(Rimini) Si è conclusa ieri sera la direzione del Pd provinciale, in due puntate tanti sono stati gli iscritti parlare. In totale sono state otto leore di dibattito scandite da una sessantina di interventi, quelli più attesi sono arrivati tutti nella seconda puntata di ieri sera, tra cui quello del sindaco di Rimini Andrea Gnassi, secondo il quale “non si può prescindere dal guardare ciò che avviene a Roma, sia dentro che fuori dalle fila del Patito democratico. Ogni discorso che possiamo fare, che dobbiamo fare, rischia di essere datato visto un quadro in veloce evoluzione che, oramai, brinda al provabilissimo accordo tra 5 stelle e Lega/centrodestra. E’ uno scenario con il quale tocca fare i conti, a Roma come la nostra provincia, in vista delle amministrative dell’anno prossimo”.
E’ un’evidenza che “il Partito democratico ha perso su lavoro, protezione/sicurezza, tasse/burocrazia. Questi gli argomenti che ci hanno portato a un progressivo scollamento con le comunità e i territori. Sì, è vero, abbiamo affrontati quegli argomenti ma senza la capacità di creare un legame unico, un’unione di intenti, in grado di dare risposta all’unica questione ormai fondamentale in tutto il mondo: inclusi ed esclusi. Ma non è solo quello, se si pensa che una larga fetta delle elites, intellettuali in primis, si è riposizionata all’istante sui partiti anti sistema. C’è un problema di sostanza, c’è un problema di messaggio, c’è un problema di veicolo del messaggio stesso. Ci sono stati problemi di personalizzazione, evidenti e macroscopici, ma sarebbe sbagliato scagliarsi verso un solo, individuato, capro espiatorio”.
Secondo Gnassi il Pd deve “uscire dal miraggio del tutto e subito, della rapidità senza profondità, della ricetta, della formula magica, per entrare invece in quella di un riformismo estremo. Stare a metà del guado non paga. Riformismo radicale significa non buttare bombe o fare le barricate ma essere conseguenti sino alla fine con le proprie scelte valoriali. Di centrosinistra. Il tema è quello della ridistribuzione della ricchezza; abbiamo visto come abbiano vita breve le politiche degli incentivi e delle mance. Ma adesso tocca a noi cambiare completamente gioco. La questione delle tasse, della burocrazia la si risolve davvero se si spinge sull’autonomia dei territori. Autonomia di decidere la tassazione per mantenerne i proventi sul territorio. Dobbiamo avere il coraggio di andare fino in fondo e dire che autonomia deve essere a 360° perché è questo che ci configura come forza politica, aumenta gli investimenti, permette di risolvere problemi che sono di tutti noi e tutti i giorni, senza farne ogni volta una questione accademica, incomprensibile. Sulla sicurezza, ad esempio, siamo andati sulla linea Minniti lunghi, tardi e non del tutto convinti. Se la lega costruisce il suo link sentimentale con il popolo attraverso il referendum sull’autonomia, per fortuna il guizzo di Bonaccini in Emilia Romagna permette di bypassare il desiderio centralista di Roma. Dobbiamo abbattere le rendite, le incrostazioni che tengono fermo il Paese. Con coraggio, senza fermarsi a metà, senza interrompersi per il timore di perdere un consenso. Dobbiamo essere forza moderna e propulsiva perché- vedrete- 5 Stelle e Lega metteranno insieme restaurazione, reazione e paura. Ma non per questo, almeno nel breve periodo, perderanno appeal”.
In definitiva, “abbiamo fatto tante cose buone, ma senza trasmettere una visione del Paese. Non basta evocare lo sviluppo, occorrono anche veri e propri strappi tematici. Sono gli atti politici che danno identità e l’identità il nuovo PD non se la darà facendo accordi con le rendite ma rompendole, stando anche all’opposizione ma rompendole. E dobbiamo cercare intese, alleanze, accordi con i pezzi di società, le persone, che ci stanno a portare avanti questa visione. Qui non si tratta di trovare uno scherma di gioco che va bene a tutti, non si tratta di elaborare la ricetta che piace indistintamente da Nord a Sud. Il Partito Democratico era nato per essere e fare altro”.
Entro un anno 17 Comuni della Provincia andranno al voto amministrativo. “In tutti e 17 i Comuni la perdita di consensi per il centrosinistra tra politiche 2013 e 2018 si attesta sul 9,03 per cento, con punte di – 12 per cento. In tutti i casi siamo al terzo posto, venendo dietro 5 Stelle e centrodestra, con distacchi in doppia cifra. Come ci riprendiamo dalla botta del 4 marzo? Come ci riorganizziamo per cercare la rivincita nei prossimi 12 mesi? Non mi interessano le polemiche né le rivendicazioni, mi interessa oggi avere chiaro come ripartire a Roma e nei nostri 17 Comuni perché il 2019 è già ieri. Lo misuriamo ogni giorno nelle città che abbiamo l’onere e l’onore di guidare: essere radicali nel governo di una realtà territoriale o di un intero Paese, vuol dire costruirsi un’identità, una riconoscibilità, una nettezza su proposte che alla base devono avere il coraggio delle scelte. Coraggio delle scelte, ad esempio, su un nuovo stato sociale, riconoscendo che tra i bisogni delle persone e lo Stato, non ce la fa più ad esserci solo lo Stato, ma ci può essere un welfare di comunità, uno stato sociale di comunità; coraggio delle scelte sulla riconversione di un modello di sviluppo non centrato sul consumo di territorio, ma sui grandi motori della cultura, dei servizi e delle tecnologie su cui si formano e trovano occupazione i nuovi lavoratori; coraggio delle scelte sull’accoglienza delle persone, che implica solidarietà, ma anche fermo rigore verso chi non si vuole integrare e non sta alle regole. Perché, ad esempio, non troviamo la forza di dire, anche a livello locale, che i richiedenti asilo possano e debbano offrire un contributo in lavoro vero e non simbolico alle comunità che li ospitano? Serve un progetto riformatore centrato sul coraggio delle scelte, come quello che stiamo cercando di armonizzare per la realizzazione dell’area vasta della sanità romagnola. Un progetto per il quale non abbiamo fatto accordicchi, messo qualche pezza o cercato mediazioni al ribasso. Al contrario, abbiamo concretizzato un progetto difficile ma dichiarato, fortemente riformatore, sul quale abbiamo investito superando i campanili, cercando di garantire la migliore sanità ed i migliori medici ad ogni cittadino, senza distinzione di censo e reddito, in una fascia territoriale di 100 chilometri ed al massimo a 40 minuti da casa di ciascuno. O come il recente processo di unificazione delle agenzie della mobilità e del trasporto pubblico romagnolo, realizzato per dare al futuro della mobilità un ambito adeguato e prospettico per gli investimenti ecocompatibili e per continuare a garantire la fruibilità nei territori più disagiati e per le fasce sociali meno autonome. Serve un Partito Democratico perno di un progetto radicalmente riformatore e che, sulla base di questo, coltiva e cerca relazioni e alleanze sociali profonde e non alleanze di ceto politico. Un PD perno di un progetto riformatore che si allarga al centro e a sinistra, a un civismo sociale e ad un civismo dell’intraprendere, dell’impresa, delle professioni. Un allargamento non centrato su alleanze politiciste o accordi elettorali immediatamente percepiti come ‘di plastica’ e dunque con scarsa o nessuna capacità espansiva, ma centrato su idee dichiarate di città e di Paese, capaci di dialogare e includere forze dinamiche e attive nelle nostre comunità”.
Infine, “resta inteso che questa direzione, così partecipata, con un numero di interventi che non si vedeva da anni, un segnale lo ha dato. Un segnale di unità e di voglia di ritrovarsi. Ripartiamo da qui”.