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Mille manifesti, 200.000 clubbers, 1 sindaco. Solo

Mercoledì, 15 Luglio 2015

1bMille manifesti, 200.000 clubbers, 1 sindaco. Solo

 

Dal punto di vista dei numeri, dicono in giro, i 1000 grandi manifesti annunciati con le immagini di Cattelan e Ferrari fanno il paio, in termini di esagerazione, con i 200.000 scalmanati (noi tra quelli) dichiarati per la Molo Street Parade. Difficile, invece, contestare il riscontro di rassegna stampa dei “Saluti da Rimini” sui media. Pur se, rispetto al successo sui giornali soprattutto elettronici (dovuto certo al nome di Cattelan, ma – più – a quel tanto di morboso che produce sempre tanti click), varrebbe la pena domandarsi se esso soddisfi solo il vecchio adagio “purché se ne parli” (di Rimini, ovviamente) o invece una vera strategia – scritta da qualche parte – che dovrebbe condurre la città fuori dalle secche attuali.

 

Questo premesso (ché per dire di più e seriamente bisognerebbe avere a disposizione tutta una serie di dati e di informazioni specifiche), qui, il nostro argomento è un altro, e sono i riminesi stessi; o, meglio, i riminesi alle prese con le idee del loro sindaco.

 

Le reazioni alla vicenda Cattelan sul web confermano che il tipo romagnolo di una volta, che di queste cose discuteva sulla piazza del mercato o, più di recente, al bar sport, non sembra ancora estinto; ancora anarchico e cinico, che sa tutto lui e sentenzia quasi ex cathedra, e guai a dargli torto. E si può ben dire che, coerenti o meno con una strategia di modernizzazione della città, le iniziative e le relative dichiarazioni del sindaco gli forniscano ogni volta materiale abbondante per le sue esercitazioni satiriche; e, altrimenti, sai che noia. Ma quello che colpisce è come questo sentimento sarcastico, e spesso astioso, che attraversa destra e sinistra senza steccati ideologici, si metta in moto anche prima di conoscere nel merito ciò di cui si parla; acceso più dagli atteggiamenti della persona che da un giudizio informato.

 

Però, per non farne solo una questione caratteriale, vale la pena provare a capire quale significato politico abbia tutto ciò; così, oltre ai Saluti da Rimini, vale la pena introdurre l’argomento più generale del ruolo degli eventi per il turismo riminese.

 

La teoria l’abbiamo lasciata a chi se ne intende più di noi (Il guru del turismo). Di nostro possiamo aggiungere che l’obiettivo strategico cui gli eventi e le iniziative messe in campo devono corrispondere non è di proprietà del Comune ma riguarda le tanto (e giustamente) vituperate categorie economiche e anche i singoli imprenditori, oltre a tutti i cittadini. Potrà essere messo a fuoco e razionalizzato da esperti o da sindaci illuminati ma appartiene a una città intera. Sia per la redistribuzione delle fortune o delle disgrazie economiche di cui può essere causa, sia - soprattutto - perché nessun piano potrà mai avere effetto se non è portato dalla città intera. In questo senso, cosa Rimini debba diventare per superare questa sua fase matura é più una mentalità da conquistare e da condividere che un freddo piano di marketing di destinazione.

 

Anche perché, diversamente, quelle stesse categorie e quegli stessi imprenditori, se non c’è qualcosa che viene condiviso prima, continueranno a interessarsi solo ai denari che l’Amministrazione sarà in grado di mettere sul tavolo. Insomma, qui sta probabilmente il vero punto debole di Gnassi: non l'invenzione di nuovi eventi, non l’avvio di cantieri, ma la capacità di condividere in modo convincente una ipotesi di sviluppo strategico con tutta la città. Tanto che, spesso, le presentazioni dei progetti (come quello del lungomare, al netto delle pretese di garanzie impossibili dei bagnini) sono percepiti come diktat. E non dovremmo invece aspettarci che la condivisione di un progetto, di una idea di sviluppo, di una Rimini futura (una volta si diceva “del terzo millennio”) sia l’elemento principale per il suo raggiungimento?

 

Tutto per dire che, alle prossime elezioni, il vero avversario del sindaco attuale sarà lui stesso. L’unico rischio che corre e che può travolgerlo è questo sentimento con cui se ne ascoltano le parole, il fastidio per questo suo essere, sempre, un uomo solo al comando. Solo, appunto.

 

 


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