Per scrivere “Atti osceni in luogo privato” Marco Missiroli ha impiegato ventitré giorni, per arrivare all’ultima stesura di “Fedeltà” (uscito da qualche giorno da Einaudi) sono stati necessari quattro anni. Dopo l’enorme successo della storia di Libero Marsell, lo scrittore ha avuto come un blocco, si è impadronita di lui una sorta di ansia da prestazione, come Missoroli stesso ha confessato al pubblico che ieri pomeriggio ha affollato all’inverosimile la Sala del Giudizio, al Museo, per la prima presentazione nazionale della sua ultima opera. Tanta gente in piedi, anche fuori dalla sala. Al suo fianco il sindaco Andrea Gnassi. “Ed anche la prossima presentazione la faremo qui”, ha assicurato lo scaramantico Missiroli.
Il precedente libro era andato benissimo, come replicare e corrispondere alle aspettative dei lettori? Un rovello che ha tormentato anche lo scrittore tanto da fargli vergare una lettera aperta al proprio editore per invitarlo a non pubblicare nulla che non fosse all’altezza.
E “Fedeltà” non solo si è mostrato all’altezza ma è risultato addirittura migliore, ha sentenziato un lettore certamente esperto come Piero Meldini. Il quale ha avuto il compito di introdurre l’incontro e di sollecitare l’autore con domande e osservazioni appropriate, tanto da far esclamare all’autore “Ma l’hai proprio letto bene!”.
Meldini considera “Fedeltà”un’opera umanamente e letterariamente matura, fondata su un’abile capacità di introspezione psicologica dei personaggi, specialmente di quelli femminili, e su una scrittura asciutta che però riesce a rendere una realtà complessa con sapiente uso di sfumature. I protagonisti di questo romanzo sono Carlo e Margherita, lui un insegnante universitario a progetto, raccomandato dal padre, lei un’agente immobiliare. Le loro vicende si intrecciano con quelle di Sofia, studentessa di Rimini a Milano per un master, e di Andrea, un fisioterapista, dedito alla boxe senza guantoni e ai combattimenti fra cani, che risulta la figura più inquietante del romanzo. È con loro che i due protagonisti principali vivono quella zona d’ombra in cui non è chiara la linea di confine fra fedeltà e infedeltà.
Missiroli ha raccontato due aneddoti su come è nata l’idea del romanzo. In un bar gli capita di ascoltare l’allegra conversazione di tre ragazze. Quando una si allontana, le due rimaste cominciano a sparlare della terza. “Immaginate una telecamere che prima riprende le tre, poi le due, infine la terza che se ne è andata”. In qualche modo è struttura narrativa di “Fedeltà”.
Il secondo episodio lo ha riguardato direttamente. Sua moglie ha avuto bisogno di numerose sedute fisioterapiche per curare una tendinite. Come la protagonista del romanzo, la moglie tornava dalle sedute particolarmente e inspiegabilmente contenta. “Fedeltà” è insomma nato una sottile crisi di gelosia dell’autore.
Secondo Meldini nel romanzo sono rintracciabili tre trame. La prima è il racconto dei fatti, asciutti, senza colpi di scena. La seconda è la trama dei pensieri sottili dei protagonisti che Missiroli sa ben inseguire e raccontare. La terza è una trama topografica, i personaggi sono ancorati a luoghi precisi, in determinate vie di Milano e in ben noti spazi e luoghi di Rimini, la città in cui Missiroli è nato e vissuto prima di approdare nel capoluogo lombardo. C’è il quartiere Ina Casa, dove abitava, con via Magellano, la piazzetta di largo Bordoni, il bar Zeta, la ferramenta. C’è il centro storico, ci sono inevitabilmente il mare e la spiaggia. Ci sono gli amici di una vita, inseriti come personaggi minori con nome e cognome reale. “Rimini mi è mancata, con questo romanzo, ho ritrovato Rimini. – ha detto Missiroli – Quando mi chiedono perché non torno a Rimini, rispondo che non stando vicino alla mia città la sento più desiderabile”.
La fedeltà del titolo è plurale, non è semplicemente quella coniugale. È la fedeltà a se stessi, ai rapporti, ai luoghi. Il libro nasce per documentare quanto sia faticosa l’infedeltà, soprattutto se significa rinunciare a se stessi.
Due ultime notazioni. Secondo Meldini, il personaggio più interessante è Anna, la madre di Margherita, “una sarta finita”, che nella trama del romanzo ha il compito di ricucire i rapporti frantumati. E le pagine più belle sono quelle finali, rasserenanti, pacificanti. Gli ha fatto eco Missiroli raccontando di essersi trovato a scrivere il finale in un bar, mentre a Milano scendeva la neve. “La neve su Milano mi ha indotto a rivedere tutto, a rallentare il ritmo”.
Valerio Lessi