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Chiesa a Rimini, fra carità e preti che non ci sono

Martedì, 24 Gennaio 2017

Chi è nato negli anni del baby boom ha potuto conoscere il cristianesimo e coinvolgersi in una esperienza di fede in un modo, diciamo così, classico. La strada maestra era l’incontro con un sacerdote che attirava l’attenzione per il suo modo di essere, di vivere e di annunciare Cristo. Poteva accadere in parrocchia, spesso attraverso il giovane cappellano, o poteva succedere a scuola, dove gli insegnanti di religione erano tutti preti.

Il quadro statistico che la diocesi di Rimini ha diffuso ieri in occasione della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, raffigura una situazione profondamente cambiata. Dicono con chiarezza, qualora qualcuno non se ne fosse accorto, che gli effetti della secolarizzazione abitano anche qui, in riva all’Adriatico. Apprendiamo che i sacerdoti in attività sono appena 154 (ed hanno una media di età di 65 anni), che quarantatre parrocchie sono senza prete residente, che ci sono poche ordinazioni in vista e che il seminario è pressoché vuoto. Sono lontani i tempi in cui la diocesi di Rimini, anche negli anni tumultuosi del post-Concilio, conservava comunque un buon numero di sacerdoti e di vocazioni.

Le giovani generazioni, che dopo la cresima (2.500 all’anno) non mettono più piede in chiesa, neppure hanno la possibilità di incontrare un sacerdote sui banchi di scuola. Dei 159 insegnanti di religione, solo dieci sono preti. La domanda, per rubare un termine al marketing, resta però alta: il 90 per cento degli studenti sceglie di avvalersi dell’insegnamento della religione. La Chiesa riminese è impegnata sul fronte dell’educazione: oltre 5.000 sono gli alunni delle scuole cattoliche, anche se la maggior parte della presenza è limitata alla scuola dell’infanzia.

Impressiona, rispetto all’anno 2000, il dimezzamento dei matrimoni religiosi: solo 524 nel 2016. Esiste però anche una timida controtendenza: 23 coppie sono approdate al matrimonio in chiesa dopo essere prima passate attraverso quello civile.

Rimini come terra di missione: non è un modo di dire, è la realtà. È evidente che la Chiesa riminese si trova di fronte alla novità di un cambiamento d’epoca, a cui occorre rispondere senza lamenti o giudizi catastrofisti, ma accettando la sfida che viene dai tempi nuovi. Il calo dei matrimoni religiosi – osservano per esempio in diocesi – è una sfida a testimoniare la bellezza di una famiglia cristiana. I numeri, che anche quando sono negativi non raccontano tutta la realtà, parlano anche di fenomeni nuovi. I diaconi permanenti sono 47, negli ultimi quattro anni ne sono stati ordinati 18 (a fronte di 9 nuovi sacerdoti) e una decina sono quelli che si stanno preparando.

Un dato storico che affonda le sue radici negli anni dell’episcopato di monsignor Emilio Biancheri è la vivacità delle associazioni e dei movimenti ecclesiali. “Molto più in dialogo fra di loro rispetto a un tempo”, sottolineano in diocesi. Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Comunità Papa Giovanni XXIII, Rinnovamento nello Spirito, Focolarini, Neo-catecumenali sono i nomi di questa articolata presenza dei laici nella Chiesa e nella società civile.

C’è una strada che i cristiani riminesi percorrono più di ogni altra, in cui realizzano quella “Chiesa in uscita” invocata da papa Francesco: è quella che porta all’incontro con chi si trova nelle situazioni di bisogno, dai nuovi poveri ai migranti. Nel 2016 laCaritas Diocesanaha incontrato quasi duemila persone, preparato oltre centomila pasti (quasi diecimila in più del 2015), accolto 734 persone per 14.972 notti; aiutato le famiglie in difficoltà per un totale di circa 80 mila euro per bollette, spese sanitarie e altro. Attraverso l’Associazione Famiglie Insieme sono stati concessi prestiti a 404 famiglie in difficoltà finanziarie.

Per chi ha bisogno anche degli alimenti di prima necessità, è stato creato l’Emporio Solidale che nei primi sei mesi di attività ha aiutato 367 famiglie. IlFondo per il Lavoroha raccolto 600 domande e ha reinserito nel mondo dell’occupazione 97 persone. Attraverso l’inserimento nelle realtà parrocchiali, sono stati accolti 24 profughi.

“C’è una Chiesa della carità, dell’accoglienza, della missione che dobbiamo mostrare al mondo”, ha osservato il vescovo monsignor Francesco Lambiasi. Secondo il vescovo sono stati segnali forti anche le manifestazioni in piazza insieme ai musulmani: “Dobbiamo dialogare insieme attorno ad alcuni valori, ad esempio sul tema della pace. Abbiamo molto da dirci e per questo dobbiamo intrecciare le nostre voci. Il messaggio che il cristianesimo e l’islam possono dare se viene dato insieme certamente ha più forza”.


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