I primi missionari partirono nel 1985 diretti a Ndola, nello Zambia, perché il vescovo locale mons. Denis Dejong aveva chiesto a don Oreste Benzi di aprire una casa famiglia. Da allora la Comunità Papa Giovanni XXIII non ha mai smesso di aprire case e strutture di accoglienza all'estero, tanto che in questo momento è presente in 42 paesi, di tutti i cinque continenti. Presto i paesi saranno 44 perché all'assemblea internazionale che in questo week end si è tenuta al PalaFiera di Forlì (presenti circa duemila persone) sono state annunciate due nuove partenze. La particolarità sta nel fatto che questi due nuovi insediamenti non sono in tradizionali paesi di missione, ma nella vecchia Europa. Due famiglie presto andranno a vivere, una nella protestante Svezia, culla della secolarizzazione, l'altra nella un tempo cattolicissima Irlanda. Il carisma della comunità è condividere la vita dei più poveri e certamente in questi paesi non mancano quelle categorie di persone a cui tradizionalmente presta attenzione la Papa Giovanni XXIII. La scelta di insediarsi anche nella vecchia Europa (è già presente in undici paesi) indica che il carisma di don Oreste vuole abbracciare anche le povertà tipiche, spesso esistenziali e spirituali, degli uomini che vivono nel Vecchio Continente.
In Svezia andranno Laura Lanni, suo marito Mario, e i due figli di 3 e 7 anni. “Prima di sposarci – racconta Laura – sia io che mio marito abbiamo vissuto diverse esperienze all'estero, sia in strutture della Comunità che in altre promosse da Ong o diocesi. Adesso che i figli sono un po' cresciuti, abbiamo offerto la nostra disponibilità a partire. E nel colloquio con il responsabile della comunità, Giovanni Paolo Ramonda, è emersa la destinazione Svezia”. Ancora non è definito cosa Laura e Mario faranno in Svezia, arrivati dovranno trovarsi un lavoro per mantenersi e dovranno imparare la lingua. Ma intanto partono, secondo il metodo che don Oreste già segnalava nel 1991 nel libro-intervista Con questa tonaca lisa: “le nostre missioni sono nate in modo spregiudicato, senza progetti a tavolino, seguendo unicamente il richiamo dello Spirito”.
A Rimini, ma probabilmente anche in Italia, forse non c'è la percezione di questa dimensione internazionale della Comunità nata da don Benzi. Ma, come spiegava il sacerdote, quando ancora la Papa Giovanni XXIII era all'inizio dell'espansione missionaria, “La missione è connaturale alla vocazione della Comunità. La nostra identità è la comunione con Dio e con i fratelli vissuta nella condivisione diretta. La comunione per sua natura tende a dilatarsi attraverso la missione”. Il sacerdote poi specificava: “I membri della comunità seguono Gesù povero, venuto ad annunciare la buona notizia ai poveri. È il metodo della condivisione diretta che ci spinge all'annuncio. E ai poveri che incontriamo diciamo: veniamo ad annunciarvi Gesù, tanto è vero che insieme condividiamo la vita e fra di noi le membra più deboli sono anche le più onorate”.
Seguendo queste indicazioni, e sempre rapportandosi con i vescovi locali, ancora oggi i membri della Comunità che sono in missione condividono le situazioni umanamente più estreme. In Bangladesh, per esempio, dove sono presenti da ormai vent'anni e dove vige ancora il rigido sistema delle caste, la condivisione è con i senza casta, con i cosiddetti intoccabili, condannati a dover eseguire i lavori più umilianti e che permettono guadagni del tutto insufficienti a mantenersi. Nelle strutture di accoglienza della Comunità vivono insieme cristiani, indù e musulmani; ed accade che le donne abbandonate dal marito, perché sterili, diventino madri affidatarie di bambini orfani o disabili.
Nel corso dell'assemblea internazionale è arrivate anche una forte presa di posizione sul caso delle armi prodotte in Sardegna e vedute agli alleati dell'Arabia Saudita, impegnati nella guerra nello Yemen. «Non possiamo più tacere, - ha detto il responsabile generale Giovanni Paolo Ramonda - supplico tutta la Comunità: dobbiamo prendere in mano una situazione aberrante per cui migliaia di bambini sono vittime. Non è un segreto che l’Italia stia continuando a fornire armi all’Arabia Saudita. Il nostro cammino interiore e sprirituale ci deve portare a scelte globali che incidano nelle scelte pubbliche».
«È la vita interiore che ci dà il coraggio della verità», ha continuato, rivolto ad una Chiesa in uscita, che si ritrova nello slancio evangelico di Papa Francesco: «Quando camminiamo senza portare la Croce dei fratelli non siamo discepoli del Signore: siamo Vescovi, Cardinali, Papi, ma non chiamiamoci discepoli del Signore», ha detto Ramonda citando il Santo Padre.
Domenica mattina è stato conferito per la prima volta il Premio Internazionale don Oreste Benzi, istituito per valorizzare significative esperienze di condivisione della vita dei più poveri. In questa sua prima edizione è stato assegnato a Padre Fabrizio Valletti, sacerdote gesuita, per il suo impegno nel proporre positive opportunità di vita ai giovani di Scampia, il popoloso quartiere di Napoli.
L'assemblea si è conclusa con la Santa Messa celebrata da Mons. Nicolas Brouwet, Vescovo di Lourdes, dove la Comunità è presente dal 2010 con una casa famiglia. Nella giornata di sabato l'assemblea ha ricevuto la visita di mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei.
Valerio Lessi