“Occorre lavorare più intensamente sulla specificità del turismo culturale e religioso, puntando alla valorizzazione della cultura e dell’arte come straordinari veicoli dello sviluppo civile ed economico”. Così ha detto il vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi nel tradizionale discorso alle autorità nel giorno di san Gaudenzo. Il vescovo ha anche meglio specificato ciò che intendeva: “Oggi in Europa e nel mondo si guarda al nostro Paese, e anche al nostro territorio romagnolo, più che per l’attrazione della sua spiaggia, per l’unicità del suo ambiente e delle sue opere d’arte - che per i 2/3 sono di matrice religiosa - e per la qualità del clima sociale che si crea tra le persone. È necessario e urgente mettere in atto progetti lungimiranti, incentrati sulla formazione e la riqualificazione di nuovi modelli di turismo a partire dal vasto patrimonio artistico e culturale dell’area romagnola, offrendo al contempo concrete opportunità di investimento, di cooperazione e di occupazione professionale connesse a questo comparto”.
A conferma di quanto sostenuto da monsignor Lambiasi si possono citare i dati sulle presenze turistiche tedesche. La campagna per le città d’arte di Apt – stando alle statistiche – ha avuto un maggiore riscontro di quella finalizzata a promuovere l’offerta balneare. Di fronte ai due contemporanei messaggi, i tedeschi hanno risposto più vivacemente al primo, quello sulle città d’arte.
Il vescovo ha concluso questa parte del suo discorso riaffermando che: “Resta davanti a noi la sfida di trasformare nell’immaginario collettivo la rappresentazione della nostra Città: da consumistica “vetrina di eventi” a Città internazionale della cultura, a partire dalle sue elevate potenzialità, dal rapporto con la sua identità, il ricco giacimento della sua memoria, la sua vocazione all’ospitalità, all’amicizia, alla concreta solidarietà”.
Monsignor Lambiasi mostra di avere sul tema del turismo una vision precisa e articolata, che appare debitrice a certi interventi del professor Natalino Valentini, diretto dell’Istituto Marvelli.
La proposta di un nuovo modello di turismo ha suscitato l’attenzione del professor Luigi Vergallo, ricercatore di storia all’Università di Milano e autore, cinque anni fa, di una ricerca sul fenomeno del nero e del sommerso in Riviera, sponsorizzata dall’allora presidente della Provincia, Stefano Vitali.
“Dal dopoguerra, - ha scritto Vergallo sul sito glistatigenerali.com - nella provincia di Rimini, il turismo – pur essendo inferiore all’industria o al commercio per dimensioni economiche e occupazionali – ha sempre occupato una quota di popolazione superiore alla media italiana e, viceversa, il settore industriale, pur essendo il primo nella zona, ha occupato un numero inferiore di individui rispetto alla stessa media italiana. Storicamente, è questo uno dei principali fattori che hanno creato il mito del turismo come settore economico più importante; opinione solo parzialmente corrispondente alla realtà che in compenso ha generato nella zona la pericolosa percezione di “dipendere” dal turismo, spingendo troppo spesso alcuni amministratori e alcune istituzioni a chiudere un occhio, talvolta anche entrambi, su pratiche illecite o apertamente illegali”.
Nella ricerca, poi pubblicata da Mimesis con il titolo Economia reale ed economia sommersa nel riminese in prospettiva storica, Vergallo documentava che c’era un’evidente sproporzione (sull’ammontare ancora non c’è unanimità di consensi) fra i redditi Irpef pro capite dichiarati e il livello della ricchezza reale prodotta sul territorio quale si può ricavare tra un mix di fattori come per esempio la spesa delle famiglie per consumi interni, l’ammontare dei depositi bancari, l’ammontare dei patrimoni delle famiglie, i veicoli intestati pro-capite, i premi pagati alle assicurazioni nel ramo “vita”, il numero di sportelli bancari a disposizione, e anche altri. Secondo la fotografia scattata cinque anni fa, in base a questi fattori, Rimininella classifica dei redditi Irpef pro-capite, nel confronto fra dieci province prese in esame (fra cui Milano, Bologna, Modena, ecc.) avrebbe dovuto realisticamente collocarsi all’incirca nella posizione «tre e mezzo», e non al nono posto come invece risultava.
Quindi sono due le tesi sostenute: il turismo a Rimini è stato sopravvalutato al fine di chiudere un occhio sul fenomeno dell’evasione; questa evasione raggiunge quote enormi, superiori a quelle che l’Agenzia delle Entrate stimava, e cioè dal 34 al 47 per cento.
Da allora hanno cominciato a farsi avvertire anche a Rimini i segni della crisi che ha colpito l’economia mondiale e quella italiana dal 2008 in poi. Una conoscenza induttiva della realtà riminese pone in primo piano che sono molti gli esercizi alberghieri che hanno ridotto al minimo i margini e che quindi sopravvivono a fatica. Allo stesso modo sono molti gli esercizi commerciali che abbassano la saracinesca ed è evidente come la rete commerciale della zona turistica sia ampiamente dequalificata.
Non è quindi il caso di aggiornare l’analisi? “Realizzando lo studio – risponde Vergallo – ho anche realizzato trenta interviste con operatori turistici e amministratori pubblici. Molti albergatori mi hanno spiegato il fenomeno di tour operator e agenzie che chiedono pensioni complete con prezzi dai 17 ai 27 euro al giorno. Dovendo rincorrere queste bassi prezzi, mi dicevano, il nero diventava per loro una possibilità di sopravvivenza”.
Qui si innesta il legame fra il nuovo modello di turismo invocato dal vescovo e il fenomeno dell’evasione. “Se gli operatori accolgono l’invito del vescovo ad una inversione di tendenza, all’affermazione di un nuovo modello turistico, fondato anche sull’offerta artistica e culturale, si potrà abbandonare il modello basato sull’abbattimento dei prezzi e dei costi, che costituisce il terreno più favorevole ad un’economia dove prevalgono il nero ed il sommerso”.