Una IEG (la società della Fiera) che si attrezza per vincere la competizione sul mercato globale, una società che si pensa in grande e vuole conquistare nuovi traguardi. È il senso alla doppia operazione di privatizzazione e quotazione in Borsa che il presidente Lorenzo Cagnoni ha fornito ieri sera al consiglio comunale, chiamato a dare il via libera al progetto. Cagnoni ha anche risposto alle varie obiezioni e preoccupazioni arrivate dai gruppi di minoranza che, come al solito, si sono presentati in ordine sparso. Alcuni hanno votato contro altri si sono astenuti. Luigi Camporesi, di Obiettivo Civico, ha ripetuto le ormai note critiche alla gestione della Fiera, arrivando, lui che in campagna elettorale aveva proposto la privatizzazione come mezzo per realizzare investimenti pubblici, a votare contro il progetto. Gennaro Mauro, del Movimento per la sovranità, non condivide gli attacchi alla Fiera ma insiste perché non si scenda sotto il 50 per cento per potere avere assoluta certezza sul mantenimento della governance. Marzio Pecci, capogruppo della Lega, rivendica la bandiera storica della sinistra, ovvero lo statalismo e il controllo pubblico delle società. Carlo Rufo Spina si pone in linea con la tradizione di collaborazione sulla Fiera realizzata da Forza Italia. Gioenzo Renzi, di Fratelli d’Italia, spinge sul tasto dell’accessibilità. Mario Erbetta, ex Patto Civico, si dichiara completamente a favore.
La nota trasversale emergente in quasi tutti gli interventi sono stati i dubbi circa la possibilità che il territorio di Rimini possa perdere il controllo di una delle realtà economiche più vive ed efficienti.
Il consiglio comunale era chiamato ad approvare due distinte operazioni: un aumento di capitale e la relativa offerta pubblica di sottoscrizione, l’offerta pubblica di vendita delle azioni di Rimini Congressi che in questo modo passerà dal 65 per cento a circa il 41 per cento di IEG. In questo modo saranno raccolti circa 70 milioni di euro, 45 milioni dalla sottoscrizione e 25 dalla OPV. Con quali obiettivi? Sostenere il programma di sviluppo e di investimenti di IEG, dimezzare il debito contratto per la realizzazione del Palacongressi.
Cagnoni ha spiegato che non si deve interrompere il percorso di crescita della società e che la quotazione in Borsa è il primo passo verso traguardi ancora più ambiziosi di quelli finora raggiunti.
IEG ha adottato un business plan che prevede la costruzione di nuovi padiglioni sia a Vicenza che a Rimini (fra cui anche quello circolare per gli eventi di spettacolo) e investimenti sui prodotti. Sono finanziati dal reddito prodotto dalla società, anche se in alcuni anni l’esposizione debitoria sarà maggiore. Quindi non si va in Borsa per stato di necessità, - è il mantra di Cagnoni da sempre - ma per acquisire ulteriori risorse che potrebbero servire per nuove acquisizioni o aggregazioni al momento non prevedibili. Peraltro, IEG, sarebbe il terzo gruppo fieristico che accede alla quotazione, per ora ci sono solo Milano e Basilea. Se si resta sopra il 50 per cento – ecco la risposta alla prima obiezione - le risorse raccolte sono inadeguate. Nemmeno è possibile rinunciare alla vendita delle azioni di Rimini Congressi, perché con la sola sottoscrizione si avrebbe comunque una diluizione delle quote pubbliche e la discesa sotto la quota del 50 per cento.
Il rischio di perdere la governance dell’azienda? Cagnoni ha ribadito che con tutti i meccanismi previsti (voto maggiorato per tre anni, unanimità del consiglio e maggioranza dei due terzi in assemblea per le questioni strategiche), il rischio è assolutamente scongiurato.
Conclusa l’operazione in Borsa, si potrà pensare a ulteriori passi. Sempre disponibili all’integrazione con Bologna, ma non perché si resta ne confini amministrativi dell’Emiia Romagna, ma perché è un’idea industriale valida. Se per qualche ragione Bologna si tirasse indietro, l’obiettivo dell’integrazione va ricercato con altre realtà. E in Italia sono poche (Verona, Milano) quelle a cui guardare. Cagnoni ha invitato anche a superare una mentalità localistica che vede come un pericolo l’eventuale esportazione di fiere di successo all’estero. “E’ sbagliato – ha detto – pensare di difendere l’attrattività internazionale dei nostri prodotti pensando di farli crescere solo a Rimini. Dobbiamo invece replicarli e posizionarli solo all’estero”.
Il dibattito è stato concluso dal sindaco Andrea Gnassi che ha dato notizie sulle ipotesi di lavoro in campo per migliorare l’accessibilità alla Fiera. Il Comune di Rimini si candida a intercettare i fondi statali (2 miliardi a disposizione) per il potenziamento del trasporto rapido di massa. L’idea è quella di un collegamento rapido su gomma (ma non lo si chiami TRC!) fra la stazione centrale e quella di Rimini Fiera. Se si otterranno i finanziamenti (il nuovo governo li confermerà?), si realizzerà un tracciato dedicato sull’asse stradale esistente.
In discussione con Trenitalia c’è il potenziamento della linea ferroviaria fra Rimini e Santarcangelo. Nella tratta esistenze c’è un problema di cadenza mento dei convogli e potrebbero essere necessari investimenti per aumentare il traffico.
Con Autostrade invece si discute del potenziamento del casello di Rimini Nord e/o dell’apertura di un casello per Rimini Fiera. E infine Gnassi ha proposto (“Non ridete”, ha messo le mani avanti) interventi per migliorare l’accessibilità pedonale e ciclabile.Tutti in Fiera in bicicletta.