Proviamo e vedere le cose senza i paraocchi della fazione politica.
Andrea Gnassi conclude i propri dieci anni di mandato con un rendiconto positivo, per alcuni addirittura molto positivo. Ci sono dati oggettivi per un riscontro in questo senso, tuttavia, anche se ci si ferma al solo dato della percezione dei cittadini riminesi il giudizio appare evidente. Non so se il PD abbia svolto un sondaggio demoscopico per quantificarlo, ma ciascuno di noi ogni giorno può averne personale conferma. Il consenso per la sua azione amministrativa va ben al di là del confine degli elettori tradizionali del centro sinistra. È dai tempi di Ceccaroni che non si avvertiva questo sentire della comunità.
Io ho guardato con grande diffidenza ai primi passi della sua esperienza di governo, ma ho dovuto ricredermi e ogni volta che vengo a Rimini dalla periferia della provincia mi sento orgoglioso per quella che considero ancora la mia città. È bella, è viva, ha un’identità che si percepisce. Ha dei problemi? Penso di sì e non piccoli, ma avverti anche che ha l’energia e la speranza per affrontarli. Una speranza che deriva dalla consapevolezza di chi ha già vinto molto sfide.
Ne cito una, quella meno importante, ma forse la più difficile. Liberare piazza Malatesta dal mercato ambulante è stato il sogno di generazioni di sindaci che non hanno mai avuto la forza ed il coraggio per riuscirci. Il suo valore simbolico è stato straordinario ed è andato al di là della restituzione alla città di uno bene comune fondamentale per la sua qualità urbana. Ha dimostrato che si può liberare la scelta di governo dal condizionamento delle singole lobby per affermare invece l’interesse generale e quando si ha il coraggio di farlo, tutto può funzionare meglio anche per i portatori di interessi che erano contrari.
Nessuna persona ragionevole in politica getterebbe via questo patrimonio, l’effetto comunità prodotto in questi dieci anni ha un valore inestimabile. C’è ancora molto da fare, è vero, soprattutto ora, dopo che il Covid 19 ha cambiato il mondo, ma chiunque dovrebbe riconoscere che è un grande vantaggio ripartire con questo vento nelle vele. Che al timone ci sia Jamil o Emma la rotta dovrebbe essere chiara.
Sinceramente non posso capire perché la mia parte politica dovrebbe invece rinunciare a questo plus, non riesco a farmene una ragione. L’amministrazione Gnassi ha ricostruito dopo decenni il “partito della città” che a Rimini era scomparso, lo ha fatto rinnovando la migliore tradizione della sinistra riformista della nostra regione.
Ha ricevuto troppi applausi al centro e perfino a destra? Per me è un successo, sogno ancora un PD a vocazione maggioritaria, quello di Veltroni, ma anche chi la pensa diversamente, seppur avvolto nelle bandiere identitarie, non dovrebbe sputare sul consenso dei cittadini.
C’è un rischio cesarismo se chi raccoglierà il testimone di Gnassi risultasse troppo vicino al sindaco uscente? Non ci credo, l’elezione diretta consegna nelle mani del sindaco un potere che è impossibile cedere o dividere. Il rischio semmai è direttamente proporzionale alla incomprensibile richiesta di discontinuità nei confronti di una gestione positiva ed apprezzata, perché finisce per attribuire esclusivamente alla personalità di Gnassi il merito di quella gestione. In questo modo non c’è più giunta, non c’è gruppo consigliare, non c’è più partito.
Mi spiace per Emma che aveva le qualità per raccogliere quel testimone. Si è fatta trascinare in un campo in cui, comunque finisca il confronto con Jamil, non può vincere. Sgretolare dieci anni di buona amministrazione, sfasciare alleanze civiche faticosamente costruite non consente di vincere le elezioni, soddisfa solo brame da regolamento di conti tra correnti e capibastone.
Quando ha risposto ad una mia intervista di qualche mese fa ha usato buoni argomenti, ma ha eluso il punto centrale ed in queste giornate si capisce perché: la sua campagna sembra non appartenerle più, sembra guidata dai suoi fiancheggiatori, ormai ha i toni, le voci, i volti, gli argomenti di un ritorno al passato. Sinceramente non credo che Rimini lo desideri, quello si è un rischio di cesarismo che la città non è disposta a correre.
Avrei molte cose da dire sugli anni di amministrazione precedenti al mandato Gnassi. Ho ritrovato anche una documentazione che richiesi alla Provincia, con gli strumenti del sindacato ispettivo di parlamentare, sulle varianti urbanistiche del Comune di Rimini nei primi del nuovo secolo. Diciamo che erano anni in cui non era molto facile disporre di dati trasparenti sulla materia.
Tuttavia, mi chiedo quale sia l’utilità di questo tipo di discussione. Abbiamo addirittura una nuova legge urbanistica regionale, con nuovi principi, che ha messo una pietra definitiva sulla stagione della perequazione urbanistica e della sua applicazione “contrattata” che troppo spesso è atterrata malamente sui territori. Rimini ha alle spalle la drammatica esplosione della bolla immobiliare cresciuta con quelle scelte, la chiusura di decine di aziende del settore, la fine della gloriosa Cassa di Risparmio, trascinata in basso anche da quei disastri.
La nostra città ha messo degli anni per risollevarsi e per aprire un orizzonte di nuove speranze di crescita, libere dal condizionamento della rendita immobiliare. Una parte del merito ce l’ha l’amministrazione Gnassi che, in questo campo, ha decisamente invertito la rotta.
Non sarebbe meglio parlare di futuro? La rampa di lancio per partire ce l’abbiamo; sfasciarla proprio adesso, no, grazie.
Sergio Gambini
Ex parlamentare