“È la storia di un uomo. Anzi, di due. O di almeno cinque. Ma in realtà è la storia di tutti noi. Di un arrembaggio all’impossibile, che ne scassa i forzieri e fa piovere intorno i suoi incredibili, clamorosi tesori.

Tesori che invece di trasformarci da poveri in ricchi, fanno tanto, tantissimo meglio: ci trovano schiavi e ci rendono uomini liberi”.

Fabio Genovesi introduce con queste parole la storia che racconta in Cadrò, sognando di volare, uscito da Mondadori nel gennaio scorso. È la storia di Fabio e di don Basagni, ed in controluce l’epica di Marco Pantani e di quell’irripetibile estate del 1998 con il duplice trionfo al Giro d’Italia e al Tour de France.

Fabio ha ventiquattro anni ed è il prototipo dello sfigato, vive una vita che non è la sua. Studente di giurisprudenza per una scelta obbligata, alla famiglia dà d’intendere di essere prossimo alla tesi, quando invece non ha dato che pochi esami. Pensa di raggiungere gli amici in vacanza a Siviglia, quando gli arriva la cartolina che lo spedisce al servizio civile in un convento sull’appennino toscano. Lì dovrebbe fare l’educatore, ma in quel luogo sperduto ci trova solo personaggi inverosimili. Un sacerdote, don Mauro, che continuamente aggiusta un pulmino che non serve a nessuno perché i ragazzi non ci sono più; Gina, una bambina che si crede una gallina, e don Basagni, il direttore, un anziano sacerdote scorbutico e lunatico che non esce mai dalla sua stanza e che ha alle spalle un passato di missionario in America Latina.

Ben presto Fabio scopre che uno dei suoi compiti è andare a lavare don Basagni, che all’inizio lo tratta con ostilità e nemmeno gli rivolge la parola. Ma quelli sono i giorni del Giro e poi del Tour, e Fabio e don Basagni scoprono di avere una passione in comune, il ciclismo, o meglio le strabilianti imprese di un ragazzo di Cesenatico che corre con una bandana in testa. Pagina dopo pagina, il romanzo diventa l’epopea del Pirata, quell’atleta che torna sulla bicicletta dopo un incidente che gli è costata la frattura di tibia e perone.

Le gesta del Pirata sono raccontate in una prosa febbrile e dirompente che ha il respiro della poesia: i duelli con lo svizzero Zulle e con il russo Tonkov al Giro, il lutto per la morte del mentore e direttore sportivo Luciano Pezzi, le fatiche al Tour con quell’incredibile fuga nella penultima tappa sul colle del Galibier, quando riesce a dare ben nove minuti al diretto rivale Urlich, ipotecando la vittoria finale. Le scalate in velocità di Marco Pantani (“Le faccio per abbreviare la mia agonia”, disse a Gianni Mura, grande giornalista scomparso in questi giorni) diventano la metafora di quell’arrembaggio all’impossibile di cui ognuno sente la spinta interiore.

E le gesta del Pirata smuovono anche Fabio e don Basagni, che finalmente fanno i conti con se stessi, decidono di non mentirsi più e compiono il gesto liberatorio di partire per Cesenatico per andare a festeggiare il loro eroe. “Naufraghi stupendi alla deriva, che piangono e ridono, piangono e ridono, aggrappati stretti a questa folle, smisurata, impossibile meraviglia”.

Come la prosa di Genovesi, che commuove e suscita sorrisi, e conquista ad ogni pagina.

Pasqua è ormai saltata, ma la stagione turistica estiva ha ancora qualche possibilità di essere recuperata? È la domanda che si pongono tutti gli operatori, e la risposta è strettamente legata alla data di scadenza del lockdown imposto al Paese. Thrends, società della riminese Teamwork specializzata in analisi turistiche, ha provato a disegnare gli scenari a seconda che la fine dell’emergenza avvenga il 15 aprile, o il 30 aprile o il 15 maggio.

Nelle destinazioni mare, se il lockdown terminerà il 15 aprile,  si prevede, nel periodo che va da aprile a dicembre, una riduzione delle presenze del 43%; se terminerà a fine mese il calo potrebbe essere del 49%; nell’ipotesi 15 maggio la riduzione diventerebbe maggiore fino ad arrivare al 54%. 

Nello scenario del 15 aprile ci si può aspettare che il mercato domestico possa contenere la riduzione nel mese di agosto. Anche se c’è l’incognita della riduzione delle ferie, che molte aziende hanno utilizzato  in forma obbligatoria dopo la chiusura degli stabilimenti. Da tener presente inoltre la riduzione delle capacità di spesa che avranno molte famiglie italiane. Il mercato estero potrebbe invece registrare diminuzioni di oltre il 50% delle presenze con una tendenza di ripresa molto più contenuta.

Se il lockdown terminerà il 15 maggio, a causa del lungo periodo di incertezza che ha colpito il mercato domestico e quelli internazionali, il mese di giugno risulterà compromesso. Poche strutture aperte potrebbero però raccogliere volumi delle numerose chiuse.

Inevitabilmente, a maggior ragione, sarà agosto il mese in cui si concentrerà la domanda domestica e la debolissima domanda estera.

L’indagine prende in esame anche gli altri settori del turismo (business, città d’arte, montagna, laghi). Per il turismo business (e Rimini vi è pure coinvolta) i cali di presenze previsti vanno dal 39% al 50%. 

Lo studio evidenzia che gli scenari descritti porterebbero il sistema alberghiero italiano sui livelli di domanda della fine degli anni ‘70. Il 2020 farebbe gli stessi numeri del 1978. La perdita globale per il sistema alberghiero italiano potrebbe aggirarsi intorno ai 125 milioni di presenze. Una riduzione del 45% sui volumi medi del biennio 2018-2019.

È come se sparisse il volume di notti realizzato da circa 2,670 hotel di buone dimensioni (annuali, da 100 camere, con una occupazione media del 65%). Oppure quello di 8.000 hotel di dimensione media (italiana).

La crisi però non coinvolge solo gli alberghi.  I suoi severi impatti si faranno sentire su indotto, sistema bancario, occupazione ma anche nel sistema pubblico, a partire dai Comuni: se anche si considerassero, come tassa di soggiorno, solo 3 euro a presenza, il migliore degli scenari comporterebbe incassi mancati presso i Comuni per almeno 375 milioni di Euro. Senza considerare i mancati incassi legati alla tassazione di altro tipo.

Thrends giustamente osserva che probabilmente non è chiara a tutti i non addetti ai lavori la gravità della crisi alberghiera prodotta dall’emergenza sanitaria Coronavirus.  Si potrebbe fraintendere che siano esclusivamente i mesi di marzo ed aprile a determinare il calo che si registrerà per il 2020. Ma non è così, le conseguenze sono più estese e più gravi, è una crisi che non ha precedenti e comparazioni con altri precedenti shock della domanda.

La situazione inedita non consente di azzardare previsioni per il 2021 e 2022. “Date però le sue cause e il fatto che i Paesi potrebbero organizzarsi meglio nel corso del 2020, - conclude lo studio - questa potrebbe essere una crisi di gittata molto limitata, quindi con effetto significativo sul solo 2020 ed inizi del 2021. Aspetto, quest’ultimo, che lascia ben sperare per il comparto nel medio termine e per i fondamentali del segmento più rilevante fra quelli che compongono l’industria turistica italiana.

La vita di don Elio Piccari, morto nella notte fra martedì e mercoledì all’età di 83 anni, è stata segnata dell’incontro con don Oreste Benzi. Un rapporto durato quasi sessant’anni. Amicizia, stima reciproca, figliolanza, discepolanza, paternità reciproca: è fatica trovare le parole giuste per raccontare il legame fra questi due sacerdoti. Una vita sempre insieme, eppure don Elio fino all’ultimo si è rivolto a don Oreste dandogli del “lei”. Non era certo per distacco o lontananza, ma per un rispetto profondo, sacrale, forse il riconoscimento di una diversità radicale. Una volta ci provò a dargli del tu, ma diventò rosso come un peperone, e fu la prima ed ultima volta.

Andrea e Giovanni incontrarono Gesù. Nel proprio Vangelo, Giovanni ricorda che erano le quattro del pomeriggio. Quell’incontro era stato così decisivo per la sua vita che a distanza di molti anni ricordava ancora l’ora. Anche don Elio Piccari a distanza di decenni ricordava benissimo il suo primo incontro con don Oreste. Ricordava non solo l’ora, ma il giorno esatto, l’anno, e molti altri particolari. Era il 7 ottobre 1948, un lunedì, in seminario, all’ora di pranzo. Quel giorno servivano riso in bianco. In quel momento don Elio era un ragazzino di undici anni. “Ricordo – diceva – la sua gioia, la sua risata serena, la positività che viveva e sapeva trasmettere agli altri”.

Ordinato sacerdote nel 1961, don Elio fu prima cappellano a Santarcangelo di Romagna, poi nel 1965 a Miramare. “Lì – ha raccontato in una intervista – ho fatto  un’esperienza bellissima tra i giovani. La messa più bella la facevamo in barca, alle 3 del mattino. Aspettavamo che il sole si affacciasse sulla linea dell’orizzonte e iniziavamo: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…”. Era bellissimo”.

Negli anni Sessanta del post Concilio faceva parte, insieme a don Oreste e ad altri giovani sacerdoti, della cosiddetta Università di Spadarolo: studiavano psicologia e pedagogia per meglio lavorare con i giovani e approfondivano i temi conciliari, soprattutto il concetto di Chiesa come popolo di Dio.
Nel 1968, insieme a don Oreste, don Romano Migani e a don Sisto Ceccarini partecipò alla Grotta Rossa alla fondazione della parrocchia della Resurrezione. Sempre nel 1968 si tenne a Canazei il primo campeggio con i ragazzi handicappati, “diretto stupendamente da don Elio”, dirà sempre don Benzi. Quel campeggio fu in qualche modo l’atto fondativo della Comunità Papa Giovanni XXIII, e don Elio ne fu partecipe, collaborando ai campeggi e alla direzione spirituale di molti giovani, condividendo fino all’ultimo il carisma della condivisione di Cristo povero.

Don Elio è stato il primo testimone della santità di don Benzi, lo ha conosciuto nel privato, è lui che per primo lo ha descritto come un contemplativo nell’azione. Certamente la sua testimonianza al processo di beatificazione è stata quella più ricca di particolari sconosciuti ai più.
Con don Oreste ha sempre vissuto in parrocchia, e dal "prete dalla tonaca lisa" ha preso il testimone della Grotta Rossa nel 2000. Al raggiungimento dei 75 anni, a sua volta don Elio l'ha "ceduta" all'attuale parroco don Renzo Gradara, con il quale ha continuato a collaborare.

Le esequie saranno celebrate in forma privata giovedì 26 marzo alle ore 15.30 nel cimitero di S. Aquilina.
Don Elio sarà ricordato anche nella messa celebrata da don Renzo Gradara nella parrocchia della Grotta Rossa (a porte chiuse) alle ore 17.30 di giovedì, venerdì e sabato 28 marzo.

Trovarsi a vent’anni ricoverato in un ospedale psichiatrico. Le autorità hanno emesso un TSO perché a causa di un moto di rabbia ha distrutto la casa e ha fatto venire un collasso nervoso  al padre. Tutto per l’incapacità di sopportare un’ingiustizia che a lui sembra enorme, senza senso. Ha appena visto con i propri occhi che un incidente sul lavoro ha trasformato un ingegnere nucleare di 35 anni in un bambino che ha bisogno delle cure e delle carezze dei genitori. Allo psichiatra racconta: "Ma non so' riuscito a smette de pensa' a quel ragazzo, m'è montata una rabbia, possibile che nessuno s'accorge che semo' come piuma? Basta 'no sputo de vento pe' portacce via. A che cazzo serve tutto?". Per Daniele Mencarelli ogni dolore umano rappresenta un urto, un male intollerabile. Nel suo primo romanzo, La casa degli sguardi, il pugno nello stomaco era rappresentato dallo scandalo per il dolore innocente, quello dei piccoli ricoverati all’ospedale pediatrico Bambin Gesù. Quell’anno di permanenza sotto gli sguardi dei bambini ammalati costituisce il suo faticoso itinerario verso la rinascita.

In Tutto chiede salvezza, uscito da Mondadori nelle scorse settimane, siamo al prequel, a ciò che accadde cinque anni prima, nell’estate del 1994, quella dei mondiali negli Stati Uniti. Anche in questo romanzo Mencarelli mette a nudo senza pudore le sue fragilità, i suoi errori. Una scelta carnale e realistica che conduce il lettore a immergersi in un’esperienza autentica. Daniele ha vent’anni, si è iscritto senza successo a giurisprudenza, ha trovato lavoro come rappresentante di climatizzatori. Da tempo entra ed esce dagli studi psichiatrici, senza che i medici riescano ad emettere una diagnosi precisa. Scrive poesie, ma l’unica persona a cui le legge è sua madre. La sua vita è un grido. Dice al dottore dell’ospedale: “Che cura può esiste per come è fatta la vita, voglio di’, è tutto senza senso, e se ti metti a parla’ de senso ti guardano male, ma è sbagliato cerca’ un significato? Sennò come spieghi tutto, come spieghi la morte? Come se fa ad affrontare la morte di chi ami? Se tutto è senza senso non lo accetto, allora vojo morì”.

Domande a cui gli psichiatri che incontra, descritti come cinici e freddi burocrati del disagio, non concedono un briciolo di empatia. Trova invece un’inaspettata corrispondenza con i compagni di sventura, gli altri cinque ricoverati nella stessa stanza. Da Madonnina, così chiamato perché ossessivamente ripete “Maria ho perso l’anima, aiutami Madonnina mia”, a Gianluca, nella cui mente bipolare di ragazzo vive una donna; da Alessandro, che da quando, manovale con il padre muratore, ha tirato su storto il suo primo muro, guarda fisso un punto nel vuoto, al gigante apparentemente buono, Giorgio, fino a Mario, il maestro elementare messo a riposo, che di Tso ne ha collezionati già quattro.  Giorno dopo giorno, Daniele Mencarelli scopre che quelle persone rifiutate dalla vita, quei reietti, sono la cosa più somigliante alla propria natura che gli sia mai capitato d’incontrare. Uomini feriti, fragili, che chiedono salvezza.

Il Virgilio che lo conduce a questa scoperta è Mario, che fra un discorso e l’altro, gli butta là frasi di questo tipo: “Un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi". Lo stesso Mario che un giorno gli espone il pensiero che alcuni uomini vivono la nostalgia del prima, del paradiso, di Dio, e quindi aspirano a tornare a quella condizione. “In questa aspirazione – ha detto Mencarelli in un’intervista -  c’è appunto la presenza di qualcuno che sia in grado di salvare. Perché noi da soli non ci possiamo salvare”. Tutto chiede salvezza.

Era nato come esperimento per una settimana, per fronteggiare l’annunciato momento del picco dell’epidemia. L’esperimento finora ha funzionato, nessuno fra anziani ospiti, operatori e suore è stato contagiato dal coronavirus. E quindi continuerà anche per questa settimana, probabilmente anche oltre, l’auto isolamento della casa di riposo Maccolini, in via D’Azeglio a Rimini, una delle storiche strutture di assistenza alla popolazione anziana, gestita dal 1900 dalla Congregazione Suore di Carità dette di Maria Bambina. Dal punto di vista sanitario è una 'quarantena preventiva' volontaria, per suor Rita Benigni, 73 anni, superiora della comunità delle suore, è molto di più: “è un’avventura della carità”, dice al telefono.  Un’avventura che coinvolge 142 anziani suddivisi in sei nuclei, la comunità delle suore (venti ricoverate in infermeria) e un nutrito gruppo di operatori esterni. 

Certo è un esperimento a cui tutta l’Italia dovrebbe guardare, ogni giorno rimbalzano sui giornali le notizie di case di riposo dove gli anziani  a volte sono contagiati a decine. Basta che se ne infetti uno e l’effetto domino è scontato. “Tutto è nato – racconta suor Rita – nell’ascoltare che tutti dovevamo restare a casa per non esporci al contagio. Anche noi siamo a casa, anche il Maccolini è una casa. Tante famiglie ci affidano i loro cari e per questo ci sentiamo responsabili della loro incolumità, essi non sono semplicemente ospiti ma persone deboli e fragili che ci stanno a cuore e che meritano fino all'ultimo la nostra massima attenzione in questo difficile momento. Per cui abbiamo riflettuto: come possiamo realizzare l’imperativo ‘io resto a casa’? Non possiamo – ci siamo detti - restare a casa senza i nostri operatori, possiamo metterci in quarantena se anche loro stanno con noi, in modo che veramente non ci sia più nessun contatto con l’esterno”.

Quando era scoppiata l’emergenza, la casa di riposo aveva assunto i primi provvedimenti: chiusura della casa alle visite dei parenti, dispenser con igienizzanti in ogni angolo della struttura, mascherine agli operatori. Ma per varare l’operazione #iorestoalMaccolini bisognava fare un salto. È stata quindi lanciata la proposta dell’auto isolamento volontario fra i circa cento operatori della cooperativa Il Girasole che si occupano della casa di riposo. All’inizio hanno dato la disponibilità in venti. Troppo pochi, non si può fare. Qualcuno non se la sentiva, per ragioni più che comprensibili. C’è chi non può assentarsi dalla famiglia, chi teme di non reggere allo stress. Poi il confronto fra gli operatori ha fatto lievitare le disponibilità, fino a raccoglierne 45. “A questo punto – prosegue suor Rita – abbiamo detto: ce la possiamo fare. Anche noi suore ci siamo rimesse in gioco per dare una mano, chi per aiutare nei pasti, chi alla portineria. Anche se credo che il nostro compito più grande sia quello della preghiera, affidare alla bontà di Dio questa nostra comunità, perché tutti siano salvi da questo virus”. Suor Rita sa come muoversi in queste situazioni perché è infermiera caposala della vecchia scuola. Nella comunità delle suore c’è anche un medico, suor Emilia, che può prestare assistenza peri piccoli malanni quotidiani, senza bisogna di rivolgersi all’esterno.  I posti letto per gli operatori sono stati ricavati nella palestra e in parte nella chiesa annessa all’istituto. I vari reparti sono stati isolati. Il cibo da una settimana arriva sigillato in contenitori a perdere per evitare contaminazioni. 

"Ci siamo sentite subito di rispondere a questa chiamata – aggiunge a sua volta Laura Buscarini, responsabile dei servizi socio-assistenziali - perché abbiamo a cuore i nostri nonni.  Ogni giorno ci prendiamo cura di loro e ci sembrava giusto intensificare la nostra cura amorevole in questo difficile momento. Non abbiamo paura di restare qui e daremo il massimo in questa difficile situazione. Abbiamo anche organizzato dei momenti di svago che ci permettono di passare serenamente anche le ore di riposo tra un turno e l'altro”.

L’avventura della carità continua. 

Sta circolando anche fra genitori insegnanti delle scuole paritarie di Rimini la petizione lanciata online da suor Anna Monia Alfieri per chiedere “la detraibilità integrale del costo delle rette versate alle scuole pubbliche paritarie  dalle famiglie nei mesi di chiusura delle scuole, tenendo conto del “costo standard di sostenibilità per allievo” già da tempo definito dal Ministero economico”.

L’emergenza coronavirus sta avendo conseguenti pesanti sulle scuole paritarie che, in assenza di una reale parità, anche fiscale ed economica, si reggono pressoché esclusivamente sulle rette pagate dalle famiglie. Le rette sono un sacrificio enorme per le famiglie già in tempi normali, adesso con la maggior parte delle attività economiche bloccate, cassa integrazione e partite IVA che saltano, il pagamento della retta diventerà sempre di più un’impresa ciclopica. I Comuni hanno annunciato che non faranno pagare le rette di marzo, ma ciò che per il sistema pubblico è possibile non lo è per le scuole paritarie. Se i genitori non pagano, non ci sono entrate per mantenere il servizio scolastico.

Se chiudono le 12 mila scuole paritarie, gli alunni si riverseranno sulle scuole statali, provocando un pesante aggravio sul bilancio.

“In questi giorni in cui il Governo e il Parlamento stanno decidendo le misure per sostenere l’economia italiana, - si legge nella petizione - si sta pensando, come non è mai stato fatto in passato, a sostenere la famiglia, che sta rivelandosi l’istituzione unica e insostituibile nel blocco generalizzato di scuole, negozi, uffici e fabbriche.

In questa emergenza è importante che anche alle famiglie, che frequentano le scuole paritarie, debbono essere riconosciuti appropriati ammortizzatori sociali.

E’ doveroso che ricevano almeno il rimborso della retta i genitori che hanno pagato le tasse, hanno pagato la seconda volta con la retta, ora la terza per la baby sitter, sussidi tecnologici e logistici per le lezioni a distanza, senza contare il rischio per tanti della perdita del lavoro.

L’emergenza rende evidente che le rette sono una discriminazione nei riguardi dei genitori italiani rispetto ai genitori europei che sono liberi di scegliere la scuola paritaria senza oneri aggiuntivi.

Le rette sono una discriminazione ancor più grave nei riguardi dei genitori non abbienti, che da sempre in Italia non hanno mai potuto esercitare un loro diritto universalmente di scegliere tra scuole statali e paritarie.

La sospensione della didattica è stata decisa dal Governo per far fronte all’emergenza e non è stata una scelta delle scuole paritarie. Le famiglie continuano a versare le rette alle scuole per solidarietà ai docenti e al personale, retribuiti per legge come il personale delle scuole statali.

La scuola paritaria, che in questo frangente rischia la chiusura, privando dell’istruzione decine di migliaia di alunni, non vuole soldi per sé: chiede che le famiglie possano continuare a scegliere senza vincoli dove far studiare i propri figli, consapevoli che la libertà dell’istruzione di oggi migliora il domani di tutti”.

La petizione si può sottoscrivere a questa url Firma la petizione Finora sono state raccolte circa 24 mila adesioni l'obiettivo èarrivare a 50 mila.

Qui un articolo di suor Anna Monia Alfieri  Diamo un Futuro all’Italia salvando oggi la Scuola

Di mestiere non fa l’albergatore, ma si è trovato a dover gestire la trasformazione di buona parte di un hotel in una sorta di reparto ospedaliero. Di mestiere fa il giramondo, non per motivi turistici, ma perché il suo incarico di segretario generale dell’Associazione Papa Giovanni XXIII lo porta nei paesi dove si trovano comunità e case famiglia. Pensava che il coronavirus lo costringesse a stare un po’ a casa con la moglie e il figlio, e invece si trova ancora una volta in prima linea. 

Giampiero Cofano si trova a gestire il primo albergo in Italia destinato all’emergenza coronavirus. 

Un po’ di giorni fa si è sentito chiamare dalla prefettura che era alla ricerca di 400 posti letto dove poter alloggiare le persone uscite dall’emergenza, in modo da liberare posti letto negli ospedali altrimenti destinati al collasso. La prefettura chiedeva se avevano posti disponibili nella varie comunità e case famiglie. A Giampiero è invece immediatamente venuto in mente l’Hotel Royal di Cattolica, una bella struttura ricettiva in prima linea, sul mare, dove in estate trascorrono le vacanze ragazzi e famiglie della comunità. Non sfuggiva a lui e a quanti lavorano nell’albergo quanto fosse diverso accogliere persone alle prese con un virus contagioso e letale, rispetto a un gruppo di profughi, come avvenuto in passato, a cui basta dare un tetto e un pasto. Riunione straordinaria, in call conference, del consiglio generale della comunità e del consiglio d’amministrazione dell’hotel, e alla fine il giudizio condiviso è uno: “Questi sono i nuovi poveri, sono i lebbrosi del nostro tempo, non possiamo tirarci indietro”. 

Quindi l’Hotel risponde di sì alla chiamata della prefettura e nello stesso tempo Cofano si mette al lavoro per stendere nero su bianco i protocolli da seguire per garantire la massima sicurezza agli ospiti che arriveranno e agli operatori che dovranno lavorare per loro. “Non esiste un precedente di un’esperienza di questo genere. – spiega Cofano – In breve tempo abbiamo dovuto inventare qualcosa di nuovo”. 

L’Hotel Royal è capace di ospitare 150 persone ma le camere con bagno completamente indipendenti sono 48. Quindi la disponibilità offerta all’Asl è fino a 48 persone. All’albergo saranno inviati soggetti che devono fare la quarantena, persone risultate positive al test ma asintomatiche, pazienti clinicamente senza più sintomi ma che ancora devono trascorrere il periodo per essere anche “legalmente” guariti. Non si sentiranno in vacanza, ma affacciandosi alla finestra potranno vedere il mare. Da sabato scorso ha cominciato ad ospitare i primi pazienti.

Gli otto operatori che si occuperanno di loro staranno in auto isolamento dentro l’hotel. Non andranno a casa, non usciranno, in modo da evitare di portare qualsiasi agente patogeno dentro la struttura. A tutti loro Cofano ha dato la maglietta stampata due anni per il cinquantesimo dell'Associazione. Porta la scritta Io ci metto la vita, un hashtag diventato carne viva. Altri provvedimenti riguardano la gestione. “Per la pulizia delle camere mi sono rivolto ad un’agenzia specializzata nelle pulizie ospedaliere. All’Asl bastava il cloro ma io ho voluto l’ozono”. Allo stesso modo ha proceduto per lenzuola e asciugamani. I pasti sono preparati da una ditta che li porta, caldi in confezioni sterili. Speciali precauzioni anche per la raccolta dei rifiuti provenienti dalla camera in isolamento. “Inoltre – racconta Giampiero Cofano – nelle camere e negli spazi comuni ho ridotto al minimo il mobilio e gli accessori. Ho fatto togliere anche i quadri. Questo perché in questo modo avremo meno superfici da sanificare quotidianamente”. Inoltre l’accesso all’hotel è stato spostato nel lato mare, con un percorso protetto fino alla zona dell’isolamento. 

Cofano spiega che questi accorgimenti, che forse non saranno nemmeno tutti rimborsati, “sono stati presi per il bene delle persone ospitate e per i bene dei collaboratori che hanno avuto il coraggio di affrontare questa situazione. Mi sono tenuto su standard alti per garantire il massimo della sicurezza”.

Gli operatori, che non entreranno per nessun motivo nelle camere dei pazienti, dovranno far misurare la febbre agli ospiti, dovranno tenere un diario dove registrare se mangiano con appetito, e altre osservazioni utili per i sanitari. Qualora si manifestassero sintomi saranno chiamate le autorità sanitarie competenti.
«E’ un modello che mi auguro possa essere replicato in altre parti d’Italia. E' il tempo della responsabilità. Quando la Prefettura ci ha contattato abbiamo offerto immediatamente la nostra collaborazione alle Autorità, dando la disponibilità ad accogliere fino a 50 persone per volta», spiega Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Papa Giovanni XXIII.

 

(Rimini) La 93ª Adunata Nazionale degli Alpini, in programma dal 7 al 10 maggio a Rimini-San Marino, è stata rinviata alla seconda metà di ottobre - fatte salve valutazioni successive che saranno legate all'evolversi dell'emergenza - tenendo conto anche delle comunicazioni ricevute dalle autorità del Comune di Rimini e della Repubblica di San Marino.
Lo ha deciso all'unanimità il Consiglio Direttivo Nazionale dell'Associazione Nazionale Alpini, riunito oggi in videoconferenza.
Il rinvio è stato ovviamente determinato dal perdurare dell'emergenza sanitaria nazionale, che rende non realizzabile la concentrazione di alcune centinaia di migliaia di persone per tre giorni in una sola località.
"L'esigenza di tutelare la salute di tutti – ha sottolineato il presidente nazionale dell'Ana, Sebastiano Favero – è prioritaria. L'Adunata, che dalla fine della Seconda guerra mondiale non si è mai interrotta, è la più importante manifestazione al mondo organizzata da una Associazione d'arma, con lo spirito di amicizia e solidarietà che da sempre contraddistingue gli Alpini. Un grande messaggio di pace e fratellanza che rimane ovviamente immutato anche con uno spostamento di alcuni mesi. In autunno – continua Favero - sarà ancora più bello ritrovarsi e, auspicabilmente, festeggiare tutti insieme la fine di questo difficilissimo momento per il nostro Paese".
"Nel frattempo – conclude Favero – uomini e donne dell'Associazione Nazionale Alpini continueranno con immutato spirito di servizio a lavorare a sostegno degli interventi di emergenza in atto, non solo a Bergamo, dove diventerà operativo il nostro Ospedale da campo in tempi brevissimi, ma in tutto il Paese, portando ovunque il loro contributo di solidarietà e capacità, da sempre conosciuto ed apprezzato".

Nuove e ulteriori misure di prevenzione e contrasto alla diffusione del Coronavirus nell’intero territorio della provincia di Rimini. Le prevede l’ordinanza firmata questa sera dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini.

L’atto si articola su tre pilastri di fondo. Sospensione pressoché generalizzata della attività economiche, ad esclusione di quelle essenziali o che autolimitino i contatti fra le persone al proprio interno; il rafforzamento dello stop a tutte le attività sociali per assicurare efficacemente il contenimento e il distanziamento sociale e un riassetto complessivo della mobilità della provincia che punta a potenziare i controlli sulle regolarità degli spostamenti delle persone all’interno dei criteri fissati dal Decreto governativo dello scorso 8 marzo (solo motivi comprovati di lavoro, salute o necessità essenziali).

L’ordinanza arriva dopo la relazione inviata in Regione dal Direttore generale della Ausl di Romagna che chiede un intervento straordinario in tema appunto di “contenimento e distanziamento sociale” nel territorio provinciale alla luce della “preoccupante evoluzione epidemiologica del COVID-19 nei territori dei due Distretti sanitari di Rimini”. Una situazione che rischia di mettere “in gravissima difficoltà i presidi ospedalieri dell’intera area riminese”.

Inoltre, alcuni territori comunali della Provincia (Cattolica, San Giovanni in Marignano, Riccione, San Clemente, Morciano di Romagna, Misano Adriatico), caratterizzati da una particolare incidenza di contagio calcolata nel rapporto tra popolazione e positivi al virus, sono confinanti con il territorio della provincia di Pesaro e Urbino con il quale, per ragioni lavorative, esiste una assidua mobilità di interscambio, provincia confinante che a sua volta presenta un numero di positivi al virus altrettanto importante e in costante aumento.

Il presidente Bonaccini ha agito poi sulla base di un documento dei sindaci del riminese che chiedeva misure restrittive delle attività economiche e della mobilità delle persone fino a prefigurare l’istituzione di una vera e propria nuova zona rossa. Alla luce di questa richiesta, sentiti il presidente della Provincia di Rimini, il sindaco del Comune di Rimini e il Prefetto, che hanno condiviso con lui le scelte, ha adottato le ulteriori restrizioni il cui obiettivo è quello di evitare l’aggravamento della situazione sanitaria, con l’ulteriore diffusione del contagio.

Nel corso della giornata di domani, la viabilità provinciale subirà rilevanti modificazioni: molte strade secondarie subiranno un blocco di interdizione al passaggio dei mezzi per convogliare il traffico lungo le principali direttrici della provincia e consentire così controlli più efficaci da parte delle forze dell’ordine. Sempre domani, sarà cura della Provincia e dei Comuni interessati fornire ai cittadini ulteriori dettagli circa la viabilità modificata. Per tali interventi, peraltro, le istituzioni locali per tramite della Prefettura di Rimini hanno richiesto al Governo un adeguato potenziamento di uomini e mezzi.

L’intero provvedimento entra in vigore già dalla mezzanotte di oggi, a eccezione dell’articolo 1 – sulla sospensione delle attività produttive di beni e servizi - la cui efficacia decorre dalla giornata di lunedì, e restano in vigore al prossimo 3 aprile.

Ecco le misure previste nell’ordinanza.

Sospese le attività produttive
Viene disposta la sospensione delle attività produttive di beni e servizi da parte di persone fisiche e aziende sul territorio della Provincia di Rimini.
Sono escluse le attività produttive di beni alimentari e di quelle con accertate esigenze di produzione finale e di spedizione di prodotti giacenti in magazzino, a condizione che operino esclusivamente attraverso l’attuazione di idonei protocolli organizzativi – preceduti dalla redazione di specifici documenti di valutazione del rischio (ai sensi del Decreto Legislativo n.81/2006) - che prevedano misure di prevenzione del contagio quali:
-impiego di personale prioritariamente proveniente dal distretto sanitario della Provincia di Rimini in cui ha sede l’azienda;
-utilizzo di ogni dispositivo di protezione specifica dal contagio necessario (mascherine, guanti e kit);
-sistematica sanificazione degli ambienti di lavoro;
-rispetto della distanza tra le persone superiore a 1,5 metri;
-scaglionamenti degli orari di ingresso per impedire afflussi di personale in contemporanea;
-impiego del personale in presenza strettamente limitato al contingente essenziale alle attività sopra indicate e anche al ricorso al lavoro a distanza e in smart working;
-chiusura di spogliatoi e luoghi di aggregazione all’interno e all’esterno delle strutture produttive;
-divieto di riunioni sia all’esterno e all’interno dell’azienda con presenza fisica;
-chiusura degli accessi alle persone che non hanno rapporto di lavoro con le aziende.

Aperti idraulici e meccanici
Sono escluse dall’obbligo di chiusura le attività di produzione di servizi urgenti per consentire la permanenza delle persone nelle abitazioni (idraulici, elettricisti, ecc.) e per consentire la sola mobilità consentita utilizzando mezzi privati (meccanici, elettrauto, gommisti, ecc.).

Aperte farmacie, parafarmacie e negozi di generi alimentari
È ammesso esclusivamente l’esercizio delle seguenti attività commerciali: negozi di generi alimentari, le farmacie e parafarmacie, i fornai, i rivenditori di mangimi per animali, le edicole, i distributori di carburante per autotrazione ad uso pubblico, il commercio al dettaglio di materiale per ottica, la produzione agricola e l’allevamento, i servizi di rifornimento dei distributori automatici di sigarette, i servizi di rifornimento delle banconote agli sportelli dei Bancomat e Postamat, le attività di trasporto connesse al rifornimento di beni essenziali.
Solo una persona per nucleo familiare può eccedere agli esercizi commerciali, fatta eccezione per la necessità di dover recare con sé minori, disabili o anziani.

Chiusi parchi pubblici, arenili e lungomari
E’ prevista la chiusura di parchi pubblici, orti comunali, aree di sgambamento cani, arenili in concessione e liberi, aree in adiacenza al mare, lungomari, aree sportive a libero accesso, servizi igienici pubblici e privati ad uso pubblico e divieto di utilizzo delle relative strutture, aree attrezzate per attività ludiche.

Attività agricola solo con personale residente
È ammessa l’attività agricola svolta con personale residente o comunque presente nel territorio provinciale.

Sospesi i cantieri
Chiusi tutti i cantieri di lavoro ad eccezione di quelli urgenti connessi ai lavori di messa in sicurezza del territorio e a quelli relativi ad opere pubbliche di somma urgenza.

Garantita la raccolta rifiuti e la consegna di farmaci
Viene comunque garantito il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti e il servizio di consegna a domicilio di farmaci e generi alimentari per le persone in isolamento domiciliare fiduciario.

Riduzione del trasporto pubblico locale
Viene prevista la riduzione temporanea del programma di esercizio delle linee del trasporto pubblico locale con eventuale soppressione o limitazione degli orari delle corse di linea.

Bisogna infine ricordare che il personale impiegato nelle strutture e nei servizi e nelle attività consentite, così come nei servizi pubblici essenziali, potrà spostarsi derogando dall’ordinanza solo attraverso autodichiarazione.

Ordinanza regionale del 20 marzo testo integrale

I big data potranno aiutarci a sconfiggere la pandemia di coronavirus? È giusto utilizzare dati personali, desunti per esempio dagli smartphone e dalle app, per tracciare i nostri movimenti e fornire così preziose informazioni a chi deve prevedere la diffusione del virus e studiare strategie contrasto? Il dibattito è aperto e lo stesso rigoroso GDPR (la normativa europea sulla privacy) esplicitamente, all’articolo 46, riconosce che il trattamento dei dati personali può essere usato per tenere sotto controllo l'evoluzione di epidemie e la loro diffusione o in casi di emergenze umanitarie, in particolare in casi di catastrofi di origine naturale e umana.

In attesa che il governo si trasformi in un gigantesco Big Brother (stile Orwell, non stile programma tv), ci sono istituti scientifici che autonomamente hanno provato ad elaborare dati per verificare come sono cambiati nel tempo, a seconda dei provvedimenti restrittivi assunti, i comportamenti degli italiani. 

È lo studio, tuttora in corso, dell’Isi di Torino (Istituto per l’interscambio scientifico) che ha utilizzato i big data per verificare come è cambiate la mobilità degli italiani. I dati sulla mobilità provengono da Cuebiq che ha elaborato un programma, Data for Good, che raccoglie in modo anonimo informazioni sulla posizione degli utenti che hanno scelto di utilizzare le applicazioni per smartphone e hanno acconsentito ad essere tracciati. In pratica, un campione di circa 170 mila utenti. 

La ricerca ha preso in esame tre periodi: la settimana dal 22 febbraio al 28 febbraio, quando furono introdotte le prime restrizioni nell'area iniziale dell'epidemia; la settimana dal 29 febbraio al 6 marzo, quando le restrizioni sono state estese al Nord Italia; il periodo 3 dal 7 marzo al 10 marzo, quando è stato attuato il blocco nazionale.

Nella settimana dal 22 al 28 febbraio la riduzione della mobilità nelle province di Lodi e Cremona è stata del 30 per cento, a Rimini di meno del 20 per cento. Lo si può constatare dal colore rosa tenue della provincia di Rimini nella cartina sotto riportata. 

Nella settimana dal 29 febbraio al 6 marzo si vede come i colori più scuri si siano diffusi ed anche nella provincia di Rimini si verifica un calo della mobilità pari a circa il 30 per cento. 

Nel periodo 7-10 marzo la cartina dell’Italia ha pressoché lo stesso colore (Rimini compresa) con un calo della mobilità pari al 50 per cento. 

La ricerca ha estratto dai big data anche informazioni sui flussi di individui che viaggiano tra coppie di province limitrofe. Dal 29 febbraio al 6 marzo il calo del flusso da Rimini a Pesaro è stato di poco superiore al 20 per cento, mentre da Pesaro a Rimini il calo è stato inferiore al 20 per cento. Dal 7 al 10 marzo il calo, nelle due direzioni, è stato di circa il 60 per cento. Un cambiamento notevole. Dei flussi dalla provincia di Rimini a quella di Forlì Cesena le tabelle pubblicate dall’Isi forniscono solo il dato relativo al periodo 7-10 marzo: risulta che il calo sia stato di poco superiore al 50 per cento. Nelle iniziali zone rosse (Lodi, Piacenza) il calo è arrivato al 70 per cento.

Le norme varate dal governo avevano lo scopo di ridurre gli assembramenti di persone. La ricerca ha indagato anche questo aspetto. È stata immaginata una rete di prossimità tra gli utenti in base alle località visitate e all'ora del giorno in cui si sono verificate queste visite. Il parametro è stato la vicinanza tra due utenti,  della stessa provincia, che sono stati visti all'interno di un cerchio con il raggio di 50 metri in un periodo di 1 ora. La cartina sotto riportata, riferita al periodo 7-10 marzo, mostra che in alcune province, fra cui Rimini, il grado medio della rete è sceso di circa il 30 per cento rispetto al periodo pre-epidemia. Rimini è stata una delle province dove il cambiamento è stato più evidente. 

 

L’indagine ha infine preso in esame il raggio di rotazione degli utenti prima e dopo l’epidemia.  Nelle tre settimane è diminuito in media del 49 per cento passando da 13 km a circa 7 km. È interessante sapere che prima dell'epidemia di COVID-19, metà della popolazione viaggiava per più di 5,7 km a settimana mentre nella terza settimana di restrizioni, metà della popolazione percorreva meno di 2 km a settimana. Nei grafici della ricerca si nota che il calo è stato notevole, in linea con queste medie, anche a Rimini. 

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