(Rimini) Ad oggi, trascorso un mese dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (decreto Cura Italia), gli accordi firmati nella provincia di Rimini per la cassa integrazione sono oltre 3mila (di cui almeno 1.300 nel settore artigianato), con oltre 26mila lavoratori coinvolti. Lo rendono noto i sindacati Cgil, cisl e Uil che parlano di “una crisi dagli effetti devastanti”.
Spiegano i sindacati che “non c’è settore che possa ritenersi escluso dalla crisi anche se, viste le caratteristiche economico-produttive del territorio riminese, si possono ritenere maggiormente coinvolti commercio, turismo, servizi, edilizia, le imprese del settore produttivo alimentare e la manifattura in genere dalla metalmeccanica al tessile”.
L’attività sindacale di sostegno. “In ottemperanza con le ordinanze e le circolari del Governo, della Regione e della Prefettura, le nostre sedi sono rimaste chiuse al pubblico con pochissimi operatori all’interno impegnati a rispondere alle innumerevoli richieste dei cittadini confusi e disorientati, non solo da ciò che sta accadendo rispetto alla diffusione dell’epidemia, ma anche sul cosa fare. Chiedono sostanzialmente se e come poter accedere alle misure vecchie e nuove di sostegno all’economia familiare e personale. Considerando che le persone che si rivolgono ai nostri uffici appartengono spesso alle fasce più precarie e deboli della popolazione, è facile dedurre quanto sia alto il numero di contatti telefonici e mail che pervengono quotidianamente ai nostri Patronati, ai nostri CAF in questo periodo. Bonus, Naspi, Congedi parentali, Isee, per queste pratiche le richieste sono più che laconiche, più che essenziali, un nome, un indirizzo mail o il cellulare e il titolo della domanda, come, ad esempio, 600 euro, che è quella che ricorre di più. Da rilevare, come nota a margine, che le conoscenze digitali della maggioranza delle persone sono assai scarse, cosa di cui chi governa non tiene in sufficiente conto”.
Le condizioni per la ripartenza. “Mentre stiamo contribuendo alla gestione attuale della crisi che è dentro e fuori i luoghi di lavoro, l’altra priorità per noi resta il modo in cui impostare la ripartenza quando sarà autorizzata dalle autorità sanitarie. E’ ormai una consapevolezza consolidata che la convivenza con il virus sarà lunga, ciò nondimeno il tema principale resta la salute e sicurezza nei luoghi di. Si lavora soltanto dove sono garantite la salute e la sicurezza. Vanno pertanto ripensati i modelli organizzativi, gli spazi, gli orari di lavoro, la mobilità, e osservati i dispositivi di protezione individuali (DPI). Per fare questo occorre aprire tavoli provinciali coordinati dalle istituzioni con la partecipazione dei sindacati, delle associazioni datoriali, Ausl, Itl, Inail, per definire le linee guida sulla salute e sicurezza, e, a seguire, accordi nelle aziende, nei siti o di bacino e la messa a punto da parte degli Enti preposti di un sistema di controlli e verifiche sui luoghi di lavoro strutturato ed efficace. Abbiamo avanzato formalmente, e già da un mese, la richiesta di un tavolo sull’economia provinciale per ragionare del futuro: investimenti – riqualificazione – ambiente – qualità del lavoro - legalità. Queste e altre parole d’ordine dovrebbero a nostro parere vedere impegnati in un lavoro collegiale, e condiviso nei suoi obiettivi principali, tutti i soggetti coinvolti”.