Accanto alla campagna elettorale per europee e amministrative in queste settimane nella nostra provincia, soprattutto nella zona sud, si è tenuta un'altra campagna, quella per il rinnovo del consiglio d'amministrazione della Banca Popolare della Valconca, il primo dopo la trasformazione in Spa dell'istituto di credito. In lizza ci sono quattro liste (e questa è già una notizia), ciascuna delle quali ha organizzato riunioni dei soci per presentare idee e programmi. Lo hanno fatto la lista Ata/Montanari /Angelini, la lista Boldrini/Grassi, la lista guidata da Giovanni Pecci ed anche la cosiddetta lista del consiglio, perché espressione del Cda uscente.
Il professor Alessandro Berti, docente di tecnica bancaria e finanza aziendale all'università di Urbino, ne fa parte. Berti è in consiglio da due anni, voluto nell'organismo dai dipendenti della banca che però alle elezioni del prossimo 26 maggio voteranno la lista Boldrini-Grassi. Cosa è successo?
“Mi pare che i dipendenti siano presi da una sorta di sindrome di Saturno perché nel tempo hanno fatto fuori tutti coloro che hanno nominato. Ora pensano di affidare le lori sorti alla lista in cui c'è un industriale come Emendatori che certamente, i dipendenti lo devono sapere, avrà un visione molto attenta alla riduzione dei costi e all'efficienza aziendale”.
Perché ha deciso di ricandidarsi?
“Sono partito dal fatto che l'esperienza di questi due anni è stata positiva. Insieme ai colleghi, tutte persone dedite a fare il bene della banca, abbiamo lavorato sodo ed anche ottenuto importanti risultati. Quando abbiamo visto che la base sociale era profondamente divisa, abbiamo ritenuto importante che ci potesse essere anche una scelta di una continuità discontinua. Non è solo un ossimoro, la realtà è che in questi anni il consiglio è stato ampiamente rinnovato, non è più espressione di quelle gestioni del passato su cui si appuntano le critiche”.
Quali sono i risultati che rivendica?
“Abbiamo svolto un lavoro di risanamento di cui vado orgoglioso. Abbiamo venduto i crediti deteriorati e deciso la cartolarizzazione dei crediti in bonis. Due operazioni che hanno reso più solida la banca. Ci accusano di aver svenduto i crediti deteriorati: non è vero, lo abbiamo fatto con garanzie statali, in un'operazione di sistema insieme al mondo delle Popolari. Abbiamo pienamente corrisposto alle richieste arrivate dagli organi di vigilanza. Sono state chiuse filiali non più convenienti, ma non si è licenziato un dipendente. Ci contestano di non aver pagato i premi di produzione, ma credo si capisca che era una scelta impraticabile visto che solo da due anni la banca è tornata in utile. Ci siamo mossi per trovare un partner industriale e mi auguro che chi prenderà le redini della Valconca porti a termine l'operazione. Adesso la banca è nelle migliori condizioni per andare ad un 'matrimonio' senza essere in condizioni di debolezza”.
Lei elenca una serie di meriti, eppure tutte le altra liste sono concordi nell'obiettivo di mandare a casa l'attuale consiglio d'amministrazione...
“E' l'unico punto su cui sono d'accordo, perché per il resto non ho ben capito quale piano industriale abbiano per la banca. A volte, se mi è consentita l'espressione, mi sembra di essere di fronte a una sorta di 'grillismo bancario e finanziario' il cui unico obiettivo è il cambiamento per il cambiamento, cioè senza sapere cosa fare di diverso. Penso che la banca, pur proseguendo nel necessario rinnovamento, abbia bisogno anche di continuità. Altrimenti si perde la memoria storica, si corre il rischio di ricominciare tutto daccapo, mandando in fumo un lavoro ben fatto. Del vecchio consiglio ci siamo candidati solo in tre, tutti gli altri sono professionisti competenti che potranno dare grande impulso allo sviluppo dell'istituto; non partiamo da zero, ma dal piano industriale che già con questo consiglio abbiamo cominciato ad attuare”.