Pasqua è ormai saltata, ma la stagione turistica estiva ha ancora qualche possibilità di essere recuperata? È la domanda che si pongono tutti gli operatori, e la risposta è strettamente legata alla data di scadenza del lockdown imposto al Paese. Thrends, società della riminese Teamwork specializzata in analisi turistiche, ha provato a disegnare gli scenari a seconda che la fine dell’emergenza avvenga il 15 aprile, o il 30 aprile o il 15 maggio.
Nelle destinazioni mare, se il lockdown terminerà il 15 aprile, si prevede, nel periodo che va da aprile a dicembre, una riduzione delle presenze del 43%; se terminerà a fine mese il calo potrebbe essere del 49%; nell’ipotesi 15 maggio la riduzione diventerebbe maggiore fino ad arrivare al 54%.
Nello scenario del 15 aprile ci si può aspettare che il mercato domestico possa contenere la riduzione nel mese di agosto. Anche se c’è l’incognita della riduzione delle ferie, che molte aziende hanno utilizzato in forma obbligatoria dopo la chiusura degli stabilimenti. Da tener presente inoltre la riduzione delle capacità di spesa che avranno molte famiglie italiane. Il mercato estero potrebbe invece registrare diminuzioni di oltre il 50% delle presenze con una tendenza di ripresa molto più contenuta.
Se il lockdown terminerà il 15 maggio, a causa del lungo periodo di incertezza che ha colpito il mercato domestico e quelli internazionali, il mese di giugno risulterà compromesso. Poche strutture aperte potrebbero però raccogliere volumi delle numerose chiuse.
Inevitabilmente, a maggior ragione, sarà agosto il mese in cui si concentrerà la domanda domestica e la debolissima domanda estera.
L’indagine prende in esame anche gli altri settori del turismo (business, città d’arte, montagna, laghi). Per il turismo business (e Rimini vi è pure coinvolta) i cali di presenze previsti vanno dal 39% al 50%.
Lo studio evidenzia che gli scenari descritti porterebbero il sistema alberghiero italiano sui livelli di domanda della fine degli anni ‘70. Il 2020 farebbe gli stessi numeri del 1978. La perdita globale per il sistema alberghiero italiano potrebbe aggirarsi intorno ai 125 milioni di presenze. Una riduzione del 45% sui volumi medi del biennio 2018-2019.
È come se sparisse il volume di notti realizzato da circa 2,670 hotel di buone dimensioni (annuali, da 100 camere, con una occupazione media del 65%). Oppure quello di 8.000 hotel di dimensione media (italiana).
La crisi però non coinvolge solo gli alberghi. I suoi severi impatti si faranno sentire su indotto, sistema bancario, occupazione ma anche nel sistema pubblico, a partire dai Comuni: se anche si considerassero, come tassa di soggiorno, solo 3 euro a presenza, il migliore degli scenari comporterebbe incassi mancati presso i Comuni per almeno 375 milioni di Euro. Senza considerare i mancati incassi legati alla tassazione di altro tipo.
Thrends giustamente osserva che probabilmente non è chiara a tutti i non addetti ai lavori la gravità della crisi alberghiera prodotta dall’emergenza sanitaria Coronavirus. Si potrebbe fraintendere che siano esclusivamente i mesi di marzo ed aprile a determinare il calo che si registrerà per il 2020. Ma non è così, le conseguenze sono più estese e più gravi, è una crisi che non ha precedenti e comparazioni con altri precedenti shock della domanda.
La situazione inedita non consente di azzardare previsioni per il 2021 e 2022. “Date però le sue cause e il fatto che i Paesi potrebbero organizzarsi meglio nel corso del 2020, - conclude lo studio - questa potrebbe essere una crisi di gittata molto limitata, quindi con effetto significativo sul solo 2020 ed inizi del 2021. Aspetto, quest’ultimo, che lascia ben sperare per il comparto nel medio termine e per i fondamentali del segmento più rilevante fra quelli che compongono l’industria turistica italiana.