Se l’anniversario della morte di don Luigi Giussani sarà ricordato in tutto il mondo (perché in tutti i continenti c’è chi è stato raggiunto e toccato dalla sua testimonianza di fede), la ricorrenza trova ogni anno una particolare eco a Rimini, una città dove il sacerdote riminese ha lasciato, direttamente e attraverso chi lo ha seguito, una traccia profonda. Giovedì 22 febbraio in tanti si ritroveranno in cattedrale per partecipare alla messa di suffragio che sarà presieduta dal vescovo monsignor Francesco Lambiasi, celebrazione che ricorderà anche l’anniversario del riconoscimento della Fraternità di Comunione e Liberazione.
A Rimini i primi ad ascoltare il nome di don Giussani sono stati quegli studenti che in una gita a San Leo incontrarono nell’estate del 1962 un gruppo di giessini milanesi e forlivesi. Quel modo di vivere la fede così valorizzatore del desiderio di verità e bellezza che ogni giovane si porta dentro conquistò subito quei ragazzi riminesi che già nel successivo inizio di anno scolastico fecero ai propri coetanei la proposta di GS. L’intuizione di una diversa modalità di presenza nell’ambiente studentesco era venuta a Giussani proprio durante un viaggio in treno verso la Riviera, quando incontrò un gruppo di ragazzi molto ignoranti delle verità elementari del cristianesimo. E dopo la crisi del Sessantotto proprio in un incontro con i pochi sopravvissuti della fiorente GS riminese (don Giancarlo Ugolini e pochi altri) ebbe l’intuizione che darà vita a Comunione e Liberazione: nel contesto culturale moderno non è più sufficiente il richiamo alla tradizione, ma solo l’incontro con una presenza viva può ridestare la curiosità verso il fatto cristiano.
Sul contributo dato dai giessini al movimento del Sessantotto a Rimini e alla crisi radicale che ne derivò, si è molto parlato nelle settimane scorse a proposito del recente volume curato da Fabio Bruschi, uscito a cinquant’anni da quegli avvenimenti. Don Giussani, lo attestano i documenti, più volte nel periodo successivo al Sessantotto venne a Rimini per incontrare i giovani rimasti fedeli al suo messaggio ed anche per incontri pubblici. Uno di questi incontri, dedicato alla famiglia, si tenne l’8 novembre 1970 al Palazzo dei Congressi di San Marino. Andò ad ascoltare un gruppo di riminese, giovani coppie sposate (si chiamava Gruppo Famiglie) che aveva seguito il proprio itinerario di fede nell’Azione Cattolica. Fra di loro c’erano anche Nicola Sanese, a quel tempo giovane direttore di Promozione Alberghiera, e sua moglie Vittoria. “Fino a quel momento – racconta Sanese – di don Giussani avevamo solo sentito parlare dagli amici di Rimini che da tempo lo seguivano , don Giancarlo, Emilia, Antonio e tutti gli altri. Quel giorno lo ascoltammo direttamente per la prima volta e a lungo, perché il raduno durò l’intera giornata. Ci colpì moltissimo, tanto che da quel giorno decidemmo che lo avremmo seguito fino in fondo”. Un’esperienza, questa, che è possibile rintracciare in molti altri che hanno incontrato il sacerdote. “Mi aveva colpito – spiega Sanese – il modo nuovo, molto convincente, di proporre il Vangelo e le verità cristiane di sempre. In fondo non diceva cose nuove, la novità stava nel metodo che proponeva. Collegava in modo formidabile la fede con i problemi di cui si discuteva in quel convegno, e cioè la famiglia, l’educazione, i figli”.
Dopo quel primo incontro, per Sanese ce ne sono stati altri, più diretti. “Una prima volta, nel 1975, quando insieme ad altri amici ci volemmo confrontare con lui circa la nostra decisione di presentarci candidati per il consiglio comunale. Poi nel 1976, quando mi trovai a dover fare una scelta importante, come quella di candidarmi per il Parlamento. Ma c’è stata una frequentazione abbastanza abituale da quando nel 1980 insieme ad altri amici decidemmo di cominciare l’esperienza del Meeting. Don Giussani mi ha sempre affascinato per la sua capacità di vivere per primo ciò che proponeva agli altri. Era assolutamente attento alle persone: quando veniva a casa mia si ricordava dei nomi dei miei figli, anche se li aveva visti molto tempo prima. Si ricordava di tutto, di tutti i particolari della persona che aveva davanti. E lo faceva un uomo che aveva un orizzonte ampio, che conosceva e seguiva una enormità di situazioni”.
Nicola Sanese fa capire che per lui il rapporto con don Giussani è stata l’esperienza di una paternità che lo ha accompagnato nelle diverse svolte della vita.
Una testimonianza della sua paternità nei confronti della comunità di CL di Rimini è nell’omelia che tenne nel dicembre del 1992, in occasione dei trent’anni del movimento a Rimini. Prendendo spunto dai magnifici affreschi del Trecento riminese della chiesa di Sant’Agostino, don Giussani espresse un ringraziamento: “La grande cosa di cui ti ringraziamo o, Signore, è innanzitutto questo: che la nostra storia hai inserita vivamente, saldamente nel tronco della tradizione cristiana. Ci hai dato di nascere, di crescere, di vivere dentro la santa madre Chiesa. Partecipiamo con la nostra storia, lunga e breve, alla lunga e ancora breve storia della Chiesa che ha davanti a sé il mistero dèl disegno di Dio, e quindi anche duemila anni possono essere come un momento di tempo”. Rivolgendosi poi agli amici riminesi disse: “A questo impegno siete stati chiamati: la testimonianza a Cristo. La vostra comunità ha gridato al mondo, alla città vostra e a tutto il mondo, a chiunque vi abbia accostato che Cristo è Dio. Che Dio è diventato un uomo e si è fatto compagno nel cammino nostro, con noi compie i passi che a noi chiede”.