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Carim, forse Cariparma non è l’unica strada

Venerdì, 14 Aprile 2017

Un giornale online di Firenze (QuiNews), in un articolo di un paio di giorni fa collega in modo diretto il destino - nel titolo, “il salvataggio” - della Cassa di Risparmio di San Miniato a quello delle Casse di Rimini e di Cesena.

Gli attori attivi “sulla scena”, diversamente da quanto si dice nella nostra città, sarebbero in tutto quattro. Oltre a quelli che già conosciamo - il Credit Agricole con Cariparma e il fondo anglo americano JC Flowers - si starebbero infatti muovendo due altri soggetti privati: il gruppo di riassicurazione panamense Barents Re (il cui nome era già stato collegato alla cassa di Ferrara) e la “cordata di privati e istituzionali guidata da Vincenzo De Bustis”, ex amministratore delegato di Monte dei Paschi e di Deutsche Bank Italia.

In sintesi, secondo le fonti del giornale, Barents avrebbe pronta “un’offerta migliorativa rispetto a quella studiata da Credit Agricole” e JC Flowers “starebbe parlando con De Bustis per unire le forze e realizzare un salvataggio dei tre istituti, Rimini, Cesena e San Miniato”. Anche se l'ipotesi della cordata De Bustis/JC Flowers ci è stata smentita direttamente da Vincenzo Macaione, AD di Primus Capital, che rappresenta il fondo angloamericano nella trattativa su Carim, la notizia rispetto alle vicende riminesi è che ci sarebbero due nuovi soggetti, oltre a Cariparma, interessati a rilevare le tre banche insieme, tra cui anche Rimini.

In ogni caso, quanto scritto, come tante altre notizie circolate anche su alcuni nostri giornali, appare verosimile ma difficilmente verificabile allo stato attuale; così come è possibile supporre che gli ‘spifferi’ riportati nell’articolo provengano in qualche modo da fonti vicine alla stessa cassa di San Miniato.

Carismi infatti, tra le tre banche, è al momento quella con la situazione peggiore, con la prospettiva di essere assorbita direttamente dal compratore francese e sparire come nome e presenza sul territorio; diversamente da Cesena e Rimini che potrebbero essere strategiche per Cariparma. ‘Trovare’ offerte migliorative, avanzare l’ipotesi che esistano alternative reali e tali magari da condizionare gli ‘umori’ di Banca d’Italia, sarebbe insomma l’ultimo tentativo per avviare una trattativa, o qualcosa del genere, con Cariparma; una trattativa con la quale spuntare, appunto, “un’offerta migliorativa” non fosse altro che per gli aspetti gestionali, quell’”autonomia rilevante” che proprio l’offerta concorrente a Cariparma garantirebbe, guarda caso, all’istituto toscano.

Comunque una speranza condivisibile anche dalla Carim, che potrebbe sperare di spuntare qualcosa di più o di meglio se Cariparma dovesse trovarsi a competere realmente con altri acquirenti.

Nell’articolo tra l’altro si ipotizza un intervento del Fondo Interbancario per un totale di 500/600 milioni, solamente per la copertura dei deteriorati dei tre istituti. Ma al momento attuale noi sappiamo che, sì, il Fondo ha acquisito l’anno scorso la Cassa di Risparmio di Cesena pagando 280 milioni, ma che per Rimini e San Miniato non è ancora chiara la strada che dovrebbe portarle a Cariparma: infatti per San Miniato si parla di una cessione diretta e solo per Rimini si ipotizza il passaggio dal Fondo Interbancario.

Tra l’altro, nell’ipotesi delle tre banche in blocco, i 150/170 milioni ipotizzati su alcuni giornali come offerta di Cariparma a cosa corrisponderebbero come valore delle singole banche? 120/130 per Rimini, come si dice dalle nostre parti, ‘qualcosa’ per San Miniato, ma 0 per Cesena? Lo accetterebbe il Fondo? Oppure 80/90 per Rimini, il minimo per ristrutturare l’operatività secondo gli indici di legge, e il resto diviso per l’altra e per il Fondo?

La verità, a parte i ‘divertimenti’ giornalistici, è che i numeri e gli accordi in via di definizione non li sappiamo a Rimini e molto probabilmente neppure a San Miniato. Quella “forte pressione di palazzo Koch” riportata da QuiNews è probabilmente la cosa più vera dell’articolo e che riguarda tutte e tre le banche. Anche se non dovrebbe, in quanto ente super partes, sembra che tutto si stia giocando tra i possibili acquirenti e Banca d’Italia direttamente. E probabilmente Cariparma o gli altri non si sono neppure scomodati a inviare alle tre banche una offerta formale di acquisto per salvare le apparenze. (Qui da noi, e per quello che conta, l’unica trattativa diretta sarebbe quella con JC Flowers, peraltro relativa all’ipotesi Carim da sola.)

In tutto questo, che i sindacati alzino la voce o i piccoli azionisti pretendano spiegazioni, che ci si danni l’anima per anticipare le mosse decisive di questa storia o ci si vanti dei risultati dell’ultimo bilancio, sembra una pantomina inutile e anche un po’ grottesca; dato che, almeno al momento attuale, è quasi impossibile che i territori (né Rimini, né San Miniato, né tantomeno Cesena) possano avere la possibilità di condurre una trattativa reale che li riguardi.

In attesa di vedere se questi nuovi soggetti porteranno qualche novità nelle trattative riminesi, come unica consolazione, ma davvero non da poco, bisognerebbe sottolineare il fatto che ‘domani’, pur con un altro padrone, la banca continuerà a esistere. E non era per nulla scontato.


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