Il "rinascimento" di Progetto Rimini
La parola usata è impegnativa (“rinascimento”) ma non è del tutto nuova, ne parlava già l’allora pentapartito all’inizio degli anni Novanta. Il passaggio indicato è passare dall’organizzazione di tanti eventi (al sindaco Andrea Gnassi saranno fischiate le orecchie) all’unico evento decisivo: il rinascimento della città di Rimini. Anche Progetto Rimini ha fatto i compiti per le vacanze e oggi li ha presentati in una conferenza stampa. Da luglio a settembre gli aderenti hanno lavorato a cinque tavoli di lavoro su cultura, sociale, economia, urbanistica, turismo ed hanno prodotto un documento di sette fitte pagine che delineano le condizioni del rinascimento evocato. A presentarlo, oltre al presidente Michele Donati, i coordinatori dei gruppi, fra cui Antonio Polselli, che nel 2011 era stato il candidato sindaco di Rimini Più.
Tante idee per fare che? La prima verifica è se nei prossimi mesi si formerà un’aggregazione intorno a Progetto Rimini, al suo eventuale candidato sindaco e si possa così andare alla competizione elettorale in alternativa a Gnassi (o chi per lui) e al Pd. Se questo non dovesse succedere, si verificherà la possibilità di unirsi, con una propria lista, ad un’altra coalizione. Quel che è certo è che Progetto Rimini vorrà giocare la propria partita.
Vediamo dunque con quali proposte.
Cultura. Vari contributi – si legge nel testo - hanno sottolineato la persistenza a Rimini di “storici” e consolidati modus vivendi, che vedono l’ente pubblico comunale proporsi come soggetto produttore di eventi culturali, non limitandosi alla gestione dei beni culturali e del patrimonio artistico, ma sostenendo ed organizzando iniziative di cui è il principale attore.
Accanto ad un significativo miglioramento nell’offerta di importanti servizi (biblioteca, Musei Comunali, mostre, conferenze), nella gestione delle Politiche Culturali il punto critico è rappresentato da scelte caratterizzate da autoreferenzialità, assenza di certezza programmatoria, latitanza di qualsiasi forma di verifica e bilancio di quanto proposto, rapporto privilegiato con pochi e specifici gruppi.
Per attuare una politica culturale realmente innovativa, l’amministrazione deve costituire un tavolo permanente delle realtà culturali del territorio per individuare insieme bisogni e priorità – in termini di spazi, servizi, infrastrutture – per poi destinare le risorse pubbliche all’attuazione e gestione di tali infrastrutture. In tal modo gli eventi non sarebbero più a diretto carico dell’ente pubblico, ma verrebbero realizzati dai soggetti cittadini con risorse proprie, utilizzando però i servizi e le infrastrutture concordati con il Comune e da esso pagati.
Sociale. Prioritario è indicato l’ascolto delle esigenze dei cittadini, sia personali che per la città. Accedere ai servizi sociali è difficoltoso e non tempestivo, pertanto si propone la creazione di uno sportello di ascolto permanente per il cittadino, dove le persone si possano recare per capire come risolvere i propri problemi, districarsi all’interno della burocrazia e trovare soluzioni insieme.
Economia. Alle eccellenze del territorio (primo fa tutte il capitale umano) corrispondono alcuni deficit, fra cui l’accessibilità, la sicurezza e la cultura (ridotta a eventi effimeri). Per lo sviluppo economico di Rimini occorre valorizzare le eccellenze e affrontare con decisione gli attuali deficit per trasformarli al contrario in punti di forza. Per attrarre persone, imprese e investimenti, è centrale creare una nuova immagine di Rimini, a partire dal grande patrimonio culturale e sociale di cui dispone. Per questo obiettivo è però improcrastinabile una semplificazione del carico burocratico, legale e fiscale. Rimini deve usare di più i Fondi europei ed essere capace di attirare nuovi investitori per le grandi infrastrutture e servizi.
Urbanistica. Il motore urbanistico deve ripartire e dare prospettive ai giovani. Ma fondamentale è anche il motore politico e amministrativo che consente l’attuazione dei progetti (mancato negli ultimi anni). “La città è bloccata da almeno cinque anni, e cioè nel periodo in cui invece era necessario dare più speranze e respiro, è rimasta piegata su se stessa a causa della crisi economica ed è parsa rinunciataria, in attesa di eventi”.
Turismo. È il capitolo più ampio e parte da un giudizio secco: Rimini non ha saputo interpretare i cambiamenti ed è rimasta fuori dalle nuove tendenze e da oltre dieci anni perde quote di mercato estero a favore di alte destinazioni costiere europee ed anche italiane. Non ha interpretato la domanda esperienziale (cultura, architettura, enogastronomia) ed ha insistito sulla vacanza divertimento ormai ai margini del mercato.
Occorrono mutamenti nel destination management, nella comunicazione e nella qualità ricettiva che facciano transitare l’offerta riminese dal solo turismo delle tre S (Sun, Sand e Sea, cioè sole, spiaggia e mare) al turismo delle tre L (Landscape, Lesure, Learning, cioè paesaggio, tempo libero e apprendimento). Quello della riviera dovrà essere un turismo a forte base relazionale e culturale, focalizzato sulla capacità di accoglienza e su eventi che non puntino tanto all’immagine ma anche ai contenuti, alla cultura, al benessere.