“La mia previsione era che Gnassi fosse confermato, ma non al primo turno. Pensavo ci fosse bisogno del ballottaggio, anche perché una parte della città non è affatto contenta di ciò che ha fatto”. Parla Bruno Sacchini, presidente di Dreamini, l’associazione culturale che ha creato il laboratorio dove sono nate le liste civiche che hanno sostenuto la candidatura di Luigi Camporesi.
“La differenza – continua – l’ha fatta la lista promossa dall’on. Pizzolante che porta a casa più di quanto loro stessi pensavano di poter ottenere. È stata un’operazione politico - elettorale, mediatica che è riuscita ad intercettare i voti di chi, pur avendo simpatie per Gnassi, non se la sentiva di votarlo direttamente o di votare Pd. È stata un’operazione vincente e quindi onore al merito. Non credo però che Gnassi sia rimasto molto soddisfatto. Il Pd non è cresciuto e lui si ritrova con una maggioranza multicolor più difficile da governare. Bisognerà anche vedere se la lista Pizzolante sarà in grado di mantenere le promesse e cioè di rendere più difficile la vita alla giunta Gnassi…”
Da come lo dice sembra di capire che lei non ci creda molto.
“È stata, come dicevo, una brillante operazione politica. Non mi sembra però che sia accompagnata da un progetto culturale, e quindi amministrativo, capace di reggere le ambizioni manifestate. La ricucitura fra mare e città proposta dal neo consigliere Davide Frisoni è un’idea che non sta in piedi, significa non conoscere la natura e l’identità di Rimini”.
Come valuta il risultato del centrodestra?
“Ha riportato un risultato inferiore alle aspettative. È la conferma che non è vero, come spesso si dice a livello nazionale, che basta essere uniti per vincere, non è pensabile tornare a vincere senza un candidato credibile. C’è una domanda che ancora non ha avuto risposta: perché il leader della Lega in persona, Salvini, ha imposto un candidato perdente? Oltretutto, checché se ne dica, la Lega ha ottenuto un risultato disastroso. A me l’on. Pini aveva detto che puntavano al 25 per cento, hanno avuto la metà. Credo che sulla via Emilia l’oltranzismo legista alla Salvini possa attecchire al massimo fino a Forlì o Cesena, ma non a Rimini, che è una città troppo spregiudicata, troppo international. È una città geneticamente diversa, dove non possono attecchire certe posizioni”.
Lei ha sponsorizzato l’ex grillino Luigi Camporesi. È soddisfatto della scelta fatta?
“Ha ottenuto un risultato straordinario che non è stato adeguatamente sottolineato. Nella storia di Rimini non era mai accaduto che le liste civiche entrassero in consiglio comunale con un 10 per cento. È questo è successo senza aver avuto la copertura di un simbolo nazionale, senza alcun appoggio, anzi avendo tutti contro con una manovra a tenaglia. Può succedere che liste civetta possano prendere voti, ma le nostre non erano civetta, Si è arrivati al 10 per cento senza pescare nell’elettorato dei 5 Stelle. Ci hanno seguito una base di giovani e meno giovani e una certa area cattolica. Un soggetto che ha conservato una capacità di mobilitazione che a Rimini nessuno ha più. Oltretutto ha dovuto fare i conti con la lista Pizzolante, costruita all’ultimo momento. Ma lì dove è la base popolare? Dove è un lavoro politico e culturale pregresso? Il rischio è o adagiarsi nelle sinecure dell’istituzione o essere costretti ad un continuo braccio di ferro con il Pd, ma senza una base popolare alle spalle.
Molti capi del centrodestra hanno dato la colpa agli elettori…
“Parto dalla convinzione che gli elettori hanno sempre ragione. Posizioni come quelle sono di chi è incapace di fare i conti con la realtà”.
Da cosa ripartire per costruire un’alternativa?
“Da un lavoro di base che sono tre anni che va avanti e che Dreamini aveva detto avrebbe ripreso, chiunque vincesse. Vedremo cosa succede, cosa faranno i partiti, noi siamo aperti a tutti. La nostra ambizione era quella di esercitare un’egemonia culturale, e questo obiettivo è stato centrato. Siamo stati gli unici ad aver espresso idee significative”.
Pensavate di guidare un fronte unico contro Gnassi e non ci siete riusciti. Nessuna autocritica da fare?
“L’unica autocritica è che la mia ingenuità è infinita, proprio non capisco un certo modo di fare politica. Non è che credo che la politica sia per le anime belle o un’attività missionaria. La politica si fa a partire da un interesse personale che volge al bene comune. Ma se mi guardo intorno vedo solo interesse personale e niente bene comune. Ma non per cattiveria o incoerenza. Per ignoranza, per deficit culturale”.
Non c’è il rischio di una concezione illuminista? La politica appannaggio delle élite sapienti…
“Illuminista? No, politica a partire da un popolo, disgregato da edonismo e consumismo come già diceva Pasolini negli anni Settanta. Il problema è la fine delle ideologie, io sono contro la morte delle ideologie, che almeno permettevano di discutere a partire dalla ragione. Dreamini mira a ricostruire un popolo con un laboratorio culturale e politico che parte dal basso. Si parla oggi di opportunismo e trasformismo, in realtà non c’è più alcuna identità. Oggi cambia casacca … chi non ha più una casacca”.