Rimini, dieci monumenti posti sotto tutela dal Ministero
Nel Comune di Rimini ci sono dieci nuovi edifici e monumenti storici sottoposti a tutela da parte del Ministero dei Beni Culturali. I relativi decreti non sono arrivati tutti insieme, ma scaglionati negli ultimi tre anni. Tuttavia martedì sera una delibera del consiglio comunale li recepirà nelle normative urbanistiche.
I dieci manufatti sono: il campanile della chiesa di Sant’Agnese, la chiesa di Santa Maria Ausiliatrice (salesiani), l’Esedra di piazza Marvelli, la chiesa di Santa Cristina, le Mura malatestiane, l’Oratorio di San Giovannino, la chiesa dei Santi Simone e Giuda (ex Santa Croce), il Palazzo Maschi Marcheselli Lettimi, il palazzo dell’ex seminario diocesano vicino al Tempio Malatestiano, Villa Chiara, nella campagna di Santa Giustina. A questo elenco si aggiunge anche l’area di rispetto per le mura di via Bastioni meridionali. L’intervento della Sovrintendenza regionale e il relativo decreto del Ministero sono stati sollecitati o dalle proprietà degli immobili o dal Comune. Nell’ultimo periodo le richieste sono state parecchie: accanto ai dieci immobili giudicati meritevoli di tutela, ce ne sono altri undici per cui è stato dichiarato il non interesse culturale.
Vediamo uno per uno i nuovi beni tutelati.
Campanile di Sant’Agnese. Chiesa con più di mille anni di storia, è stata distrutta dalle bombe nell’ultimo conflitto e ricostruita. Le vicende storiche hanno però risparmiato il campanile che si ritiene sia stato edificato nel Settecento. È stato valutato di interesse culturale perché è l’unica testimonianza dell’antica chiesa di Sant’Agnese, “segno identitario, da cui prese il nome lo stesso rione, nel cuore della città di Rimini, ubicato su una via corrispondente al cardo romano, sul quale affaccia anche la casa del cardinale Gozio Battagli, riconosciuta già nel 1910 di importante interesse”.
Chiesa dei salesiani. È stata edificata nel 1912 su progetto dell’ingegnere Giuseppe Gualandi di Bologna, autore di altri edifici sacri in stile neogotico e figlio di Francesco, uno dei principali esponenti del neogotico italiano. L’interesse culturale è stato accordato perché rappresenta “un significativo esempio di edificio sacro della prima metà del Novecento progettato da uno dei protagonisti dell’architettura ecclesiastica neogotica” e anche perché costituisce un importante riferimento per l’intera comunità, grazie anche alla presenza del campanile con orologio.
Esedra di piazza Marvelli. Il decreto, curiosamente, la chiama Esedra di piazza Tripoli. È una testimonianza dell’antica Rimini balneare. L’immissione di via Tripoli nella piazza venne caratterizzato dalla costruzione di elementi scenografici, ovvero due bracci laterali di andamento curvilineo. Nel braccio meridionale il tetto è sormontato da una balaustra, che invece è stato rimossa nel braccio settentrionale. Fu opera di Giuseppe Maioli, geometra dell’ufficio tecnico comunale. La relazione ricorda che quando fu costruita l’esedra, il lato mare di piazza Tripoli “era stato caratterizzato da un terrazzamento balconato dirimpetto alla spiaggia”.
Chiesa di Santa Cristina. È stata la parrocchia a chiedere la verifica dell’interesse culturale. Sorta come pieve (il primo documento che la cita è dell’XI secolo), ha avuto per alcuni secoli una notevole importanza. Della chiesa originaria resta poco o nulla perché gli eventi della storia e i conseguenti rimaneggiamenti ne hanno trasformato l’aspetto. L’ultimo consistente intervento è di metà Ottocento. La Soprintendenza ritiene comunque che sia un esempio significativo di architettura della metà del XIX secolo, che ha interpretato in chiave romantica modelli e motivi dell’antichità. È stato posto anche il vincolo archeologico perché si ritiene che sotto la chiesa e la canonica ci siano testimonianze della storia antica dell’edificio.
Chiesa dei Santi Simone e Giuda. La chiesa, che i riminesi conoscono come Santa Croce, in via Serpieri, è sorta nel XVII secolo ed è stata giudicata di interesse storico e artistico “anche in ragione del fatto che rimane in questa area, l’unica evidenza storica settecentesca in un contesto ormai fortemente alterato dalla costruzione di nuovi edifici”. La verifica dell’interesse culturale è stata chiesta dalla diocesi.
Oratorio di San Giovannino. La verifica è stata chiesta dalla Confraternita di San Girolamo, una delle più antiche e importanti della città, ancora esistente. La tutela, per motivi di interesse storico, artistico, architettonico e religioso, si estende “all’Oratorio, all’edificio gemello e ai manufatti antichi ancora esistenti sull’area del seicentesco complesso chiesastico”.
Villa Chiara. È un ampio complesso in località Ca’ Tomba, dalle parti di Santa Giustina, che sorse come residenza nobiliare di campagna, con annesso oratorio. Era appartenuto alla famiglia Marcosanti, il nome Chiara era in omaggio alla figlia del nobiluomo Angelo Marcosanti. Il vincolo, ex decreto legislativo 42/2004, è stato posto perché il complesso “rappresenta una interessante testimonianza di insediamento residenziale e agricolo con impianto simmetrico, riconducibile al XIX secolo, nel territorio della pianura riminese”.
Ex seminario diocesano. È il palazzo sede di uffici e negozi in via IV novembre vicino al Tempio Malatestiano. Ha origini antiche ma ha subito ingenti danni nell’ultima guerra. Ciononostante, è stato giudicato di interesse storico e architettonico, anche in ragione della sua funzione originaria e peculiare ubicazione, in fregio al cardo romano e alla prossimità al Tempio Malatestiano. La verifica dell’interesse culturale è stata chiesta dal seminario diocesano.
Palazzo Maschi Marcheselli Lettimi. È il complesso di via Tempio Malatestiano sorto nell’isola dell’antica insula romana che si affacciava sul decumanus maximus ed era tangente al forum. Ragione per cui c’è un interesse archeologico (sotto ci sono i resti di un teatro romano del I secolo) e un interesse storico artistico perché costituisce la testimonianza di una dimora patrizia del XVI secolo. Nonostante le trasformazioni subite nei secoli fino all’ultima guerra, costituisce “un elemento caratterizzante il tessuto urbano cittadino nonché un prezioso documento storico”.
Mura malatestiane. La tutela delle Mura Malatestiane, bastioni meridionali e bastioni orientali, è abbastanza scontata, vista la loro importanza storica. Nella relazione al decreto, gli architetti della Soprintendenza ritengono che possa avere un fondamento rintracciare in alcune mura la mano di Filippo Brunelleschi.
Il bello della realtà. Serata con il sondaggista Pagnoncelli e Gigi De Palo
Prende il via il ciclo di incontri “Anticorpi intermedi” promosso dal centro culturale Il Portico del Vasaio, con il contributo della Fondazione Gigi Tadei.
Il primo appuntamento è per giovedì 7 novembre alle ore 21,15 nella Sala di Palazzo Buonadrata in Corso d’Augusto 62 a Rimini. Il tema della serata è “Il bello della realtà”, con la partecipazione del sondaggista Nando Pagnoncelli e di Gigi De Palo, Presidente del Forum delle Associazioni famigliari.
Il tema della serata è la realtà, tema molto attuale e dalle notevoli ripercussioni sulla nostra vita personale e sociale. Si prenderà spunto dall’ultimo libro di Pagnoncelli, La penisola che non c’è, che fotografa in modo documentato il divario esistente fra la realtà (sociale, culturale, economica,…) e la percezione che gli italiani ne hanno. Gli italiani, cioè, tendono a costruirsi una realtà su misura. Su misura di cosa? Delle proprie paure, dei propri pregiudizi, a volte delle proprie ideologie.
C’è bisogno di recuperare un rapporto più adeguato con la realtà. Un tempo un aiuto poteva venire dai corpi intermedi (associazioni, comunità, ecc.) che però oggi sono in crisi, così come li abbiamo conosciuti non esistono più o sono irrilevanti. Ma abbiamo fra di noi quegli “anticorpi intermedi”, per stare al titolo del ciclo, dove poter imparare un rapporto diverso, maggiormente positivo con la realtà?
Gli ospiti della serata sono:
Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia, insegna Analisi della pubblica opinione all’Università Cattolica di Milano. È il sondaggista di riferimento della trasmissione televisiva “diMartedì” e tiene una rubrica settimanale sul Corriere della Sera.
Gigi De Palo, 42 anni, dal 2015 è presidente del Forum nazionale delle Associazioni famigliari. Giornalista e formatore (si occupa della dimensione spirituale della leadership), fra il 2011 e il 2013 è stato assessore a famiglia, scuola e giovani al Comune di Roma. È autore di vari libri, alcuni scritti a quattro mani con la moglie Anna Chiara.
Sei alunni delle scuole Karis sulla papamobile con Francesco
Santarcangelo, la Parma offra a Salvini un bicchiere di Sangiovese. Meglio del mojito
A leggere certe reazioni sui social, sembra di essere davanti ad una profanazione pari alla famosa passeggiata di Ariel Sharon sulla spianata delle moschee a Gerusalemme. Ma lì c’era di mezzo una questione drammatica, qui siamo alle frattaglie della campagna elettorale permanente a cui siamo condannati da due anni a questa parte. Jacopo Morrone, luogotenente del Capitano in tutte le Romagne, ha annunciato che domenica prossima Matteo Salvini sarà in visita alla “fira di bécc”. La chiama proprio così, con il nome volgare e dialettale, non con il nome proprio Fiera di San Martino, che pure sarebbe più consono all’esibizionismo religioso dell’ex Truce.
Ma non è questo il punto. La tragedia è che, scrive il consigliere regionale Giorgio Pruccoli, “Una mattina mi son svegliato e ho trovato l'invasor”. Salvini, accompagnato dalla candidata leghista Lucia Bergonzoni, arriva a Santarcangelo per fare il solito pieno di strette di mano e di selfie, e militanti e dirigenti del Pd vivono l’evento come una profanazione, come un’incursione indebita del nemico in un luogo sacro, come una provocazione al cuore del popolo che a Santarcangelo batte a sinistra. Povero Pd. La consigliera comunale di Rimini, Giulia Corazzi, scrive su Facebook che “La Fiera di San Martino per me significa autunno, significa famiglia, festa, amici, significa territorio e tradizione, nulla a che fare con questa persona che ha appena annunciato di voler trasformare la fiera di tutte le persone e di tutte le famiglie nel suo palcoscenico politico”. Il suo post riceve i like, fra gli altri, del segretario provinciale Filippo Sacchetti e della consigliera regionale Nadia Rossi. Il sentimento della profanazione appare dunque generale, quando in fondo siamo semplicemente di fronte ad un inedito “duello della salsiccia”.
Da destra è arrivata la replica scontata e codificata: “E allora il Pd?”. Il riferimento è alla visita, fra bancarelle, corna e piadine, del presidente e candidato Stefano Bonaccini, che sarà a Santarcangelo il giorno prima a tagliare ufficialmente il nastro della Fiera.
E allora il Pd ha dimostrato ancora una volta di essere in grande confusione. Salvini arriva in una città che nel maggio scorso, nonostante un’altra visita del Capitano, ha visto stravincere la sindaca Alice Parma, a guida di un’alleanza di sinistra. La sindaca potrebbe accoglierlo con la fascia tricolore e offrirgli un bicchiere di Sangiovese novello, assicurandolo che, a differenza dei mojito del Papeete, non ha controindicazioni, non provoca suicidi politici e crisi di governo. Potrebbe accompagnarlo fra le bancarelle e sussurrargli all’orecchio: “Guardati intorno, sei su dieci sono comunisti, hanno votato per me”. Invece che gridare al barbaro invasore con un sentimento di elitaria supponenza, potrebbe mostrare al signor Salvini che le tradizioni popolari si sono conservate vive e vivaci anche senza il simbolo di Alberto da Giussano. Potrebbe addirittura anche lei mettersi in posa per un selfie con sfondo di popolo e bancarelle e poi farne un meme con la scritta: “Matteo, guardati intorno, tutto questo non sarà mai tuo”. Potrebbe. Al contrario, i piddini faranno di tutto perché il Capitano esca vincitore anche dal duello della salsiccia.
Bonaccini arriva con 16,5 milioni e li distribuisce per i lungomare della costa
Il presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, è arrivato da Bologna carico di doni per tutti i Comuni della Riviera e, nel distribuirli, si è circondato dei sindaci, di qualunque colore essi siano, tutti uniti nel magnificare le scelte dell’amministrazione regionale per il turismo. Solo la sindaca di Riccione, Renata Tosi, ha forse pensato che si sarebbe notata di più se fosse stata assente ed ha mandato in avanscoperta l’assessore ai lavori pubblici, Lea Ermeti. La quale, comunque, ha applaudito al superamento dei confini fisici e turistici delle varie località (detta da Riccione è una notizia), in favore di un unico grande lungomare emiliano romagnolo.
Sì, perché la ragione principale del tour costiero di Bornaccini sta nel comunicare che sono stati distribuiti i fondi per gli interventi di riqualificazione del waterfront, e tutti i Comuni della riviera di Rimini sono stati premiati per i loro progetti. Inizialmente erano stati stanziati 20 milioni, poi portati a 32,5, a conferma che in questo periodo preelettorale la giunta regionale è particolarmente generosa. A Bellaria Igea Marina, Rimini, Riccione, Misano Adriatico e Cattolica ne arriveranno la metà. Più avanti vedremo il dettaglio.
Bonaccini ha ricordato che nel programma di legislatura il turismo, insieme alla manifattura e alla cultura, era uno dei principali pilastri per lo sviluppo. I risultati, a suo parere, si sono visti perché le presenze sono salite a 60 milioni all’anno, ed il Pil del turismo è passato dall’8 al 12 per cento.
In cantiere per i prossimi due anni ci sono eventi capaci di intercettare il turismo culturale. Nel 2020 Parma capitale della cultura, con l’estensione dei programmi a tutta la regione. Sempre nel 2020 il centenario di Fellini, l’apertura del Museo a lui dedicato e tre tappe del giro d’Italia. Nel 2020 ci sarà a Rimini anche il raduno degli alpini, per il quale la Regione contribuisce con 1 milione. Nel 2021 i 700 anni dalla morte di Dante, con eventi che da Firenze a Ravenna attraverseranno tutto il territorio romagnolo.
Ma perché il turismo funzioni occorre poter arrivare facilmente in Riviera. Bonaccini ha assicurato che la Regione è pronta ad investire dai 10 ai 15 milioni sul piano di sviluppo dell’aeroporto Fellini. Saranno acquistate – questa la vera novità – 500 auto elettriche da mettere a disposizione di aeroporto, stazioni ed albergatori per i loro clienti. Si sta lavorando per aumentare le tratte ferroviarie che collegano la Riviera con il nord, a partire dall’incremento del treno Monaco-Rimini. Si sono sbloccate – annuncia il presidente regionale – la secante e la cispadana che, una volta realizzate, permetteranno di raggiungere più velocemente la Riviera. Dulcis in fundo: i tecnici sono al lavoro per un progetto di metropolitana leggera da Cattolica ai Lidi ferraresi. “Chi governerà la Regione nei prossimi anni, potrà con questo progetto chiedere finanziamenti all’Europa”.
Veniamo dunque ai progetti di rifacimento dei lungomare della costa. A Bellaria Igea Marina andranno 2,150 milioni per realizzare un nuovo percorso ciclopedonale da Bellaria Centro a Cagnona della lunghezza di un chilometro e mezzo. La somma erogata è pari al 61 per cento del costo del progetto, così come richiesto dal Comune.
A Rimini andranno 8 milioni (su un costo totale di 10) per realizzare stralci attuativi del progetto del Parco del Mare.
A Riccione sono destinati 1,1 milioni di euro di contributo, pari – come chiesto dal Comune - al 50 per cento del costo dell’intero progetto. I fondi serviranno per il rifacimento della passeggiata Goethe e Shakespeare, collegamento pedonale di circa 1300 metri fra piazzale Azzarita e il ponte sul Marano.
Per Cattolica 3,3 milioni di euro, pari al 75 per cento del costo del progetto, per riqualificare il lungomare Rasi Spinelli,dai giardini De Amicis al porto.
Misano Adriatico, grazie al contributo di 1,750 mila euro, potrà infine prolungare il proprio lungomare fino a Portoverde.
Appalti Tecnopolo, il giustizialismo della Lega isolato in consiglio
Alla fine, a restare con il cerino in mano è stato l’incendiario Marzio Pecci, capogruppo della Lega. Nelle sue intenzioni il consiglio comunale tematico sugli appalti Tecnopolo e Acquarena, fortemente voluto dalla minoranza, doveva servire per inchiodare il sindaco Gnassi alle sue responsabilità e mettere in grave difficoltà la maggioranza che lo sostiene. In realtà è servito per mettere in scena un’ evidente divisione fra la Lega, che è rimasta isolata, e le altre componenti dell’opposizione.
Pecci era partito suonando la grancassa e proponendo all’assemblea un riassunto delle intercettazioni telefoniche che hanno come protagonisti, fra gli altri, l’ormai famoso “facilitatore” Mirco Ragazzi, il capo di gabinetto del sindaco, Sergio Funelli, l’assessore regionale Emma Petitti. Intercettazioni che, a suo dire, confermano l’esistenza di un sistema Rimini inquinato, con appalti pilotati, e documentano fatti che nuocciono gravemente all’immagine della città e fanno intravedere una deriva criminale. Pecci ha riunito in un unico allarme per la sicurezza e la legalità le inchieste si Tecnopolo e Acquarena e quelle sulle infiltrazioni della camorra. Si è atteggiato a vittima perché le sue dichiarazioni hanno provocato minacce di querele dagli interessati, proponendo una scusante: “Sono i comportamenti di lei assessore Morolli e della sua famiglia che hanno provocato in me alcuni pensieri”. Insomma, qualora vi avessi diffamato, la colpa è vostra. Ed infine la richiesta che il capo di gabinetto Funelli sia sospeso dal servizio.
Una linea colpevolista che però non è stata condivisa da alcuni esponenti della minoranza, a partire da Gioenzo Renzi, di Fratelli d’Italia. Sì, proprio lui, con una lunga carriera alle spalle di esposti alla magistratura su questa o quella magagna, è intervenuto con un’appassionata difesa dei dipendenti comunali coinvolti dall’inchiesta. “Non si può sparare a zero indistintamente su tutto, uno degli indagati per il Tecnopolo è un dirigente che ha realizzato il Teatro Galli in due anni. Stiamo attenti, caro Pecci. Qui camorra e mafia non c’entrano nulla, sono coinvolte persone che ben conosciamo e che io stimo senza riserve. Sullo scandalismo non si costruisce una buona politica. Faccio appello a questi banchi della minoranza, se vogliamo esprimere una cultura di governo, non possiamo farci prendere dallo logica dello sfascio”. Forse nemmeno i consiglieri di maggioranza credevano alle proprie orecchie!
Sulla stessa linea il consigliere Nicola Marcello, di Forza Italia, che ha parlato di una pagina spiacevole. “Esprimo la mia solidarietà ai nostri dirigenti che sono bravissime persone a prescindere, anche se risultassero coinvolti in certi meccanismi. Solo chi non lavora, non sbaglia. Io mi sento uno dei 1200 dipendenti, faccio parte della famiglia del Comune di Rimini.” Marcello ha sostenuto che la vicenda mette piuttosto in evidenza l’esistenza di una questione morale dentro il Pd, che si appresta a ricandidare persone che nelle intercettazioni hanno fatto una pessima figura. Ha aggiunto due chicche. Prima: “A me le intercettazioni, con relativi sghignazzi, le hanno giurate sul cellulare consiglieri di maggioranza”. Seconda. “Fossimo stati noi coinvolti, voi sareste in piazza con le magliette Parlateci del Tecnopolo. Non è questa la nostra cultura”.
A metà strada fra il garantismo di Renzi e Marcello ed il giustizialismo ad oltranza di Pecci, si sono collocati gli altri consiglieri di minoranza (Mario Erbetta, Gennaro Mauro), intervenuti nel dibattito, chiedendo chiarezza, trasparenza e, nel caso di Mauro, anche le dimissioni di Funelli. Abbastanza facile il compito dei consiglieri di maggioranza (Muratori, Frisoni, Corazzi) che hanno apostrofato con l’espressione “gossip” la messa in piazza delle intercettazioni ed hanno rilevato come parlare di mafia e camorra per questa vicenda sia quanto meno un po’esagerato.
Al segretario comunale Uguccioni il compito di riassumere i termini della vicenda. Non è emerso nulla che non fosse già noto, compreso il fatto che ancora non si sa nulla di preciso della vicenda che cambierebbe le carte in tavola (lo stralcio a Bologna che vedrebbe indagato anche Funelli).
Il sindaco Andrea Gnassi, posto sul banco degli imputati da Pecci, ha usato due argomenti fondamentali. Primo. Se si riportano i verbali della polizia giudiziaria, occorre ricordare che essa si muove con una presunzione di colpevolezza. Non bisogna trascurare la funzione del pubblico ministero che trae le sue prime conclusioni. Insomma, se i verbali della Guardia di Finanza parlano di “sistema Rimini” degli appalti, non bisogna poi dimenticare che il rinvio a giudizio c’è stato perché in fase di collaudo sono state date per terminate alcune opere, al fine di non perdere un finanziamento per il Comune. E poi su 12.000 appalti, l’indagine è solo su due.
Secondo argomento. Per Acqua Arena nessun appalto pilotato, tanto è vero che ad assegnare definitivamente l’appalto al gruppo di Axia non è stato il Comune ma il Tar, che ha respinto, con ulteriori argomenti, il ricorso della ditta concorrente. In questo caso l’accusa della Procura di Rimini è di falso nella documentazione bancaria.
Gnassi non ha nascosto che comunque c’è aperto il procedimento a Bologna che vede coinvolto Funelli con le accuse di induzione indebita a dare e a promettere (una forma lieve di concussione) e di tentata concussione, a proposito di una presunta consulenza.
I ragionamenti del sindaco non hanno convinto Pecci che nella replica è tornato a chiedere l’allontanamento di Funelli.
Siria, la testimonianza di padre Bahjat. Questa sera incontro a Rimini
“La speranza è una conquista di ogni giorno. Ogni giorno prego per avere speranza, per saper leggere i segni della realtà con gli occhi di Dio”. Sono le ultime battute di una conversazione con padre Bahjat Elia Karakach, 43 anni, francescano, guardiano del convento della Conversione di San Paolo a Damasco. Il religioso, che parla perfettamente italiano avendo vissuto per quindici anni nel nostro Paese (è stato maestro dei postulanti della Custodia di Terra Santa a Montefalco, in Umbria), sarà questa sera (30 ottobre) protagonista di un incontro su “La lunga guerra di Siria. Storie e testimonianze di cristiani”, che si terrà al Centro Tarkovskij organizzato dal centro culturale il Portico del Vasaio e dal Comitato Nazarat.
In Siria le armi sparano dal 2011, il paese è stato devastato da una guerra che ha lasciato sul campo oltre mezzo milione di morti. I riflettori internazionali si sono riaccesi di recente per l’offensiva della Turchia contro i curdi. “In realtà – spiega padre Bahjat – sembra che la guerra stia terminando. Dopo la riconquista da parte di el-Assad delle zone di Damasco ed Aleppo, i gruppi armati ribelli si sono concentrati nella provincia di Idlib. Quindi non si combatte più, tranne che in poche zone”. Padre Bahjat la guerra l’ha conosciuta da vicino. Una bomba è caduta sulla sua chiesa mentre era solo a recitare il rosario. Provvidenzialmente un minuto prima si è alzato per camminare e si è allontanato dal punto dove è caduto l’ordigno. “L’ho letto come una conferma della missione che sono chiamato a vivere in Siria”, commenta.
Se il conflitto adesso è circoscritto, è però presto parlare di ritorno alla normalità di vita. “La guerra – prosegue il francescano – ha provocato danni profondi. Siamo in una grave recessione economica, aggravata dal fatto che perdurano le sanzioni e l’embargo. A farne le spese sono soprattutto i più poveri. Ancora capita di restare senza medicine, senza gas, senza energia elettrica. E gli inverni in Siria sono molto freddi. Anche le organizzazioni umanitarie faticano a far arrivare aiuti, trasferire denaro in Siria è ancora difficile. I giovani se ne vanno e lasciano gli anziani soli. La ricostruzione è cominciata ma procede molto lentamente”. Nemmeno le macerie dei bombardamenti sono state completamente rimosse, Damasco resta isolata nel contesto internazionale, la Santa Sede è l’unico Stato occidentale ad avere l’ambasciata aperta.
In questo contesto continua a vivere una comunità cristiana che ha radici antiche, la grande diffusione dell’annuncio cristiano nel mondo è partita da lì, dalle strade e dalle case di Damasco. “La Chiesa – racconta padre Bahjat – si è molto impegnata sul piano umanitario e sociale negli anni della guerra. Adesso la sfida è lo sviluppo. Noi, non solo i francescani ma tutta la Chiesa, cerchiamo di contribuire con la formazione. C’è l’urgenza di aiutare i giovani a recuperare gli anni bui quando non riuscivano ad andare a scuola o all’università. Solo con la formazione ci può essere qualche speranza perché trovino un lavoro. Il bisogno però è immane, la situazione è più grande di noi, non possiamo sostituirci ai compiti dello Stato che comunque cerca di riorganizzarsi. Succede però che in una classe si trovino 60/70 alunni perché i bombardamenti hanno distrutto le scuole”.
La guerra, oltre che i mattoni, ha il terribile potere di distruggere l’umano. Prima del 2011, i cristiani avevano vissuto a lungo in pace accanto ai musulmani. La guerra ha seminato il tarlo del sospetto: il vicino, musulmano o cristiano, non è più l’amico, ma un potenziale nemico, forse un pericoloso terrorista. “La guerra ha provocato molte di queste ferite. – racconta il francescano – Tuttavia non mancano le evidenze che tanti sono pronti a cominciare un percorso di riconciliazione. Personalmente conosco storie di persone che sono state toccate e ferite, eppure adesso non se la prendono con il vicino musulmano. Capiscono che certi fenomeni sono stati portati dall’esterno, non sono nati nella nostra società”. La paura dell’altro, l’ostilità verso chi è diverso possono essere superate. Padre Bahjat Elia Karakach è testimone di un episodio interessante. I frati francescani si sono insediati in una zona di Aleppo est che era stata occupata dai terroristi. Per sei, sette anni hanno vissuto sotto le imposizioni del fondamentalismo islamico ed inevitabilmente ne hanno assorbito cultura e pregiudizi. I francescani adesso sono presenti con un ambulatorio e con u centro di formazione professionale. “All’inizio – racconta – i musulmani erano molto diffidenti, pieni di pregiudizi. Vivendo insieme, i muri sono caduti. Lo si vede anche dal cambiamento del modo di vestire. Le donne erano tutte velate, nemmeno ti guardavano negli occhi. Adesso non è più così. La nostra presenza ha inciso sul loro modo di guardare ai cristiani”.
Nella rete ci sono molte interviste di padre Karakach che sempre sottolineano un punto: la strada per la pace è l’incontro con l’altro, con chi è diverso. “Dobbiamo prendere atto – osserva – che il fondamentalismo esiste, che è stato fomentato da alcuni paesi arabi, e nelle nostre società alimenta la sfiducia, il sospetto sul nostro vicino musulmano. Noi cristiani dobbiamo avere il coraggio di gesti di accoglienza, senza pregiudizi. Non dobbiamo generalizzare, non tutti i musulmani sono terroristi. Se invece ci rinchiudiamo in un ghetto, pur con tutto il bene che facciamo, non siamo il sale della terra che siamo chiamati ad essere. La presenza dei cristiani in Siria non è ininfluente, non è a lato della società, può essere invece un fermento contagioso”.
Purché i cristiani rimangano. Un altro degli effetti disastrosi delle guerre in Medio Oriente è che spingono anche i cristiani a fuggire, a lasciare il loro Paese. “Alcuni – spiega il religioso – fuggono perché spinti da condizioni di vita insopportabili. Altri, pur benestanti, vogliono comunque partire alla ricerca di condizioni di vita migliori. Ma c’è anche un altro fenomeno: alcuni, nonostante tutte le difficoltà, vogliono rimanere. Avvertono che hanno una missione da compiere. La mia presenza, dicono, può essere utile per avviare un cambiamento”. Cosa dice lei a chi vuole partire? “Non posso giudicare. Noi, come Chiesa, siamo comunque impegnati non solo per l’emergenza umanitaria, ma per rinnovare le nostre radici cristiane. A volte gli stessi cristiani non hanno coscienza di appartenere ad una storia che ha costruito il volto della Siria. Il cristianesimo non è qualcosa di accidentale o portato dall’esterno. Lo dice anche il presidente el-Assad: i cristiani non sono uccelli migratori. Stiamo editando una storia dei santi siriani per bambini per aiutarli a comprendere che il cristianesimo è all’origine della storia della Siria. Spesso nei programmi delle scuole questa verità è sottaciuta”.
Valerio Lessi
Ai nidi privati (1/3 dell'utenza) solo un sesto dei contributi per abbattere le rette
I bambini di Rimini che frequentano gli asili nido sono 898; 603 nei comunali e in quelli dell’Asp Valloni, e 295 in quelli gestiti dai privati. Quindi su 3 bambini, 2 vanno all’asilo pubblico e 1 a quello privato. Lo stesso criterio è stato usato dall’amministrazione comunale per suddividere i fondi messi a disposizione dalla Regione per abbattere il costo delle rette a carico delle famiglie? Non proprio. Da Bologna sono arrivati 372 mila euro, 300 mila sono stati destinati per gli asili pubblici (comunali e Valloni), 50 mila per quelli privati e 22 mila sono stati accantonati per eventuali emergenze. Quindi a un terzo di utenza (quella privata), va in realtà un sesto di contributi.
Non ci si vuole addentrare nei classici “conti della serva”, si vuole solo osservare che l’affermazione dell’assessore all’istruzione Mattia Morolli, secondo cui i privati sono “parte integrante del nostro sistema educativo”, non ha trovato una piena applicazione al momento di suddividere le risorse disponibili.
Del resto, basta prendere in esame la delibera comunale n.305 del 15 ottobre scorso. La premessa è in piena sintonia con quello che normalmente viene chiamato principio di sussidiarietà: “l’offerta pubblica di servizi per la prima infanzia 0-3 anni è integrata dall’offerta di servizi offerti dai privati autorizzati”; “la rete integrata dei servizi consente di dare una risposta efficace alla domanda di servizi per la prima infanzia del territorio comunale”. C’è quindi il riconoscimento che l’offerta di servizi privati consente di rispondere a una domanda delle famiglie che altrimenti resterebbe inevasa. Stabilito il principio, al momento di suddividere le risorse si è proceduto con un criterio diverso. È stata compiuta una simulazione sull’utenza pubblica con l’obiettivo di concedere sconti del 40 per cento alle famiglie con Isee inferiore a 12.011 euro, del 30 per cento alla fascia successiva fino a 18.075 euro, del 22 per cento fino a 23.240 euro e del 20 per cento fino a 26 mila euro. Fatti i conti, si è visto che a tale scopo occorrevano 245 mila euro. Stesso procedimento per l’utenza dei nidi convenzionati dell’Asp Valloni, ai quali sono stati destinati 55 mila euro. I restanti 50 mila euro sono stati stanziati per i servizi privati. Si è quindi applicato un principio di sussidiarietà “residuale”: una volta soddisfatta l’utenza delle strutture pubbliche, il resto è stato concesso ai privati.
All’incontro nel quale l’assessore Morolli ha presentato la novità erano presenti una trentina di rappresentanti di strutture private operanti nel territorio del Comune di Rimini. Da quel che risulta la reazione è stata ampiamente positiva. Per la prima volta c’è stato un riconoscimento economico del servizio che questi asili nido svolgono per le famiglie con bambini dai zero a tre anni. Considerato inoltre che questa misura sarà in vigore per tre anni scolastici, ci si augura che sia l’inizio di un percorso che nel lungo periodo possa portare a forme più stabili e consistenti di integrazione fra pubblico e privato nei servizi per la prima infanzia. Quindi si applaude al bicchiere mezzo pieno, sperando che nel tempo vada a riempirsi.
Sarà interessante verificare, dopo la scadenza del 31 ottobre, quanti nidi privati avranno aderito alla convenzione proposta dal Comune di Rimini. Per accedere ai contributi per l’abbattimento delle rette, bisogna infatti aver stipulato una convenzione. I nidi privati devono rispettare alcuni obblighi i cui principali sono: mantenere il possesso dei requisiti di qualità previsti dalla legge regionale; organizzare le proprie attività secondo un progetto pedagogico congruente con lo schema di riferimento regionale; collaborare, impegnando in tal senso i propri servizi, alle iniziative formative, di confronto, di ricerca e di sperimentazione definite, a livello provinciale; impiegare personale assunto con regolare contratto di lavoro; essere in regola con i versamenti dei contributi INPS ed INAIL; accettare le iscrizioni di tutti i bambini senza discriminazioni di sesso, razza, etnia, cultura, religione; favorire l'inserimento di bambini in condizioni di svantaggio socio-culturale o con disabilità; garantire la partecipazione delle famiglie alle scelte educative; collaborare con il Comune per la definizione di modalità condivise per la gestione di progetti volti all'erogazione di benefici economici alle famiglie; dichiarare l'importo delle rette applicate, compresi gli eventuali sconti, alle famiglie differenziandole in base agli orari di uscita previsti nel proprio servizio; far rispettare la normativa vigente sugli obblighi vaccinali. Condizioni che i gestori dei nido considerano congrue e che fotografano la situazione di servizi che si muovono rispettando tutte le leggi del settore.
Frisoni all'attacco: senza dehors avremo una città morta
"Bene ha fatto - sostiene Frisoni - la Onorevole Raffaelli ad interpellare il Ministro Franceschini su questo tema fondamentale per la vita della città. In questi anni di mandato mi sono trovato a condividere alcuni progetti importanti con la Sovrintendenza per la riqualificazione e rigenerazioni di luoghi storici e monumenti. Ho difeso a spada tratta il Sovrintendente Napoli in consiglio comunale da attacchi personali e professionali di stampo pseudo culturali, da parte di politici che non perdono occasione per finire sui giornali. E non l'ho difeso perché sono in maggioranza ma perché convinto del buon progetto. E dove non ero convinto ho chiesto modifiche da sottoporgli. Alcune di queste sono state condivise e realizzate, altre no. Un dialogo sincero con sempre al centro un giusto equilibrio tra il bene del monumento e il servizio alla città.
"Nel mese scorso - prosegue Frisoni - mi sono dovuto opporre fortemente al "buco" nelle mura di Castel Sismondo per far spazio al Museo Fellini..."non scherziamo, quel buco non s'ha da fare!" ho tuonato in consiglio comunale (buco non contestato dalla Sovrintendenza??!!)
Oggi sono fortemente contrario alla rimozione dei dehors nelle piazze e nelle vie del centro storico. Una città schiava di una sovrintendenza sorda e cieca alla vita reale, è una città morta. Non ci sto! Il nostro mandato va esattamente nella direzione opposta. Destagionalizzazione delle imprese legate al turismo. Nuovi Musei, Teatri, luoghi storici e monumenti recuperati e riqualificati, Fiera, Eventi, ecc... L'esatto contrario di una città chiusa e polverosa.
Con fatica poco tempo fa si è firmato un accordo tra Comune e Sovrintendenza per la tipologia, le dimensioni, le strutture dei dehors. Con una particolare attenzione all' estetica che permetta una serena visione dei monumenti e palazzi storici.
Spendendo anche decine di migliaia di euro molte attività hanno investito in queste strutture per migliorare l'ospitalità. Un "servizio pubblico" oltre che un investimento sul futuro e sul progetto di città. Si perché fungono anche da presidio del territorio.
Adesso serve sedersi al tavolo e semplicemente trovare una soluzione.
Aggiungo che se serve cambiare un regolamento comunale affinché si possa continuare un servizio già "concordato" noi siamo pronti a farlo immediatamente".
Nella Biblioteca Gambalunga 400 anni della nostra storia
Il pezzo pregiato, perché per la prima volta visibile al grande pubblico, è l’Astronomicon di Basilio Parmense, acquistato nel 1992 dalla Carim in un’asta di Sotheby’s a Londra ed ora di proprietà di Credit Agricole. Ma accanto a quello di Basinio molti altri codici e libri antichi custoditi dalla Biblioteca Gambalunga che quest’anno celebra i primi 400 anni della propria storia. Sono esposti nella mostra Per documento e meraviglia. Una storia lunga 400 anni che sarà inaugurata domani venerdì 25 ottobre e resterà aperta fino al 26 gennaio 2020. L’esposizione si dipana fra le Sale Antiche della Gambalunga, con una ouverture (o una conclusione a seconda dell’itinerario seguito) alla Galleria dell’immagine dove la storia degli ultimi due secoli di Rimini è stata condensata in un filmato di sette minuti.
“La mostra – hanno spiegato nell’anteprima per i giornalisti la direttrice della Biblioteca Oriana Maroni e lo storico Piero Meldini – non è costruita semplicemente intorno ai cimeli preziosi custoditi dalla Biblioteca ma è piuttosto un viaggio nella storia di Rimini degli ultimi secoli sulla base dei documenti conservati in queste sale”. Alcuni dei codici antichi presenti in mostra, aperti su una pagina nelle bacheche, sono anche sfogliabili ad un tavolo touch screen posto all’ingresso delle Sale Antiche.
Nella Sala des Vergers troviamo i documenti dell’epoca malatestiana, tra cui appunto l’Astronomicon, il libro redatto da Basinio, uno degli intellettuali del tempo di cui Sigismondo si era circondato, che descrive pianeti, stelle e costellazioni secondo la cultura di un uomo del Quattrocento. Ma il visitatore potrà trovare anche l’incunabolo De re militari di Roberto Valturio aperto sulla nota illustrazione che raffigura il drago, una sorta di carro armato ante litteram. “Un codice – sottolinea Meldini – che era appartenuto anche a Leonardo da Vinci”. Fra i documenti in mostra anche una lettera di Sigismondo, il Codice Pandolfesco (comprende i testi relativi ai rapporti fra i Malatesta e il Comune di Rimini), un De Civitate Dei con bellissime miniature, appartenuto a Pandolfo, e un codice sulle gesta di Federico da Montefeltro, nemico giurato di Sigismondo.
Nella sala dedicata a documenti del XVI e XVII secolo si può ammirare l’acquaforte di Ian Blaeu, una tavola che raffigura Rimini vista dal mare così come appariva nel Seicento. È questo un secolo in cui si sviluppa una riflessione appassionata sull’identità della città. In mostra il Raccolto istorico di Cesare Clementini (1616), una prima storia generale della città fondata, almeno in parte, sui documenti, e il Sito Riminese di Raffaele Adimari (1617), una sorta di zibaldone su Rimini e dintorni. L’aspetto più curioso di questa sezione è il parere di Malatesta Porta, segretario del Comune di Rimini, sulla questione che divise a lungo la città. La disputa era su quale fosse il segno zodiacale cittadino. Gli astrologi più accreditati propendevano per lo Scorpione, ma c’era nel Tempio Malatestiano il bassorilievo di Agostino di Duccio che rappresentava Rimini sovrastata da un aggressivo Cancro. Non riuscendo a venirne a capo, il consiglio comunale passò la patata bollente a Malatesta Porta, un erudito in contatto con Galileo, che dopo dieci anni di studi sentenziò che Rimini era sotto il segno dello Scorpione, i cui tratti caratteristici sono l’incostanza, la pigrizia e la sensualità. Chissà, forse ci aveva preso…
Un’altra sala è dedicata a Giovanni Bianchi, ovvero Iano Planco, intellettuale di statura europea che corrispondeva con i grandi del suo tempo, fra cui Voltaire. In mostra ci sono il suo diploma di laurea e lo scritto De Vitto Pitagorico, in cui se la prende con i vegetariani dell’epoca. “Iano Planco era anche un formidabile attaccabrighe”, chiosa Meldini. Nella sezione dedicata al Settecento anche alcune opere dei suoi allievi fra cui Giovanni Antonio Battarra e la sua Pratica agraria.
“Rimini, cos’è”, scriveva senza punto interrogativo Federico Fellini ne La mia Rimini. Rimini sono i riminesi, sembra rispondere la sezione della mostra ospitata nella Galleria dell’immagine. Ad accogliere i visitatori all’ingresso della sala di proiezione ci sono infatti le foto-tessera di decine e decine di riminesi fra Ottocento e Novecento, depositate nell’archivio fotografico della Biblioteca. “Rimini, è una città fra Venezia e Ancona”, risponde Alain Delon in una famosa scena de La prima notte di quiete. Il fotogramma apre il video, realizzato con centinaia di foto d’archivio e con filmati d’epoca, che ripercorre la storia della città dall’apertura del primo stabilimento balneare ai giorni nostri, passando attraverso l’epoca dei villini, il fascismo, la guerra, la ricostruzione, il turismo di massa, la città degli eventi. Una storia in cui Rimini è sempre stata definita facendo riferimento a un altro luogo: l’Ostenda d’Italia, la Nizza dell’Adriatico, la Las Vegas romagnola. Cos’è Rimini: “è la frontiera tra l'illusione luccicante del divertimento e il peso opaco della realtà”, dirà Pier Vittorio Tondelli.