Si facciano le primarie, io ci sarò. La prosa non è così limpida, anzi è un tantino involuta, ma il messaggio che Emma Petitti ha consegnato alla sua pagina Facebook appare comunque inequivocabile. E non è in linea con quanto, stando ai resoconti di Chiamami Città, aveva dichiarato poche ore prima nel corso dell’incontro con i tre segretari (regionale, provinciale, comunale), Jamil Sadegholvaad ed altri dirigenti di partito presenti anche se non convocati. Sono disposta a fare un passo indietro – avrebbe detto ieri - per ricercare una soluzione condivisa, terza rispetto alla mia candidatura e a quella di Jamil”.
Dunque una vera inversione ad U, che contraddice non solo le posizioni di qualche ora prima, ma anche quelle che i suoi sostenitori interni, a partire dal segretario comunale Alberto Vanni Lazzari, avevano finora espresso. Vanni Lazzari a dire il vero ha oscillato come sulle montagne russe: se non c’è accordo si facciano le primarie; no, le primarie creano divisione, i candidati facciano un passo indietro; visto che i candidati non lo fanno, venga il segretario regionale Calvano. Ma nemmeno l’incontro con Calvano (che ha esortato a trovare l’unità senza forzature), ha portato a un esito positivo.
Ma cosa ha convinto Emma Petitti a cambiare in poche ore strategia nella battaglia per la conquista della candidatura a sindaco di Rimini? Senza addentrasi in dietrologie non verificabili, l’ipotesi più lineare è che, considerato che nell’incontro di venerdì sera Jamil Sadegholvaad non ha espresso uguale volontà di fare un passo indietro, Petitti abbia ritenuto non ci fossero più le condizioni per uscire di scena. Avrebbe voluto dire lasciare semplicemente il campo libero al candidato di Gnassi.
Ecco che allora Petitti traccia un ragionamento che poggia sui seguenti punti saldi.
Primo: “Non possiamo far finta che la città non sia più contendibile e pensare che sia sufficiente aver ben amministrato per poter automaticamente vincere le elezioni, chiunque sia il candidato”. Traduzione della freccia avvelenata: Sadegholvaad non è più vincente di me perché è stato nelle giunte Gnassi.
Secondo: “Io ritengo che ci sia bisogno di una lettura sottile ed intelligente che va fatta sulla Rimini profonda”. Qui non c’è traduzione, è un’espressione tipica del De Petitti eloquentia.
Terzo e decisivo passaggio: “Ecco, di fronte a tutto questo, pensare che la partita sul futuro di Rimini possa essere decisa ed esaurirsi negli organi di partito o a tavolino semplicemente dalla coalizione, senza che la Città nelle sue articolazioni ne sia coinvolta su una soluzione alta in grado di interpretare col coinvolgimento di tutti questa fase storica, oppure attraverso le primarie aperte a tutti, in cui tutti, nessuno escluso, possano esprimersi liberamente, sarebbe un errore”. Non si capisce bene cosa voglia dire coinvolgere la città nelle sue articolazioni, ma la subordinata fa esplicito riferimento alle primarie. Tutto poteva essere detto in una prosa più chiara e leggibile, ma così è. C’è anche il benservito al tavolo delal coalizione che pretende di decidere il candidato.
Le primarie, dopo essere state in vario modo demonizzate (ci fanno perdere le elezioni, come si fa a celebrarle con la pandemia, generano la guerra civile dentro il partito) tornano nel giro di poche ore ad essere lo strumento migliore per selezionare un candidato forte e adeguato al momento storico.
Ora si tratta di vedere quale sarà la risposta di chi ha la responsabilità di decidere. Nel commentare l’incontro di venerdì sera, il segretario Filippo Sacchetti ha osservato che “La discussione non può svilupparsi esclusivamente intorno a un nome. Semmai intorno alla volontà di decidere insieme e farlo senza dividerci”. Frase ecumenica ma che significa? A esplicita domanda, risponde: “Possiamo decidere negli organismi del partito, assieme ai territori e agli alleati. Oppure possiamo provare a decidere con le primarie, che non sono un problema se non fossimo dentro questa situazione surreale, alle porte di una zona arancione che per almeno 15 giorni (poi spero basta) non ci permette neanche di vederci al bar per un caffè...”. Probabilmente dovrà rassegnarsi alle primarie online, da lui aborrite.
E Sadegholvaad? In tutti questi ultimi passaggi ha tenuto un low profile, senza mai alludere alla questione posta (passo indietro o no?), lasciando in qualche modo intendere che il problema riguardava l’altro candidato. “La vera sfida è quella di presentare alla città un programma di governo che sappia portare avanti l’eccellente lavoro svolto da Andrea Gnassi sapendo al contempo interpretare le esigenze che scaturiranno dagli effetti socioeconomici della pandemia”. Linguaggio semplificato, diretto, gli stessi concetti ripetuti ogni volta come si usa in campagna elettorale; di uno che non abbia mai pensato di ritirarsi.