Turismo, un aprile nero: -22,7% di presenze
Si poteva sperare che la Pasqua, per quanto in anticipo rispetto all’anno scorso, e gli altri eventi di aprile (specialmente di turismo religioso) avessero invertito una tendenza che aveva visto i primi dell’anno turistico con un bilancio con il segno negativo. Ma anche aprile è stato il peggiore degli ultimi anni: su base provinciale si è chiuso con un -19,4% di arrivi e un -22,7% di pernottamenti. In termini assoluti si è passati da 633.586 pernottamenti a 489.586. Sono mancate circa 150 mila presenze.
Il quadro varia da località a località ma è ovunque desolante: Bellaria Igea Marina registra arrivi in perdita per il 37,1% e pernottamenti a -37,7%; a Cattolica gli arrivi sono calati del 19,8 e i pernottamenti del 25,8; Misano Adriatico chiude con un – 16,8 di arrivi e un – 23,8 di pernottamenti; Riccione vede gli arrivi diminuire del 12,7 e i pernottamenti del 18,4; Rimini registra – 19,1 di arrivi e -21,6% di pernottamenti.
A determinare il calo ha certamente contribuito in primo luogo il mercato estero, a partire da quello russo che registra perdite di circa il 60 per cento, ma anche gli italiani hanno disertato la Riviera nel mese di aprile. Su base provinciale la diminuzione è stata del 15,1 per cento negli arrivi e del 20,1 per cento nei pernottamenti. Se si guarda agli storici bacini di utenza, si vede l’Emilia Romagna a – 14,4%, la Lombardia a -27,6%, il Piemonte a -31,7% e il Veneto a -19,9%.
La riapertura dell’aeroporto, con il ritorno di qualche volo dalla Russia, sembra aver sortito qualche effetto: se infatti nei mesi precedenti il calo dei russi era intorno al 70 per cento, nel mese di aprile si è arrestato al 58,9.
Non c’è comunque da stare allegri: i primi quattro mesi dell’anno segnalano su base provinciale un calo di arrivi del 10,8 per cento e un calo di pernottamenti del 15,9 per cento. In termini assoluti si è passati da 1 milione 200 a 1 milione e 9 mila presenze. Ora la speranza è che maggio possa invertire la tendenza e indurre gli operatori turistici a guardare con maggior serenità l’estate ormai alle porte.
A rischio gli hotel gestiti da società di capitale
Arrivi e presenze turistiche sono solo un indicatore dell’andamento dell’economia turistica, il fattore decisivo sono i fatturati, ma c’è da dubitare che con una politica dei prezzi che tende al ribasso, con il crescente aumento dei costi e dell’imposizione fiscale, i margini delle imprese turistiche, di fronte a un così consistente calo di presenze, possano risultare granchè.
Una fotografia, sebbene parziale, perché riferita esclusivamente agli alberghi gestiti da società di capitale (Srl o Spa) è venuta nei giorni scorsi dl rapporto diffuso dalla Fondazione dell’ordin dei commercialisti, nell’ambito della Giornata dell’economia indetta dalla Camera di Commercio.
Sono confermati gli elementi di preoccupazione e di rischio già evidenziati nell’analisi pubblicata lo scorso anno. Se si guarda ai fatturati, il calo non è notevole, nel triennio 20’11-1013 è di appena lo 0,87%, ma dal 2012 al 2013 la diminuzione raggiunge il 2,1 per cento. L’analisi della redditività dice questo: l’indice ROE, che misura quanti euro di utile netto la società è riuscita a realizzare per 100 euro di capitale di rischio, è passato dallo 0,14% del 2011 a -2,02 del 2012 per attestare nel 2013 a -2,19%.
Nel triennio preso in esame, il rapporto di indebitamento, dato dal rapporto fra capitale investito e capitale proprio, è sostanzialmente stabile (4,21 nel 2013), segnalando una situazione al quanto squilibrata fra patrimoinializzazione e ricorso a capitale di terzi. In particolare il rapporto segnala che l’intero capitale investito è finanziato solo per un quarto (24%) da mezzi propri, mentre per il restante importo si ricorre al debito. Per descrivere la situazione dello stato patrimoniale e della solidità finanziaria il rapporto usa spesso l’espressione “fortemente squilibrata”. Se nel 2012 il valore del reddito pre-imposte era pari a 802 e al netto delle imposte scendeva a -1.217, nel 2013 la situazione si è aggravata: reddito pre-imposte pari a 863, dopo le imposte -1.320. Sono cioè imprese che non producono utili e che si continuano a reggersi perché le banche non chiedono di rientrare.