedicata all’Immacolata.
A quel tempo l’Abissinia (così era chiamato il territorio di confine fra Rimini e Riccione) era una landa sabbiosa, ricca di dune e sterpaglie, con qualche casupola e poco di più. Non c’erano strade, non c’era luce elettrica, non c’era acqua potabile, non c’era stazione ferroviaria. Don Domenico vi era approdato in una calda giornata dell’estate 1919 per portarvi le orfanelle bisognose di mare che aveva cominciato ad ospitare a Coriano.
È il germe di una nuova storia che viene raccontata, fin dall’inizio, cioè dalla nascita di don Domenico, in una mostra permanente dal titolo “Un amore grande come il mare”. La mostra è ospitata nella casetta a due piani, in via Marconi a Miramare, dove aveva a lungo abitato il fondatore delle Sorelle dell’Immacolata e di tante iniziative espressione della sua traboccante carità.
La mostra sarà inaugurata martedì 7 dicembre alle ore 10,30.
Attraverso quindici pannelli con foto e testi viene ripercorso l’itinerario di questo sacerdote per il quale è in corso la causa di beatificazione. Nella mostra saranno esposti anche alcuni oggetti personali appartenuti a don Masi e si potrà entrare nella sua camera che è rimasta intatta da allora.
Don Domenico Masi è stato un uomo innamorato di Cristo e della Madonna, al quale ha voluto dedicare quella riproduzione della Grotta di Lourdes che ancora oggi a Miramare è un centro di devozione popolare. L’amore a Dio lo portava a farsi carico dei bisogni degli altri, fossero le orfanelle, le persone senza lavoro, chi aveva bisogno di denaro, chi doveva essere protetto dai persecutori. Vivendo la fede nella carità verso i più bisognosi, don Domenico Masi è stato un costruttore di civiltà: portando le orfanelle al mare e insediando sulla spiaggia la loro casa, è stato anche un pioniere dello sviluppo turistico di Miramare.
La mostra permanente che le sue figlie spirituali, le Sorelle dell’Immacolata, gli hanno voluto dedicare è l’occasione per conoscere meglio questo protagonista della storia ecclesiale e civile di Rimini.
Breve scheda biografica
Domenico Masi nasce il 21 aprile 1880 a Monte dei Morolli, località del Comune di San Clemente, sulle colline riminesi, e il giorno dopo riceve il battesimo nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea in Casale. I genitori sono contadini ed il padre spera che il ragazzo, sveglio e con uno spiccato senso per gli affari, lo aiuti presto nel lavoro dei campi. A undici anni, invece, Domenico lascia la sua casa e i suoi compagni di giochi per entrare nel Seminario di Rimini.
Il 17 giugno 1905 è ordinato sacerdote dal Vescovo di Rimini, Monsignor Vincenzo Scozzoli, ed il suo primo incarico pastorale è quello di cappellano a Santa Maria in Cerreto, nella campagna riminese.
In quel periodo nelle zone rurali, l’insegnamento è trascurato per la mancanza di scuole, ma anche per le esigenze concrete della popolazione che preferisce impegnare i figli nei lavori dei campi o nelle faccende di casa, piuttosto che permettere loro di imparare a leggere, scrivere e far di conto. Ma don Domenico convince anche i genitori più restii ad affidargli i figli e supplisce alla mancanza di aule con la sacrestia della chiesa, arredandola con mezzi di fortuna. Si fa carico di tutte le spese pur di garantire un’istruzione ai figli dei contadini.
Da Santa Maria in Cerreto è trasferito a Serravalle di San Marino dove continua, con crescente entusiasmo, la sua attività di cappellano. Qui don Domenico scopre una nuova vocazione che lo vedrà impegnato anche in seguito: quella della stampa. Con una rudimentale attrezzatura stampa due minuscoli giornalini: Granellini d’oro e Pagliette d’oro. Le due pubblicazioni, nella loro semplicità, diventano importanti strumenti per suggerire saggi insegnamenti ed offrire consigli ispirati non solo dal Vangelo, ma anche da vari avvenimenti della vita quotidiana.
Nel 1911 don Domenico indossa la divisa di cappellano militare nella guerra in Libia. Sotto le armi è il fratello, l’amico di tutti e, per ognuno, senza distinzione di grado e di condizione sociale, ha una parola buona o un gesto generoso. Al ritorno dall’impresa libica riprende il suo apostolato, sempre come cappellano, nella parrocchia di Coriano. La sua missione sacerdotale lo porta a seguire l’oratorio femminile diretto dalle suore dell’Istituto riminese delle Maestre Pie. Un luogo dove le ragazze della zona trascorrono il tempo libero in attività ricreative, nell’apprendimento di qualche utile lavoretto e nello studio.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, don Domenico torna ad indossare la divisa, nel corpo sanitario, con il grado di sergente. Ai soldati morenti e in particolare ai padri di famiglia in misere condizioni promette di interessarsi dei loro figli. Ed infatti, il 21 gennaio 1917, invia a Coriano la prima orfanella, Erminia di Giusto, affidandola all’Oratorio con viva preghiera alle suore di dare alla piccola ogni assistenza e conforto. È il semplice inizio dell’opera di don Domenico verso i bambini rimasti senza genitori. Don Domenico conosce anche l’esperienza della prigionia: è internato nel campo di Rastad, in Germania, dove conosce la malattia e ogni genere di privazioni.
Tornato a Coriano nel 1919, don Domenico Masi mette il suo naturale “pallino” per gli affari a servizio della carità, occupandosi generosamente degli orfani e delle orfane di guerra. La comunità di Coriano è sempre più numerosa, ma le sue orfanelle non godono di buona salute. I medici dicono che avrebbero bisogno di mare, ma don Masi non ha i soldi sufficienti per pagare una colonia. Ma la sua traboccante carità gli suggerisce la soluzione.
Quando don Domenico Masi arriva per la prima volta a Miramare, nel lontano 1921, nella località ci sono poche case, nessun servizio e nessuno degli attuali numerosi alberghi. Il sacerdote vi giunge tutti i giorni da Coriano, in compagnia delle bambine orfane e, dopo la giornata al mare, fa ritorno in paese. Ogni giorno si forma una “strana” comitiva: un biroccio guidato dal fratello, le bambine, le suore e in fondo lui, a piedi con un pesantissimo zaino. È un pioniere dello sviluppo turistico di Miramare: si è inventato i “soggiorni terapeutici quotidiani” per far respirare la buona aria di mare alle sue assistite.
Passo dopo passo a Miramare sorge una nuova realtà: una chiesa, prima inesistente, un orfanotrofio, un ambulatorio, e molto altro ancora. Quando le Maestre Pie non possono più garantire l’assistenza alle ragazze, fonda la nuova congregazione delle Sorelle dell’Immacolata.
Tra il 1926 e il 1945 realizza in vari centri del riminese case di riposo, case religiose e altre opere assistenziali, che dovrà ricostruire dopo la Seconda Guerra Mondiale. Per aiutare i giovani e gli operai apre una tipografia (dove stampa il suo Ramoscello d’Olivo), una falegnameria e una fabbrica di mattonelle. Non esita a mettere a servizio della carità la sua naturale capacità di intraprendenza. È sempre pronto ad aiutare (anche con le firme sulle cambiali) chi si rivolge a lui per un aiuto.
Negli anni successivi fonda altre case in altri centri della Romagna, la sua carità operosa lo vede sempre pronto a farsi carico dei bisogni che incontra.
Don Domenico Masi è stato un uomo innamorato di Cristo e della Madonna, al quale ha voluto dedicare quella riproduzione della Grotta di Lourdes che ancora oggi a Miramare è un centro di devozione popolare. L’amore a Dio lo portava a farsi carico dei bisogni degli altri, fossero le orfanelle, le persone senza lavoro, chi aveva bisogno di denaro, chi doveva essere protetto dai persecutori. Vivendo la fede nella carità verso i più bisognosi, don Domenico Masi è stato un costruttore di civiltà: portando le orfanelle al mare e insediando sulla spiaggia la loro casa, è stato anche un pioniere dello sviluppo turistico di Miramare.
Dopo due anni di sofferenze, don Domenico torna alla casa del Padre il 1° aprile 1964. A continuare la sua opera ci sono ora le Sorelle dell’Immacolata che lo venerano come un santo. Nel 2011 la diocesi di Rimini ha aperto la causa di beatificazione: completata la fase diocesana, la causa adesso è all’esame della Congregazione romana.
Prostituzione: la presunta ordinanza talebana di Terni è copiata da quella di Rimini
A volte, più che tanti discorsi, vale la pena segnalare i fatti.
Questo è il dispositivo dell’ordinanza anti-prostituzione del Comune di Terni, quella che secondo tutta la stampa nazionale, vieterebbe alle donne di girare in minigonna e scollature.
“Sia fatto divieto a chiunque: di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione”.
Questo è il dispositivo dell’ordinanza anti prostituzione del Comune di Rimini emessa il 28 giugno scorso:
“Sia fatto divieto a chiunque: di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco ad offrire prestazioni sessuali a pagamento, consistenti nell’assunzione di atteggiamenti di richiamo, di invito, di saluto allusivo ovvero nel mantenere abbigliamento indecoroso o indecente in relazione al luogo ovvero nel mostrare nudità, ingenerando la convinzione di esercitare la prostituzione”.
Qualcuno ci trova qualche differenza? Impossibile, si tratta di un tipico caso di copia e incolla. Come sia successo che l’ordinanza di Terni, peraltro del luglio 2020, sia diventata oggi un caso nazionale perché, a detta degli organi di stampa “vieta alle donne di girare in minigonna e scollature”, è un mistero. Nessuno si è preso la briga di andare a verificare se la notizia, tanto clamorosa da apparire inverosimile, fosse vera o non fosse invece l’ennesima bufala. Nemmeno quando il sindaco di Terni, il leghista Leonardo Latini, ha ripetuto all’infinito che lui si è rifatto ad altre ordinanze, anche di Comuni del centrosinistra. Poiché Rimini in materia di ordinanze antiprostituzione da anni fa scuola in tutta Italia, abbiamo voluto verificare e, come sospettavamo, abbiamo scoperto che le due ordinanze sono identiche. Quella di Rimini sempre lodata e citata nei dibattiti e nelle riviste specializzate, quella di Terni messa alla berlina perché espressione di una cultura talebana.
Però su questa falsa notizia è scoppiato il finimondo. Tutta l’opinione pubblica di sinistra e politicamente corretta si è scagliata contro il solito leghista che vuole realizzare un pezzo di Afghanistan a Terni. Ora, è vero che i leghisti ci hanno abituato a sparate più che discutibili, ma quando la notizia è così clamorosa l’obbligo della verifica dovrebbe essere doveroso. I signori della sinistra che vogliono combattere gli estremismi leghisti, farebbero bene mirare agli obiettivi giusti. Altrimenti diventa tutto un calderone, una fiera delle contrapposizioni ideologiche a prescindere, e la politica si riduce a battibecchi da cortile. La vicenda peraltro porta a riflettere su quanti dibattiti infuocati fra destra e sinistra che spesso vediamo sui giornali o alla televisione nascano da una bufala e da equivoci voluti e alimentati.
Il neo assessore di Rimini Kristian Gianfreda, sul suo profilo Facebook scrive: “C’è un sindaco, di Terni, che ha fatto un’ordinanza vietando un certo tipo di abbigliamento alle donne in alcune zone della città. Sono favorevole ad ogni intervento che possa contrastare la prostituzione, ma non per ragioni di decoro urbano. Le ragioni si trovano nelle vite di quelle donne, ragazze e bambine che vediamo in strada, dietro cui si cela povertà, violenza, soprusi e tratta di esseri umani”. Bene, guardiamo quello che la nostra ordinanza scrive e correggiamone l’impostazione se necessaria, così eviteremo di diffondere una cultura sbagliata quando altri ci copieranno.
Anche perché, proprio l’ordinanza di Rimini, firmata dal sindaco di sinistra Andrea Gnassi, richiama il decreto legge che definisce la sicurezza urbana come “il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città”. Inoltre il testo dell’ordinanza argomenta che “vi è legame tra il concetto di sicurezza urbana e sicurezza pubblica, posto che la violazione delle norme che tutelano la convivenza civile, la coesione sociale e l'ambiente urbano in ogni suo aspetto, rappresenta al contempo il presupposto ed il risultato per l'insorgenza di fenomeni di criminalità capaci di minare la sicurezza pubblica; inoltre i comportamenti messi in atto in tali occasioni, sia dalle prostitute, che dai clienti, sono incontestabilmente offensivi di molteplici interessi della collettività e valori e diritti costituzionalmente tutelati, quali la morale pubblica ed il comune sentimento di pudore della cittadinanza, la sanità, la sicurezza e tranquillità pubblica, la convivenza civile e la coesione sociale, le attività, il lavoro, la mobilità, l'ambiente urbano in ogni suo aspetto”.
Prima di stracciarsi le vesti per la retorica degli altri, in una sorta di gara a chi sia il più politicamente corretto, ricominciamo a entrare nel merito delle cose, con il tempo che serve almeno a capire quali siano i fatti nella realtà reale e non in quella artefatta dei social, e provando a misurarci su quale contributo ognuno di noi possa dare. Magari la prossima volta vantandoci che un sindaco leghista abbia copiato un’ordinanza della civilissima e politicamente correttissima città di Rimini.
Festa per la beata Sandra Sabattini, "un'artista nel linguaggio dell'amore"
Oltre 1.200 persone hanno partecipato alla beatificazione di Sandra Sabattini, la giovane riminese di 22 anni, discepola di don Oreste, la “santa della porta accanto” come l’ha definita papa Francesco, la prima fidanzata beata della storia della Chiesa. Le persone si sono disposte tra Basilica Cattedrale, sagrato, cortile della Diocesi e via IV Novembre, in ottemperanza alle normative anti-Covid e in maniera molto responsabile.
Molti i membri della comunità Papa Giovanni XXIII, a cui apparteneva Sandra e nella quale si era formata nella fede, provenienti anche da diverse regioni d'Italia. E ancora le parrocchie della Diocesi di Rimini, associazioni, movimenti, comunità religiose, associazioni di volontariato. Il prefetto di Rimini, il sindaco di Rimini, autorità civili e militari.
La celebrazione si è aperta con la processione con in testa la Croce e la Parola di Dio. Insieme al cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il Vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi; il Vescovo di San Marino-Montefeltro mons. Andrea Turazzi; il Vescovo di Urbino-Urbania-S. Angelo in Vado, mons. Vanni Tani; il Vescovo di Pesaro, mons. Piero Coccia; il Vescovo emerito di Ferrara-Comacchio, mons. Paolo Rabitti, il Vescovo di Forlì, mons. Livio Corazza; mons. Claudio Maria Celli, Prefetto emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali; sacerdoti, diaconi e accoliti.
Il Rito della Beatificazione si è aperto con la richiesta del Vescovo di Rimini di procedere alla beatificazione di Sandra ed è proseguito con la lettura - da parte del postulatore della causa, padre Antonio Marrazzo - del profilo biografico della 22enne riminese. Il cardinale Semeraro ha successivamente proceduto alla lettura (in latino) della Lettera Apostolica con la quale Papa Francesco ha iscritto Sandra Sabattini nel numero dei Beati. Tutto il Duomo (e le zone adiacenti) si è alzato in piedi esplodendo in un applauso fragoroso, durato diversi minuti, accompagnato dal canto del coro composto da coristi della Papa Giovanni XXIII, Comunione e Liberazione, Rinnovamento nello Spirito e parrocchia di San Girolamo (dove ha vissuto gran parte della vita Sandra). Il cardinale Semeraro ha abbracciato il Vescovo Lambiasi e ha consegnato a lui, al postulatore padre Marrazzo e a Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale della comunità Papa Giovanni XXIII, la Lettera Apostolica mentre il coro cantava il “Gloria”.
Il momento successivo è stato molto intenso e toccante: il miracolato per intercessione di Sandra, Stefano Vitali, ha portato processionalmente l'unico resto mortale di Sandra, un capello, conservato dal fidanzato Guido in una scatola di caramelle che la stessa Sandra aveva decorato. La reliquia è stata posta ai piedi dell'altare, incensata e venerata dal cardinale Semeraro, mentre a pochi metri era stata svelata la grande immagine di Sandra sorridente. La prima lettura della Celebrazione eucaristica è stata affidata a Mariangela Ramberti, non vedente, riminese. La seconda è stata letta da Laila Lucci, biografa di Sandra Sabattini, mentre il vangelo è stato proclamato da Guido rossi, diacono e fidanzato di Sandra.
Nell’omelia il card. Semeraro ha posto l’accento sull’amare, portare la sofferenza dell’altro. E per farlo ha esordito con un brano de I racconti dei chassidim narrati da Martin Buber, riguardante Moshe Löb di Sasow, uno dei primi rabbini della tradizione polacca. Dice: «Come bisogna amare gli uomini, l’ho imparato da un contadino. Questi sedeva in una méscita con altri contadini e beveva. Tacque a lungo come tutti gli altri, ma quando il cuore fu mosso dal vino, si rivolse al suo vicino dicendo: “Dimmi tu, mi ami, o non mi ami?”. Quello rispose: “Io ti amo molto”. Ma egli disse ancora: “Tu dici: io ti amo e non sai cosa mi affligge. Se tu mi amassi in verità, lo sapresti”. L’altro non seppe che rispondere, e anche il contadino che aveva fatto la domanda tacque come prima. Ma io compresi: questo è l’amore per gli uomini, sentire di che cosa hanno bisogno e portare la loro pena».
Il card. Semeraro ha detto di aver esordito con questo racconto per due ragioni. “La prima è perché oggi, nella proclamazione della Parola di Dio, abbiamo ascoltato il meraviglioso Inno all’amore di san Paolo (cf. 1Cor 13,1-13). L’altra ragione sta nel fatto che in una esperienza analoga possiamo riconoscere anche il cammino spirituale percorso da Sandra Sabatini, la giovane che da oggi la Chiesa onora come beata”.
L’Apostolo ha presentato alcune caratteristiche della carità, ben 15 per dircene la qualità; più del doppio dei colori che la scienza riconosce nell’arcobaleno e delle note nella scala musicale. “E Sandra, il linguaggio dell’amore – con i suoi colori e la sua musica – l’ha appreso molto bene. Sotto questo aspetto è stata un’autentica artista. È stata una santità, la sua, vissuta in tutti gli ambiti della propria vita, nell’aprirsi alla condivisione con gli ultimi, nel mettere al servizio di Dio tutta la sua giovane esistenza terrena, fatta di entusiasmo, semplicità e una grande fede”.
“Leggendo le pagine del suo Diario – ha proseguito il card. Semeraro – ci è facile scoprire quanto, in Sandra, la carità sia stata creativa e concreta, attenta al dramma della povertà e considerata come strada verso la santità: «Povertà è povertà, e non è sufficiente fare il voto di povertà per essere poveri in spirito. Se veramente amo, come posso sopportare che un terzo dell’umanità muoia di fame, mentre io conservo la mia sicurezza e stabilità economica? Facendo così, sarò un buon cristiano, ma non certamente un santo ed oggi c’è inflazione di buoni cristiani, mentre il mondo ha bisogno di santi» (Diario, 4 marzo 1983)”.
Come ha annotato il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, “il desiderio di servire i poveri non scattava da una semplice spinta emotiva a fare beneficenza, ma scaturiva da una sorgente spirituale: l’amore di Dio. Man mano che il suo cuore si immergeva nel mare – senza fondo e senza sponde – dello sconfinato amore di Dio per i poveri, sperimentava che la vera soluzione di ogni problema è la risurrezione di Gesù, unica autentica proposta di liberazione”.
La preghiera dei fedeli sono state recitate dalle “amiche storiche di Sandra”, mentre la processione offertoriale è stata portata dal babbo Giuseppe e dal fratello Raffaele, poi Giovanni Paolo Ramonda e la cugina di Sandra, Enrica. Pato Castillo, cileno di origine, sposato e oggi residente a San Marino, ha tradotto tutta la celebrazione nella lingua dei segni (Lis).
Al termine, ha preso la parola il Vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, in primis per “esprimere l’unico sentimento che vibra nel cuore di tutti e ciascuno: grazie. Quella di oggi è una bella grazia che ricorderemo a lungo. Grazie allo Spirito Santo, grazie a Sandra e mentre ribadisco questo sentimento di gratitudine vorrei invitare tutti a sottoscrivere un impegno e una responsabilità al termine di questa giornata di festa: se non è imitazione, rischia di diventare bugiarda adulazione. Don Oreste Benzi diceva: Gesù non è venuto a portarci altre devozioni ma ad accendere una rivoluzione, di quell’unica violenza che va contro il peccato e l’egoismo. Gesù non cerca facchini sgobboni che si spremono per Lui, ma discepoli innamorati. Oggi celebriamo il primo frutto dell’opera e della testimonianza di don Oreste: Sandra Sabattini. Ci impegniamo non solo a parlare di Sandra, a parlare con Sandra ma a far parlare Sandra, che testimonia una vita bella, matura, pienamente umana”.
E per finire, il Vescovo ha regalato una battuta: “Terminiamo come dice il Salmo 151, che non è nel salterio canonico ma in quello riminese: battiamo le mani”. L’applauso che ne è scaturito è stato lungo e gioioso, degna conclusione di una giornata di festa per tutta la Chiesa, non solo riminese, per questa nuova figura, Sandra, che da oggi è annoverata nella schiera dei Beati.
La memoria liturgica di Sandra è prevista il 4 maggio.
Carisma, santità e storia. A proposito di Sandra Sabattini beata
“Quanta ricchezza di santi e di beati!” È un’espressione a braccio che non si ritrova nel testo ufficiale del discorso che Giovanni Paolo II fece alla diocesi di Rimini in pellegrinaggio a Roma il 19 aprile 1980. Ma chi c’era ed ha buona memoria potrà ricordarla. Il papa aveva appena nominato alcune figure che appartengono alla storia di Rimini: “I santi che sono nati e cresciuti nelle vostre famiglie: santa Paola di Roncofreddo, i beati Simone Balacchi e Giovanni Gueruli, la beata Chiara da Rimini ed il beato Amato Ronconi ed Alessio di Riccione; come pure quelli, insigni, che tra le vostre balze ridenti e nelle vostre piazze fervide di commerci, hanno predicato e testimoniato la parola di Dio, come san Francesco di Assisi e sant’Antonio di Padova; tutti hanno costruito per voi una eredità inestimabile che ora siete chiamati non solo a difendere strenuamente, ma, altresì, ad accrescere, a valorizzare, a promuovere”. Era il 1980 e quindi mancavano all’appello almeno tre beati che si sono aggiunti in seguito: Alberto Marvelli, proclamato dallo stesso Giovanni Paolo II a Loreto nel 2004; Maria Rosa Pellesi, la suora francescana missionaria di Cristo (Sant’Onofrio) salita alla gloria degli altari nel 2007, sotto il pontificato di Benedetto XIV, ed infine Sandra Sabattini, la giovane figlia del carisma di don Oreste Benzi che sarà beatificata domenica prossima in Cattedrale. Tre nuovi beati in diciassette anni! Ed un beato medievale dalla biografia più che affascinante, Amato Ronconi di Saludecio, proclamato santo. E a Roma sono in corso le cause della venerabile Carla Ronci, dei servi di Dio don Oreste Benzi, don Domenico Masi, Faustina Zavagli e Angela Molari. Cosa significhi questa irruzione della santità in mezzo a un popolo lo aveva detto il papa poco prima di stendere l’elenco dei beati e dei santi: “La vostra fede di antica origine è un patrimonio prezioso che ha costituito per i vostri antenati, fin dai primi secoli del cristianesimo, fin dai tempi di san Gaudenzo, di san Marino, di san Leo, il valore fondamentale della loro vita; ha suggerito loro la chiave di interpretazione degli avvenimenti quotidiani e delle grandi pagine della storia; ha illuminato nelle loro menti il vero significato del lavoro, del dolore e della morte; ha donato loro la gioia di vivere quali figli di Dio”.
La santità è insomma un avvenimento che non può essere ridotto ad una dimensione spiritualistica, ad una devozione per l’anima di persone estranee ai drammi della vita personale e della società in cui si trovano. La santità è un avvenimento che incide sulla storia, che fa storia. Lo ha scritto in maniera chiara un grande esperto della materia, Louis De Wohl, prolifico autore di biografie romanzate dei grandi santi della storia. «Le vite dei santi appartengono alla storia, perché sono loro stessi a fare la storia e, meglio ancora, la fanno come piace a Dio. La storia senza i santi si riduce a guerre, battaglie, nazioni soggiogate o liberate, leggi e decreti, Paesi che si avvicendano nella supremazia reciproca. Di tanto in tanto, però, Dio mostra la strada, e ogni volta, per indicarla, si avvale di un santo». De Wohl scriveva dopo aver attraversato lutti e dolori della seconda guerra mondiale, ma anche noi che abbiamo visto mettere in crisi consolidate certezze dalla pandemia e abbiamo cercato segni e persone che indicassero una speranza nuova capace di reggere all’urto del tempo, possiamo ben capire la portata della riflessione di de Wohl.
Poiché moltissimo si è detto e scritto di Alberto Marvelli, l’assessore della ricostruzione, limitiamo alcune considerazioni alle beate Maria Rosa Pellesi e Sandra Sabattini.
Entrambe si impongono all’attenzione per non aver fatto nulla di speciale. Cosa ha fatto di straordinario in vita quel tale santo per meritarsi l’aureola?, ci si chiede abitualmente. Per Maria Rosa e Sandra la risposta è: nulla. Maria Rosa, malata di tubercolosi, ha vissuto ventisette anni in un sanatorio, con le uniche occupazioni di offrire le proprie sofferenze a Dio e di consolare le compagne di sventura. Sandra è morta giovanissima, appena 22 anni, ha avuto giusto il tempo di immaginare il proprio futuro e di affacciarsi alla vita adulta. Sia per Maria Rosa che per Sandra è la banale vita quotidiana che ha assunto le dimensioni dell’eroico.
C’è un aspetto in più che vale la pena sottolineare: sono persone che hanno abbracciato fino in fondo le circostanze della vita e in esse hanno vissuto nella fede suscitata e alimentata dall’incontro con un carisma.
Bruna Pellesi era una bella ragazza amante della moda all’ultimo grido. Ha obbedito alla vocazione che la voleva suora nell’Istituto Sant’Onofrio dove è diventata suor Maria Rosa. Quando lei è da anni ricoverata in sanatorio il suo Istituto intraprende la strada del rinnovamento secondo le direttive del Concilio. Anche suor Maria Rosa che da venticinque anni non fa vita di comunità ma è esiliata, sola, in ospedale, partecipa alla consultazione della sua congregazione. Alle suore viene chiesto di proporre un nome che esprima il carisma proprio della comunità. Lei non ha dubbi, anche perché attinge dalla propria esperienza. Siamo di Cristo, siamo affascinate dall’ideale francescano, siamo chiamate ad essere missionarie, chiamiamoci “suore francescane missionarie di Cristo”. Ed il capitolo non può che fare propria la proposta. Dunque: non solo non c’è circostanza in cui non si possa vivere il carisma incontrato (anche in una solitaria corsia di ospedale), anzi la propria esperienza di santità, pur nella lontananza e nella solitudine, può diventare rigenerativa del carisma della propria comunità di appartenenza.
Di Sandra Sabattini si è detto “santa della porta accanto”, “prima santa fidanzata”. Nessuno ha mai osservato che è una delle prime beate (probabilmente la seconda, dopo Chiara Luce, dei Focolari) che proviene da una delle comunità e movimenti ecclesiali fioriti dopo il Vaticano II. È una circostanza dal significato enorme. I membri della Comunità Papa Giovanni XXIII sono certi che il cammino loro indicato da don Benzi porta alla santità non solo perché la Chiesa lo ha riconosciuto ufficialmente, ma anche perché con Sandra Sabattini hanno avuto, come dire, la verifica sperimentale.
La vita di Sandra non si spiega senza l’incontro con don Oreste Benzi e la sua comunità. Al ritorno dal primo campeggio confida ai genitori: “Ci siamo spezzati le ossa ma quella è gente che io non abbandonerò mai”. Le parole fotografano l’incontro con un carisma che la ragazza subito percepisce nella sua potenza attrattiva e persuasiva. La sua breve vita sarà segnata da quell’incontro. Ha vissuto il carisma in tutte le modalità allora proposte, fino alle forme storiche di quel momento come fare volantinaggio o la vendita militante del giornale della comunità.
Sandra è andata talmente a fondo di quel carisma, fondato sulla condivisione di vita con i più poveri, da poter scrivere sul suo Diario: “Dire scelgo i poveri: ora è troppo facile, non serve a niente se poi quando esco è tutto come prima. No, dico: scelgo Te e basta”.
Che in questo tempo sia beatificata una giovane con le caratteristiche di Sandra è un evento interessante per tutta la comunità riminese, non solo per quella ecclesiale. La fede è capace di generare un tipo umano positivo, capace di costruire rapporti solidali e di attrarre giovani alla ricerca di un senso per l’esistenza. È il punto da cui siamo partiti: la santità incide sulla storia.
L’altra evidenza è che la fedeltà ad un carisma riconosciuto dalla Chiesa genera santità.
Valerio Lessi
Inaugurato il piazzale don Giancarlo Ugolini (ex Gondar)
Con la partecipazione del vescovo monsignor Francesco Lambiasi e del neo eletto sindaco di Rimini Jamil Sadegholvvad questa mattina si è svolta la cerimonia ufficiale di dedicazione dell'ex piazzale Gondar a Bellaria, a don Giancarlo Ugolini (1929-2009), sacerdote ed educatore.
Alla cerimonia hanno partecipato amici e persone che l'hanno conosciuto e soprattutto allievi e docenti delle scuole Karis, un'opera educativa a cui don Ugolini ha dedicato tanto delle sue energie. Piazzale Giancarlo Ugolini si trova vicino all'ex colonia Comasca che ospita òe scuole Karis.
"Scelgo Te e basta". Domenica 24 ottobre Sandra Sabattini sarà proclamata beata
La santa della porta accanto, secondo l’espressione di papa Francesco. La prima santa fidanzata della storia, secondo la presentazione che ne fece don Oreste Benzi al vescovo Francesco Lambiasi appena arrivato a Rimini.
Il giorno a lungo atteso è arrivato: domenica 24 ottobre alle ore 16 in cattedrale ci sarà la celebrazione eucaristica con la beatificazione di Sandra Sabattini, la giovane della Comunità Papa Giovanni XXIII deceduta all’età di 22 anni nel 1984 a causa di un incidente stradale. A presiedere la celebrazione ci sarà il prefetto della congregazione per le cause dei santi, cardinale Marcello Semeraro, che, alla richiesta del vescovo di iscrivere Sandra Sabattini nell’elenco dei beati, risponderà con la lettura della lettera di papa Francesco del 24 settembre scorso con cui si autorizzava la cerimonia di beatificazione.
Per la diocesi di Rimini, e la Comunità Papa Giovanni XXIII in particolare, la beatificazione di Sandra è un evento importante, è l’occasione privilegiata per dire alla società riminese che dall’incontro con Cristo nasce una umanità nuova, capace di affascinare le giovani generazioni. Per Sandra tutto è cominciato all’età di dodici anni con una vacanza in quella Casa Madonna delle Vette di Alba di Canazei voluta da don Oreste Benzi per favorire "un incontro simpatico con Cristo". Quella vacanza per Sandra è stata un’esperienza faticosa perché aveva dovuto assistere anche persone disabili. Ma al ritorno a casa confida ai genitori: “Ci siamo spezzati le ossa ma quella è gente che io non abbandonerò mai”. Lì Sandra incontra per la prima volta don Oreste Benzi e, attraverso lui, incontra Gesù Cristo come il Salvatore, ha sottolineato il vescovo Lambiasi nella conferenza stampa di presentazione dell’evento. Da quel momento è partito un percorso che l’ha portata a scrivere nel suo diario all’età di sedici anni «Dire scelgo i poveri: ora è troppo facile, non serve a niente se poi quando esco è tutto come prima. No, dico: scelgo Te e basta». Quel “scelgo Te e basta”, secondo il vescovo Lambiasi, significa che Gesù Salvatore era il significato esauriente di tutto ciò che faceva: lo studio, il rapporto con il fidanzato Guido, i progetti per il futuro, la vita di comunità, l’impegno per i più poveri.
Ecco perché secondo il vescovo occorre stare attenti a non ridurre l’attenzione su Sandra ad una vuota pratica devozionale che, come diceva sant’Agostino, equivale ad una bugiarda adulazione; né basta limitarsi a coltivarne l’agiografia. L’approccio adeguato è quello che riconosce in Sandra una figura profetica. “E’ una profezia di cui abbiamo bisogno, specialmente in questo periodo di post Covid. Ci eravamo promessi di non tornare più come prima e invece lentamente stiamo scivolando nelle abitudini di sempre”.
Don Giuseppe Tognacci, vice postulatore della causa, ha fornito alcuni dettagli sulla cerimonia. Dopo che Sandra sarà stata proclamata beta, partirà verso l’altare la processione con la reliquia. Del corpo della Sabatini, come noto, non è rimasto niente. La reliquia è un capello che il fidanzato Guido Rossi ha fedelmente custodito in tutti questi anni. Sarà portata all’altare da Stefano Vitali (che, grazie all’intercessione della nuova beata, è guarito da un tumore altrimenti mortale) e da un gruppo di amiche di Sandra. La preghiera dei fedeli sarà letta da altre amiche e da fedeli della parrocchia di san Girolamo. La processione offertoriale vedrà invece protagonisti il padre, il fratello e altri parenti.
A tutti i partecipanti la celebrazione sarà distribuito come ricordo il libretto con il Diario, il libretto per seguire la liturgia e un santino con una reliquia (tratta dagli indumenti).
In quanti potranno partecipare? Le norme anti-Covid hanno ridotto il numero a 1200 persone così distribuite: cattedrale, sagrato, cortile della curia, sala Manzoni. I posti saranno distribuiti fra comunità parrocchiali, papa Giovanni XXIII, parrocchia di san Girolamo, associazioni e movimenti ecclesiali. I pass così assegnati dovranno essere ritirati entro il 16 ottobre. Dopo tale data i posti rimasti verranno distribuiti ai singoli fedeli che ne faranno richiesta allal e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. La cerimonia sarà trasmessa da Icaro Tv e seguita in diretta da tutte le comunità della papa Giovanni XXIII sparse nei cinque continenti.
Alcune iniziative di avvicinamento alla data. Dal 15 al 23 ottobre in cattedrale alle ore 17,30 ci sarà una novena di preghiera, con testi tratti dal Diario accompagnati da un commento di don Oreste Benzi. Inoltre dal 9 al 16 ottobre sarà visitabile sotto i portici della curia la mostra “Il segreto di Sandra”.
Nella conferenza stampa Monica Zanni, vice presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha raccontato un particolare inedito. Il giorno dopo l’incidente costato la vita a Sandra, lei e il futuro marito hanno accompagnato don Oreste a Roma perché aveva un’audizione in Rai come futuro conduttore di un programma religioso. “Durante il viaggio abbiamo letto e riletto il vangelo della resurrezione di Lazzaro. Don Oreste era certo che anche Sandra un giorno sarebbe risorta”. Arrivati alla Rai, don Oreste è introdotto in una stanza. Cosa è successo?, gli chiedono. “C’era una Bibbia, mi hanno chiesto di aprirla a caso e di commentare. È venuto fuori il brano della resurrezione di Lazzaro”.
Per ogni informazione consultare il sito sandrasabattini.org
Elezioni, preferenze: Marcello il solito recordman; exploit di De Sio nella Lega
Molte facce nuove nel consiglio comunale eletto con il voto di domenica e lunedì.
I 20 seggi spettanti alla maggioranza di centrosinistra sono così divisi: 11 al Pd, 7 alla Lista Jamil, 1 a Rimini Futura, 1 a Rimini Coraggiosa. I 12 seggi spettanti alla minoranza sono così divisi: 1 Ceccarelli, 4 Lega, 4 Fratelli d’Italia, 2 Gloria Lisi, 1 Movimento 3V.
Nel Pd il recordman di preferenze è il segretario dei giovani democratici Edoardo Carminucci (quello che si era vestito da donna) che ha raccolto 836 voti personali. Ha strappato il primato all’assessore uscente Mattia Morolli che ha ottenuto 797 preferenze. La capolista Roberta Frisoni si ferma a 518. Della pattuglia di cattolici messa per contrastare Gloria Lisi (che poi si è però apparentata coi grillini) entrano Guaitoli, Zamagni e Marchioni, resta fuori Tonelli.
Questi gli eletti: Edoardo Carminucci 836, Mattia Morolli 797, Roberta Frisoni 518, Manuela Guaitoli 452, Luca Cancellieri 420, anna Maria Barilari 369, Giulia Corazzi 366, Elisa marchioni 363, Giuseppe Neri 345, Giuliano Zamagni 307, Matteo Petrucci 304.
Nella lista civica Rimini Futura si conferma Luca Pasini con 209, il secondo è Manuel Mazzotti con 106. Per Rimini Coraggiosa entra in consiglio comunale il capolista Marco Tonti con 240 voti di preferenza. Il secondo è Gabriele Mancuso con 176 voti.
Nella Lista Jamil è arrivato primocon 410 voti il giovane Michele Lari, presidente di TeamBota e vice presidente di Sarà. Sono inoltre stati eletti Andrea Bellucci, 383; Daniela De Leonardis, 363 ; Marco Zamagni 350; Samuele Ramberti 330; Serena Soldati 243; Lucia Lamarra 238;
Gloria Lisi, in quanto candidata sindaco, entra automaticamente in consiglio comunale. Fra le sue liste a conquistare un seggio è “Rimini per Gloria Lisi sindaco”: ad essere eletto consigliere è una vecchia conoscenza della politica locale, Stefano Brunori, un tempo dell’Italia dei Valori.
In Fratelli d’Italia Nicola Marcello si conferma il recordman delle preferenze. Pur avendo cambiato partito (è passato da Forza Italia a Fratelli d’Italia) entra in consiglio comunale con 1.546 voti personali. In assoluto il candidato più votato in questa tornata elettorale. È riuscito a trascinare i suoi fan nella nuova casa politica. Nonostante l’assalto esterno, Gioenzo Renzi resta abbondantemente in pista con 1.015 preferenze. Al terzo posto si piazza il giovane Filippo Zilli, mentre arriva quarto (quattro i posti disponibili) l’ex di Forza Italia Carlo Rufo Spina con 286 preferenze. Praticamente Fratelli d’Italia ha confermato il gruppo consigliare uscente, dove uno solo era eletto nel 2016 (Renzi) mentre gli altri erano nuove acquisizioni. Fratelli d’Italia ha ottenuto il 13,77 per cento dei consensi, primo partito della coalizione, seppure per una manciata di voti.
Quattro seggi anche per la Lega, che conferma nel numero la rappresentanza uscente. Profondamente rinnovato invece il gruppo consigliare. Fra gli eletti, si piazza al primo posto con 709 preferenze l’avvocato Luca De Sio, al suo debutto in politica. Aveva fatto rumore la sua scelta di presentarsi in piazza, a diretto contatto con la legge; gli elettori lo hanno premiato. Al secondo posto si piazza un’altra new entry, Andrea Pari, collaboratore del consigliere regionale Matteo Montevecchi. Ha ottenuto 377 voti di preferenza. Al terzo posto troviamo un altro avvocato, Lorenzo Marchei, anch’egli al debutto in politica. Il quarto consigliere è invece uno storico militante della Lega, Matteo Zoccarato che entra con 235 preferenze. Restano fuori i consiglieri uscenti Gennaro Mauro (233, solo due in meno di Zoccarato) e Carlo Grotti, appena 56 voti. Da segnalare che il capolista Gimmi Baldinini ha ottenuto 24 voti. In consiglio comunale entra anche Enzo Ceccarelli, in quanto candidato sindaco.
Le liste del centrodestra che non hanno espresso consiglieri. In Noi amiamo Rimini il capolista Lucio Paesani ha raccolto 312 voti personali; Davide Frisoni, nella sua lista, 242 voti; il capolista del popolo della Famiglia, Sergio de Vita, 81 voti; In Rinascimento Sgarbi, Manola Lazzarini ha avuto 15 voti; nella casa dei moderati si distingue Carlo Pasqualone con 140 voti.
Grazie al sistema elettorale, entra in consiglio comunale anche Matteo Angelini, candidato sindaco del Movimento 3V.