Se c’è un settore economico del quale si potrebbero già quantificare i danni, questo è quello del turismo. Danni reali, sensibili, già evidenti nella contabilità delle aziende, non danni probabili, che si verificheranno se l’emergenza sanitaria continuerà a lungo. Gli alberghi non hanno alcun obbligo a restare chiusi, ma molti, anche in Riviera, hanno chiuso per il semplice motivo che, se le persone non si possono spostare, viene meno automaticamente la mission dell’albergo. Questo sarebbe stato il tempo di avvicinamento alla Pasqua, l’anteprima della stagione estiva. Non avremo l’anteprima, ma nemmeno sappiamo se avremo la stagione. Forse, dovremo accontentarci di una “mezza stagione” (che in questo caso non ha nulla a che fare con le condizioni meteo). I più ottimisti fra gli operatori turistici sperano che, passata l’emergenza, ci sarà gran voglia di muoversi. Vero, ma quanti soldi saranno rimasti in tasca da poter spendere?
In ogni caso i danni al turismo sono già enormi, ma il decreto Cura Italia varato dal governo non se ne cura a sufficienza. Non traspare la consapevolezza che il turismo sia una industria fondamentale per lo sviluppo e la crescita del Paese. Da ogni angolo della Penisola il coro degli operatori turistici è unanime: così non va. Ancora le proteste delle associazioni di categoria del settore turismo non hanno conquistato le prime pagine dei giornali nazionali, ma la delusione e il malumore sono crescenti.
“Bene il rinvio dei termini per il pagamento di Iva, ritenute e contributi e l’intervento sui mutui – ha dichiarato Bernabò Bocca, presidente Federalberghi -. Ma resta una doppia preoccupazione relativa alle varie scadenze che si susseguiranno nei prossimi mesi, in primis per il pagamento di Imu e Tari, e per la sorte degli alberghi che vengono gestiti con contratto di affitto o formule simili. Ogni mese quasi ventimila strutture devono pagare un canone alla proprietà e in questo momento non sono in condizione di farlo”.
Questo dei canoni di affitto per gli alberghi è particolarmente sentito in Riviera dove buona parte degli hotel (a Rimini circa il 50 per cento) sono gestiti da affittuari.
Ma il cahier de doleances degli albergatori contiene altri punti: “Mancano all’appello due misure importanti, che erano state preannunciate: – ha aggiunto Bocca - una forma di ristoro per le aziende danneggiate dalla crisi e un incentivo agli italiani che effettuano le vacanze in Italia. Si tratta di passaggi fondamentali per consentire al sistema di fronteggiare una situazione drammatica e per iniziare a programmare il ritorno alla normalità, facendo leva sulla clientela italiana, che storicamente costituisce il nostro primo bacino di riferimento.”
A livello locale, a dar voce al malcontento degli operatori, si è espresso Gianni Indino, presidente di Confcommercio, attraverso una lettera aperta ai politici del territorio. La posizione è netta.
“Non mi sarei mai aspettato che il governo, lo Stato, la patria, ci abbandonassero. Sì, perché di questo si tratta. In questo momento di gravissima difficoltà per i commercianti, per gli operatori del turismo, per gli agenti di commercio, insomma per tutti i piccoli imprenditori, ci sentiamo dire: forse, sì ma, vedremo”.
Indino punta il dito non solo su ciò che manca ma anche su alcune misure previste dal decreto Cura Italia: “Riteniamo i 600 euro previsti per alcuni un’elemosina, un'offesa che non ci saremmo mai aspettati. Una cifra addirittura inferiore al Reddito di cittadinanza. Le nostre aziende hanno bisogno di ben altro, hanno bisogno di un immediato sostegno economico a fondo perduto, perché sappiamo già che non si riaprirà per molto tempo e senza incassi non si riuscirà a far fronte al pagamento delle tasse, neanche se le scadenze sono state spostate di qualche settimana. No, così non va bene”
Il presidente di Confcommercio ricorda che “la stagione turistica estiva sarebbe dovuta partire da qui a qualche giorno. All’orizzonte però non c’è il sole, ma nuvole nere sui settori del nostro turismo che saranno messi in ginocchio. Hotel, ristoranti, bar, campeggi, stabilimenti balneari, discoteche, parchi di divertimento, parchi acquatici ... un intero comparto che verrà cancellato senza provvedimenti urgenti e congrui. Abbiamo bisogno di un vero “piano Marshall” per gli investimenti, non di elemosina. Il governo prenda coscienza che un settore come il turismo genera oltre il 13% del Pil nazionale e va salvaguardato, difeso, incentivato e non umiliato. Dopo aver dato tanto, questo è il momento in cui pretendiamo di avere qualcosa. Ne va della sopravvivenza delle nostre aziende, delle nostre famiglie. Non dimenticate che diamo lavoro a più del 50% degli italiani, ricordate che senza le micro e piccole imprese non c’è lavoro, senza lavoro le famiglie non si sostengono e il Paese andrà in rovina. Non si deve lasciare indietro nessuno”.
Il decreto Cura Italia lascia insoddisfatta anche l’amministrazione comunale, anche se l’assessore Gian Luca Brasini usa toni molto più felpati. “Tra le diverse misure introdotte dal Cura Italia c’è ad esempio la sospensione di tutti gli adempimenti fiscali e lo stop di tutti i versamenti, compresi contributi previdenziali e assistenziali, ma mancano del tutto provvedimenti che estendano anche agli enti locali la possibilità di procedere con proroghe o sospensioni sui tributi di competenza. Ecco perché già da giorni i Comuni stanno lavorando in autonomia per mettere a punto le procedure da adottare per rinviare o sospendere alcuni pagamenti. Come Comune di Rimini, dopo aver pensato alle rette scolastiche e ai canoni degli impianti sportivi, stiamo ora valutando le prime scadenze più importanti che stanno arrivando a carico dei cittadini come la Cosap, l'Imposta di Soggiorno e soprattutto la TARI. Ad oggi è questa l’unica soluzione che abbiamo in mano: l’ipotesi più veloce e immediatamente applicabile è quella di sospendere le scadenze attualmente in vigore sino all'avvio della stagione estiva, per poi adottare una ulteriore proroga al perdurare dell'emergenza”.
Brasini si augura “che il prossimo decreto possa correggere il tiro rispetto alle misure troppo blande previste per il settore del turismo e dei pubblici esercizi, forse tra quelli più colpiti da questo tsunami che si è abbattuto sul nostro Paese. Basti pensare che la moratoria sui contratti d’affitto – il riconoscimento del credito d’imposta del 60% dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo – non prevede tra i beneficiari gli esercizi del ricettivo. Ci attendiamo nelle prossime settimane interventi più puntuali per una filiera che rappresenta uno dei motori principali non solo dell’economia del nostro territorio, ma in generale dell’intero Stivale”.