"L’uomo e il Creato: l’ecologia integrale di fronte alle sfide ambientali", è il tlema dell'incontro promosso dall'associazione L'umana dimora per venerdè 13 dicembre alle or 21 nella sala della Provincia di Rimini, in via Dario Campana. 

"L’uso sconsiderato delle risorse naturali, - afferma L'umana dimora - i mutamenti climatici, l’inquinamento, richiedono un approccio culturale non limitato all’ecologia ambientale. Occorre “riflettere sui diversi elementi di un’ecologia integrale che comprenda chiaramente le dimensioni umane e sociali” (Laudato Si’). 

Relatori saranno Franco prodi, fisico dell'atmosfera, e Rodolfo Casadei, giornalista di Tempi

Il mondo a 5 Stelle riserva sempre molte sorprese. Prendiamo ad esempio il comunicato diffuso l’altro ieri a proposito dell’assemblea pubblica del Meetup Grilli Pensanti di Rimini. A parte la strana richiesta che lo precede – “Ne chiediamo la pubblicazione a solo nome del Meetup” – e che fa domandare da chi si debbano distinguere, la cosa interessante è il contenuto. I Grilli Pensanti di Rimini hanno discusso della decisione di Raffaella Sensoli di non ripresentarsi alle elezioni regionali. La consigliera uscente non è d’accordo con la scelta di presentarsi da soli, che secondo lei finirà per avvantaggiare il centrodestra a trazione leghista, e per questa ragione userà il voto disgiunto: voto di lista al M5S e voto per Stefano Bonaccini presidente. Raffaella Sensoli ne ha parlato per la prima volta proprio in un’intervista a BuongiornoRimini.

I Grilli Pensanti, che davano per scontato la continuità del suo impegno, definito addirittura “eccelso”, precisano “Abbiamo comunque ascoltato ed accettato le sue motivazioni”. E ancora, “Pur rinnovando la nostra stima nei suoi confronti e considerando che un voto disgiunto è lecito e democratico nella legge elettorale regionale, dobbiamo dissentire con la sua indicazione di voto”. Sembra quasi che il commento all’incontro debba servire soprattutto a ribadire la condivisione di un metodo democratico e di una pacatezza delle discussioni che certamente si discosta dal rimando duro e puro alla disciplina di Movimento, cui abbiamo assistito invece spesso nel passato. Quale ne sia la ragione, prima di arrivare a dire che non sono d’accordo con il voto disgiunto, i Grilli Pensanti hanno disseminato in ogni riga attestati di stima per Raffaella Sensoli. Sei brava, ma non sei in linea, quindi non ti seguiamo. Conclusione: “Il nostro Meetup è per una campagna elettorale PRO M5S e per il candidato Presidente che nei giorni prossimi uscirà sulla piattaforma Rousseau”. 

E qui comincia il non detto: c’è stata una votazione e l’unica a sostenere il voto disgiunto è stata la Sensoli? Se non c’è stata una votazione a maggioranza, come fanno i Grilli Pensanti a dichiarare che tutti loro (tutti meno una, in ogni caso) sono per il voto alla lista e al candidato presidente targato M5S?

Il giorno dopo l’assemblea del Meetup, Raffaella Sensoli ha pubblicato sul proprio profilo Facebook una frase di Virginia Woolf: “Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli”. Viene da pensare che la discussione di lunedì sera sia stata tutt’altro che mielosa, come i Grilli Pensanti hanno voluto far credere.

Le cronache dal mondo a 5 Stelle riservano un’altra sorpresa. Venerdì sera in un hotel della città ci sarà una cena di Natale dei Grilli Pensanti con la partecipazione dei portavoce (che sarebbero gli eletti nelle istituzioni). Ci sarà la Sensoli, ci sarà il senatore Croatti, ci sarà il sindaco di Cattolica Mariano Gennari. Ci sarà anche il senatore Gianluigi Paragone, reduce da un voto contro la proposta del governo sul Mes. I Grilli Pensanti di Rimini si riconoscono quindi nella fronda interna, filo leghista, propugnata da Paragone? Ma non è la sorpresa più grossa. Fra i portavoce presenti ci sarà anche la deputata Giulia Sarti. Ma non era autosospesa? Non era sotto giudizio dai probiviri? Non è la stessa che Di Maio avrebbe voluto cacciare dal Movimento in un batter d’occhio? Le ultime notizie su Giulia Sarti risalgono al marzo scorso, quando emersero sui giornali altri particolari poco edificanti sui rapporti fra lei, l’ex fidanzato e il Movimento. La Sarti si dimise da presidente della Commissione Giustizia. Fu detto che la sua posizione sarebbe stata esaminata dai probiviri. Da allora, silenzio. Si sono finalmente pronunciati? Cosa hanno deciso? Un Movimento che ha fatto della trasparenza un suo cavallo di battaglia non dovrebbe forse spiegarlo nel momento in cui il nome della portavoce Giulia Sarti torna ad apparire sotto il simbolo del 5 Stelle?



L’economia è entrata nella campagna elettorale per l’elezione del nuovo presidente dell’Emilia Romagna e dell’Assemblea legislativa. Nessuna sorpresa, si dirà, alla gente interessa che l’economia cresca perché tiene al proprio benessere. Nessuna sorpresa che il presidente uscente Stefano Bonaccini non perda occasione per proclamare urbi et orbi che sotto il suo mandato il Pil dell’Emilia Romagna è cresciuto. Anzi, ha pure detto in numerose occasioni che «L'Emilia-Romagna è da cinque anni la prima regione per crescita in questo Paese». Cioè sostiene che è la Regione dove il Pil è schizzato più che da ogni altra parte, altro che Lombardia o Veneto, sempre indicate come locomotive del Paese.

Le cose stanno realmente così? Pagella Politica, un sito specializzato nella verifica delle affermazioni degli uomini politici, si è preso la briga di andare a controllare. Va innanzitutto premesso che le statistiche sul Pil a livello regionale (fonte Istat) si fermano al 2017.

Nel 2017 il Pil dell’Emilia-Romagna è cresciuto del 2,21 per cento rispetto al 2016, settima regione in classifica. Ai primi tre posti c’erano Lombardia (+3,09 per cento), Veneto (+2,80 per cento) e Calabria (+2,39 per cento). In quell’anno il Pil dell’Italia era cresciuto dell’1,6 per cento, quindi la nostra regione ha avuto una performance superiore alla media nazionale, ma non era la regione in testa.

Le cose sono andate decisamente meglio nel 2016 quando con un +2,66 per cento rispetto l’anno precedente, la regione Emilia Romagna si era piazzata quarta, dietro Lazio (+3,92 per cento), Veneto (+3,23 per cento) e Lombardia (+2,81 per cento). Anche in questo caso è utile fare il confronto con il dato nazionale che nel 2016 è stato dello 0,9 per cento. In Emilia Romagna nel 2016 siamo quindi cresciuti più del doppio rispetto all’Italia, ma non eravamo primi nella classifica fra le regioni.

Nel 2015, primo anno completo della gestione Bonaccini, il Prodotto interno lordo dell’Emilia Romagna è aumentato dell’1,98 per cento, classificando la nostra regione alla decima migliore prestazione tra le 20 regioni italiane. In quell’anno a guidare la classifica erano curiosamente alcune regioni del Sud come la Basilicata e la Sardegna.

Pagella Politica si chiede anche perché Bonaccini abbiamo sostenuto affermazioni palesemente non vere. E fornisce una risposta tecnica. Probabilmente Bonaccini fa riferimento al “Rapporto 2018 sull’economia regionale”, pubblicato dalla stessa Regione Emilia-Romagna e da Unioncamere Emilia-Romagna a dicembre 2018, secondo cui «l’Emilia-Romagna si prospetta al vertice della crescita tra le regioni italiane, sia nel 2018, sia per il 2019». Previsioni che sono fatte da Prometeia, una società privata di consulenza e ricerca economica.

Le previsioni però devono essere verificate. Nell’agosto scorso Prometeia ha corretto il tiro, spiegando il Pil dell’Emilia Romagna frena rispetto al 2018, pur mantenendosi in una fase di crescita: 0,6 nel 2018 e 0,9 nel 2020. “In base allo studio – si leggeva in una nota - la tendenza regionale si conferma leggermente migliore rispetto a quella nazionale (stimata in progresso dello 0,1% nel 2019 e dello 0,5% nel 2020) tanto che l'Emilia-Romagna è attesa al vertice tra le regioni per capacità di crescita insieme alla Lombardia nel 2019 e a Lombardia e Veneto nel 2020”. La formula usata quindi è previsionale: “è attesa al vertice”, senza peraltro spiegare in quale posizione.

La spiegazione delle frasi di Bonaccini piuttosto che tecnica è psicologica o, meglio ancora, obbediente alle regole della comunicazione politica oggi in vigore. Agli elettori bisogna mandare messaggi semplici e immediati, inutile stare a spiegare che siamo fra le regioni in cui il Pil cresce di più, meglio farla corta affermando che in Emilia Romagna per cinque anni il Pil è cresciuto più che da ogni altra parte.

I dati economici dell’ultimo quinquennio (specialmente per quanto attiene al calo della disoccupazione, scesa intorno al 5 per cento) sono generalmente positivi, anche se chiunque si può esercitare a vedere il bicchiere mezzo vuoto piuttosto che mezzo pieno. Così come è vero che l’Emilia Romagna insieme a Lombardia e Veneto rappresenta il 40 per cento del Pil del Paese. Ma cedere alle esigenze della propaganda dipingendo scenari non del tutto realistici, può anche produrre un effetto boomerang. Bonaccini si è guadagnato da Pagella Politica l’epiteto di “Pinocchio andante”.

I sammarinesi sono arrivati più tardi, rispetto all’Italia, a voler sperimentare il “nuovismo” in politica e sono anche quelli che se ne sono liberati al più presto. Potrebbe essere questa la lettura sintetica delle elezioni politiche celebrate domenica sul Titano dopo che si è sfasciata la coalizione di governo risultata vincitrice nel 2016. Il Pdcs, ovvero la Dc di San Marino che solo tre anni fa era data morente con il 24 per cento del voti, è il partito vincitore con il 33,3 dei consensi. I sammarinesi, dopo aver sperimentato per tre anni i politici “nuovi” (i populisti, li chiameremmo in Italia), hanno deciso di tornare all’’usato sicuro’ ed hanno consegnato al Pdcs una posizione di assoluta centralità con la quale tutte le altre forze politiche dovranno necessariamente fare i conti. I democristiani avevano fiutato un vento a loro favorevole, ma loro stessi sono stati sorpresi dal consistente recupero di voti. La coalizione di governo (Repubblica Futura, Civico 10 e Ssd) si era presentata al voto divisa ed è uscita con le ossa rotte.

Dopo il Pdcs, si è classificata al secondo posto con il 24,69 per cento dei voti la coalizione Domani in movimento, formata da Rete (18,28) e da Domani Motus Liberi (6,09), una nuova lista promossa da giovani del mondo cattolico e di area democristiana. Rete, insieme al Pdcs, ha condiviso le battaglie di opposizione al governo uscente. La dialettica parlamentare l’ha portata a smussare le posizioni estremiste avute in campagna elettorale e a trovare concreti punti di convergenza con i democristiani. Per Rete il risultato elettorale rappresenta una delusione perché i suoi dirigenti, dando per scontato il declino democristiano, pensavano di conquistare il primo posto. Una delusione che potrebbe avere qualche conseguenza nella sua fase che si apre ora, ovvero le trattative per la formazione del nuovo governo. La legge mette il boccino in mano al Pdcs, in quanto formazione politica arrivata prima. La stessa legge chiede che si formi un governo che abbia una base parlamentare di almeno 35 seggi su 60. Il Pdcs da solo ne ha conquistati 21, Rete e Motus Liberi insieme sono a quota 15. Quindi basterebbe unire queste forze (36 seggi) per formare un nuovo governo. Ma il Pdcs punterà ad una maggioranza parlamentare ancora più ampia, coinvolgendo nel governo anche Noi per la Repubblica (la coalizione che potremmo paragonare al Pd italiano) che ha ottenuto 8 seggi. I democristiani vogliono una maggioranza ampia perché nella nuova legislatura bisognerà intervenire su alcune questioni importanti che richiedono il voto di almeno due terzi del Consiglio Grande e Generale. Meglio partire subito con una maggioranza solida e coesa che avventurarsi poi in estenuanti trattative per far passare i provvedimenti.

Non appena il segretario Pdcs Giancarlo Venturini inizierà gli incontri e le trattative, cercherà di capire se Rete sarà disponibile a convergere subito con il Pdcs o se i malumori per la delusione elettorale non spingano a giocare la seconda carta. La nuova legge elettorale del Titano, abbandonato il ballottaggio che nel 2016 vide sconfitta la coalizione a guida Pdcs, prevede infatti che se il primo partito/coalizione fallisce, debba esperire un tentativo il secondo, cioè la coalizione Domani in Movimento formata da Rete e Motus Liberi. Ma in casa democristiana pensano che sarebbe un azzardo poco comprensibile, ed anche con effetti contrari. Il Pdcs in campagna elettorale aveva dichiarato che avrebbe aperto le trattative con tutte le forze politiche, tranne che con Repubblica Futura, che ha ottenuto il 10,19 per cento. Insomma se Rete dovesse fare le bizze, ci sono altri forni, per stare a metafore italiane, che potrebbero aprirsi, compreso quello di Libera, la lista dove sono confluite due forze del governo uscente, Civico 10 e Ssd (16,40 e 10 seggi).

C’è infine un’ultima possibilità se non si dovesse formare un governo: andare ad un ballottaggio fra Pdcs e Rete, cioè fra due potenziai alleati, con tutti gli altri partiti a decidere dove far pendere la bilancia. Una prospettiva poco raccomandabile.

I concorsi di architettura, questi sconosciuti. Tirando le conclusioni del convegno sul “Riuso del moderno”, celebrato nei giorni scorsi, Roberto Ricci, presidente dell’ordine degli architetti della provincia di Rimini, ha sollevato la questione dei concorsi di progettazione per le opere pubbliche e private. “Abbiamo affrontato - spiega – il tema del riuso del patrimonio edilizio esistente non solo dal punto di vita tecnico e specialistico (l’efficientamento energetico degli edifici e la sicurezza sismica) che pure sono importanti, ma portando l’attenzione sul ruolo che l’architetto deve avere. È una visione di partecipazione e condivisione alle scelte che committenti pubblici e privati dovrebbero attuare per arrivare a scelte più opportune. La

partecipazione non è solo ascoltare la gente all’inizio del processo ma anche coinvolgerla nelle scelte definitive”.

Cosa intende dire?

“Già dal 2000 la Comunità europea ha indicato la partecipazione come essenziale per i piani strategici. Noi a Rimini, con il piano strategico, abbiamo avuto un grande processo di partecipazione che ha visto protagonisti cittadini, associazioni, categorie economiche. In questo lavoro sono emerse indicazioni generali, suggestioni, come ‘ci piacerebbe un parco del mare’, ‘ci piacerebbero più piste ciclabili’. Sono state offerte suggestioni, il punto è che queste non possono essere lasciate in mano ad una persona sola che le fa diventare progetto. Le suggestioni non sono un progetto, semplicemente ti indicano una strada. Ma noi architetti sappiamo che da una suggestione al progetto concreto per realizzarla, c’è di mezzo un mondo. Per gli architetti, la fase di partecipazione deve continuare anche dopo. E come deve continuare? Tramite quello che tutti i paesi civilizzati dell’Europa, e anche fuori dell’Europa, fanno: il concorso di progettazione. In Germania, in Spagna e in Francia è la consuetudine.

Bisogna far partecipe la società anche nelle decisioni successive attraverso le scelte di progetti: non uno solo, ma duecento progetti, in modo che si possa realizzare quello migliore. A Rimini abbiamo difficoltà a far capire questa cosa. Sulla Riviera abbiamo due amministrazioni che politicamente sono di colore opposto, Riccione e Cesenatico, che però hanno fatto la scelta dei concorsi di progettazione, Con risultati incredibili. A Riccione, per la nuova scuola Panoramica, sono stati presentati 189 progetti, cioè idee, non elaborati con cinquanta tavole. Di questi cinque sono entrati in finale, e uno solo è poi risultato vincitore ed ha ricevuto l’incarico. Il Comune sta realizzando il progetto, molto innovativo, un esempio a livello nazionale. Ed anche nella fase finale c’è stata partecipazione, con convegni e seminari. E non è stato perso tempo, perché in duecento giorni è stato fatto il bando e proclamato il vincitore. È una modalità diversa, che garantisce maggiori idee, maggiore partecipazione e discussione. Inoltre, si evitano i contenziosi perché facendo un concorso di progettazione non esistono i ricorsi. Soprattutto è la modalità corretta che in Italia sta facendo fatica ad emergere, anche se qualcosa si sta muovendo. Anche a Cesenatico il concorso riguardava una scuola, è stato realizzato sull’esempio di Riccione. Ad Aosta c’è il concorso per l’anfiteatro romano…”

Lei l’avrebbe fatto anche per il parco del mare?

“Certamente, noi siamo per i concorsi, sempre. Ripeto, con il piano strategico a Rimini abbiamo avuto una partecipazione eccezionale, ciò che è emerso va finalizzato attraverso i concorsi”.

Qualcuno potrebbe obiettare che lei tira acqua al mulino degli architetti. In fondo, si dice, l’importante è che i lavori vengano eseguiti…

“Ma quale acqua al mulino degli architetti! Mi trovi un professionista che è disposto a lavorare gratis per partecipare a un bando di concorso dove su 200 solo cinque prendono un rimborso spese. Me lo trovi un professionista che investe due tre mila euro del proprio studio per partecipare.

Intanto il Comune ha 400 mila euro di idee che gli vengono offerte gratuitamente. No, l’obiezione non è corretta, anche se è quello che pensano tutti, anzi, sono le amministrazioni pubbliche che vogliono far credere quello che ha detto lei. I concorsi si fanno perché si ha voglia di lavorare e di vedere le cose fatte meglio. Non condividiamo la logica ‘meglio che niente’. I concorsi hanno un vantaggio sociale incredibile, le opere finiscono sulle riviste di architettura, vengono pubblicizzate in tutto il mondo. Mi trovi lei un’opera fatta a Rimini che è finita su una rivista di architettura, vada a vedere se ce n’è una. Le pare una cosa normale?”.

Con il convegno avete ottenuto qualche risultato?

“Questo convegno era stato fatto non per raccontarcele fra gli architetti, perché noi le sappiamo già. Era fatto per la gente, che ha dato una grande risposta. Ma era fatto anche per le amministrazioni pubbliche. Sono venuti da Cattolica, da Riccione, da Saludecio, anche da altre parti. Personalmente sono andato a sensibilizzare il Comune di Rimini ma purtroppo è venuta solo una persona”.

Che idea si è fatto?

“Penso che per loro siano argomenti sui quali non si vuole neanche ragionare”.

Per il Museo Fellini, per esempio, non è stato fatto un concorso?

“No, quello non era un concorso di progettazione, ma un bando di gara. In un bando di gara si chiedono requisiti come esperienze fatte, fatturati, numero dei dipendenti. Si ragiona con i numeri. Un ragazzo appena uscito dall’università è impossibilitato a partecipare. Noi vogliamo mettere sullo stesso piano i giovani laureati e lo studio di Renzo Piano, perché le idee possono venire da tutti A Bologna il monumento per la Shoah lo hanno vinto quattro trentenni, grazie ad un concorso di progettazione. Noi vogliamo che siano premiate le idee, non i fatturati. A Rimini, in questi anni, non è mai stato fatto un concorso”.

Un investimento di 15 miliardi, un grande cantiere per la rigenerazione urbana della costa. È la proposta-provocazione lanciata da Marcello Balzani, presidente di Clust-Er Build, al convegno su “Riuso del moderno”, organizzato nei giorni scorsi dall’ordine degli architetti di Rimini. Clust-Er Build è un’associazione, sostenuta dalla Regione Emilia Romagna, fra imprese, centri di ricerca, sistema della formazione professionale (a Rimini ne fanno parte Anthea e Focchi) con il compito di sostenere la competitività del settore delle costruzioni.

“Dopo il sisma del 2012 in Emilia – spiega Balzani – nell’area del cratere sono stati investiti 11 miliardi di risorse pubbliche, provenienti da Regione, Stato e Unione europea. Cosa è successo? Sono state ricostruite case, scuole, fabbriche, si sta ultimando la ricostruzione dei beni culturali. Il territorio ha dimostrato di avere un kow how di governance di alta qualità. Penso che questo sistema organizzativo possiamo trasferirlo all’altro comparto che più ha bisogno di essere rigenerato, la costa romagnola. C’è un insieme di costruzioni edilizie datate e insicure, c’è un modello turistico che ha bisogno di essere rinnovato, c’è il patrimonio delle colonie che da decenni chiede di avere una destinazione. Credo allora si possa aprire un grande cantiere di sperimentazione per la rigenerazione urbana. Se uno ha un’idea, poi la realizza. I romagnoli hanno visto il sabbione ed hanno immaginato la costa, e la costa è nata. Sei ai romagnoli dai l’innesco, poi loro partono e ci mettono le mani”.

Bella idea, ma occorrono le risorse. Lei ha parlato di un investimento di 15 miliardi. E chi ce li mette?

“Solo se ci fosse un sisma, ce li potrebbe mettere il pubblico, ma non è certo questo a cui pensiamo. Né possono essere sufficienti i 50 milioni che di anno in anno può mettere a bando la Regione perché si rigeneri questo o quell’edificio. Al convegno ho presentato nuove tecnologie che possono essere usate per convogliare i fondi privati verso questo progetto. Parliamo di smart contract e di blockchain, che stanno già funzionando a Milano, in Trentino e in molti Paesi europei. Sulla costa molti alberghi hanno bilanci stagionali e fanno fatica a ricorrere al credito bancario. Il meccanismo della blockchain riduce i fattori di intermediazione bancaria per un accordo di interesse fra gli operatori del settore (e qui sta la forza dei romagnoli) che scambiandosi trasformazioni della loro proprietà creano valore”.

Può fare un esempio per capire meglio?

“Se ristrutturo un hotel quello vale di più; se ristrutturo e ho buon gestore, l’albergo vale ancora di più; se oltre a edificio nuovo e gestore dispongo anche di un network di operatori che fanno filiera (agroalimentare, sistema dei servizi, ecc.) vale ancora ancora di più.

Perché i vari soggetti, proprietario, gestore, rete, non li mettiamo insieme e li facciamo lavorare fin dall’inizio per il miglioramento del patrimonio edilizio? Normalmente invece succede che gli operatori romagnoli prima ristrutturano e poi pensano a cosa fare, bisogna invece prima creare la rete e poi convogliare il potenziale di questo valore all’interno della rigenerazione edilizia. Blockchain e smart contract servono a questo: a generare valore economico e a convogliarlo sull’obiettivo che è stato definito, rigenerare il patrimonio edilizio”.

È una prospettiva realmente praticabile?

“Negli anni delle vacche grasse si producevano risorse ma non erano utilizzate per rigenerare l’albergo, magari sono finite in appartamenti o altri investimenti. Adesso abbiamo i meccanismi finanziari e tecnologici che possono convogliare i fattori di interesse sull’obiettivo della rigenerazione edilizia. Per questo obiettivo occorre fare sistema, non basta il singolo soggetto che ottiene un finanziamento per la sua attività; la sua attività va collocata in una comunità di interessi, di persone, di network, che la Romagna può aspirare ad avere perché ha i numeri, fra alberghi imprese e movimento turistico, per poterlo fare. Però bisogna essere d’accordo. Da parte mia, sto cercando di collocare questa prospettiva all’interno degli obiettivi regionali, al di là del colore politico che avrà la prossima amministrazione. Vorrei che la nuova amministrazione collocasse la rigenerazione della Riviera romagnola come uno dei luoghi di interesse per il settore delle costruzioni a livello regionale. Con un progetto del genere, ne guadagna tutta la regione. Vorrei che le maggiori risorse che la Regione avrà nei prossimi anni grazie all’autonomia speciale non vadano sui singoli edifici ma su un sistema di processo. La Regione può innescare un processo virtuoso, ci deve credere, poi però va creata la rete di comunità territoriale capace di attirare l’attenzione di investitori privati, che io ho già provato a testare con esiti promettenti. La Romagna ha tutte le caratteristiche per poter accedere alla linea di finanziamento europei dei “mutui verdi”, sui quali la nuova Commissione punta molto. Però va costruito un progetto condiviso”.

Forse è questo il punto di difficoltà maggiore.

“Il momento buono è adesso, c’è un cambio di gestione regionale, ci sono i nuovi finanziamenti europei, abbiamo le tecnologie digitali giuste. Proporrò alla Regione, per il finanziamento, un progetto prototipo. Non bisogna avere la pretesa di fare tutto in una volta. Se ai romagnoli che stanno a guardare, gli si offre una concreta prospettiva ottimista, credo si mettano a correre. Però bisogna dire loro la verità. Con gli eco bonus e i sisma bonus non si va da nessuna parte, a Cesenatico se ne è avvalso il 5 per cento degli albergatori. Occorre una scossa più forte e radicale. Bisogna credere al futuro, ai cambiamenti in atto, altrimenti ne saremo sepolti. Se si viene a sapere che la Romagna fa la rigenerazione edilizia, scatterà subito l’interesse, non abbiamo bisogno di spiegare cos’è la Romagna, ha già una forte capacità attrattiva. I numeri li abbiamo, 60 chilometri di costa, abbiamo centri di ricerca e università, un capitale sociale e umano incredibile, un turismo che ancora tiene. Utilizzando le tecnologie giuste possiamo farcela”.

Fra gli esempi ha citato il Trentino. Lì cosa è stato fatto?

“Un piccolo esperimento con la blockchain. Si sono messi insiemi alcuni servizi turistici, la Regione ha finanziato un test. Poi gli operatori si sono mossi da soli con gruppi di acquisto e ottimizzazione dei servizi e si sono già finanziati, utilizzando le tecnologie digitali smart, una bella fetta dei miglioramenti edilizi”.

Fa impressione, conoscendo i tratti sempre monolitici del Movimento, ascoltare un’esponente di primo piano del M5S (una portavoce, per usare il loro linguaggio) annunciare per le prossime elezioni regionali il voto disgiunto: scelta della lista con il simbolo a 5 stelle, ma per il presidente, voto a Stefano Bonaccini. Raffaella Sensoli, che nella legislatura appena conclusa è stata consigliera regionale, non si ripresenterà. Lei, che era contraria all’astensione, è altrettanto contraria alla corsa solitaria che potrebbe consegnare la regione Emilia Romagna alla Lega. Avrebbe comunque potuto ricandidarsi, le facciamo osservare, per continuare la propria battaglia. “No, - afferma decisa, - non voglio essere minimamente partecipe di queste scelte”.

Quale fosse il suo pensiero su ciò che sta dilaniando i Cinque Stelle anche a livello nazionale, lei lo aveva espresso una decina di giorni fa sul proprio profilo Facebook pubblicando l’intervento di un amico con il quale si dichiarava pienamente d’accordo. "Questo sbandamento per me è dovuto al fatto che il Movimento ha sempre rifiutato ogni tipo di quella che viene impropriamente e in maniera denigratoria chiamata ideologia. Che non è altro che una visione. Un modo di vedere il mondo. Non essere nulla per poter prendere voti da chiunque fa sì che ognuno veda nel Movimento ciò che vuole vedere. Così facendo sono nati tanti Movimenti inconciliabili tra di loro”. E lei chiosava: “Dobbiamo decidere chi siamo e da che parte vogliamo stare”.

Partiamo da questo punto. “Sono d’accordo con quanto espresso da Grillo nell’ultimo video con Di Maio e a Italia 5 Stelle. Non siamo più come cinque anni fa, difficilmente le situazioni si ripropongono uguali. Ho condiviso il percorso dei 5 Stelle perché proponeva di cambiare il modo di fare politica, e in parte ci siamo riusciti. Oggi, una volta realizzate certe battaglie di giustizia sociale come i tagli della politica o il reddito di cittadinanza, ci troviamo in un mondo che impone di stare o di qua o di là. Siamo di fronte ad una destra pericolosetta, come dice Grillo, e a una sinistra in parte da ricostruire. Bisogna scegliere. Il Movimento per anni ha raccolto delusi di destra e di sinistra, oggi è più difficile tenere insieme questi mondi diversi”.

Sensoli spiega che prima della decisione di Di Maio di correre da soli, c’è stata la consultazione informale degli esponenti del territorio, e fra questi è prevalsa, più che la percezione di favorire di Lega, l’antica avversione per il Pd. “Si poteva fare una consultazione più scientifica, coivolgendo Rousseau, ma così non è stato deciso”.

In questa legislatura il M5S è stato all’opposizione di Bonaccini, certo era difficile far digerire un cambio di fronte. “Noi abbiamo svolto un’opposizione sui temi e sui programmi. Quando la giunta proponeva qualcosa che non condividevamo, abbiamo fatto dura opposizione, ma su alcune delibere abbiamo anche votato a favore. Secondo me dovevamo metterci al tavolo con il centrosinistra e verificare se ci poteva essere una convergenza sui programmi. Solo se non ci fosse stata convergenza, si doveva andare al voto da soli”.

Con la Lega, invece, per Raffaella Sensoli, che ha applaudito a piazza Cavour riempita dalle sardine, le porte sono più che chiuse. “Avevo accolto con favore il contratto di programma con la Lega. Secondo me era ben impostato. Ma poi la Lega ha tradito, è stata una delusione ed oggi ho timore a consegnare la Regione a una forza politica del genere. Un partito che cambia opinione su tutto, che sulla sanità vuole importare il modello lombardo con più spazio ai privati, un partito che in consiglio regionale ha sempre sostenuto politiche di cementificazione”.

Intanto, il panorama dei 5 Stelle nella provincia di Rimini è sempre più desolato. A Rimini, nel 2016, per insanabili contrasti interni, non è stata presentata la lista. A Riccione, dove il Movimento ha concorso, i due consiglieri hanno fatto armi e bagagli e si sono uniti alla nuova formazione di Riccione Civica. A Santarcangelo non si sono presentati. Rimane giusto il faro solitario di Cattolica. “Sì, Cattolica è il nostro fiore all’occhiello, di cui siamo molto orgogliosi. Capisco la scelta dei consiglieri di Riccione, ma penso che avrebbero dovuto dimettersi perché sono stati eletti con il simbolo dei 5 Stelle. Per il resto la situazione in provincia di Rimini è simile a quella di altri territori. Siamo in ritardo rispetto all’esigenza di una riorganizzazione, di un più stretto dialogo con Roma. Adesso avremo i facilitatori, i referenti regionali, speriamo servano a ricostruire una presenza sul territorio”. Ma a Rimini esiste ancora il Movimento? “Sì, c’è un gruppo che va in piazza tutti i sabati mattina. Speriamo che in questi due anni che ci separano dal voto per le amministrative ci sia tempo per costruire una squadra che possa concorrere alle elezioni”. Ma da soli o in alleanza con il centrosinistra? “Difficile dirlo adesso, con la situazione politica che cambia ogni giorno. Noi cerchiamo soluzioni per i territori”. Ma anche in sede locale bisogna fare una scelta con chi stare, le soluzioni possono essere di destra o di sinistra. “Anche in sede locale il punto discriminante sono i programmi. Ma c’è tempo per decidere e discutere”.

Un turista, navigando sul web, approda sul sito visitromagna.it, messo finalmente online da Destinazione Romagna da circa un mese e mezzo. Comincia a sfogliare le pagine, rimane intrigato dalla presentazione delle esperienze che si possono vivere in queste località, e si accorge che, dalla seconda pagina in poi, gli appare in basso a destra il tasto Prenota Ora (stranamente il tasto non compare invece sulla home). Digita sul tasto e viene indirizzato al sito emiliaromagnawelcome.com (dell'Apt) che mostra in bella evidenza la finestra dove si può effettuare la prenotazione. Fin qui tutto come da manuale, in ossequio al principio che la promozione deve essere sempre unita alla commercializzazione. 

Il nostro turista ha deciso di verificare quali hotel, e a quali prezzi, siano pronti ad ospitarlo per Capodanno. Sceglie pertanto Rimini, e in automatico il sito gli fa sapere che ci sono ben 287 strutture inserite. Inserisce una data di arrivo, ad esempio il 30 dicembre, e una data di partenza, diciamo il 2 gennaio. Sceglie l'opzione una camera e due persone, e digita invia. Il sistema si mette in movimento e dopo qualche secondo appare la finestra che vedete nell'immagine qui sotto. “Siamo spiacenti non ci risulta alcuna disponibilità”.

 

Possibile? Per capire cosa sta succedendo riprova mettendo il periodo di Pasqua. Stesso risultato. Sempre più incredulo sceglie una settimana di vacanza nella seconda settimana di giugno. Sempre la stessa risposta. A questo punto vede una via di uscita. Il messaggio suggerisce di chiamare il numero 0541 183.21.83 con l'assicurazione “ti proporremo la struttura che soddisfa le tue richieste”. Il paziente turista compone il numero e viene accolta prima da un saluto in italiano e poi dai saluti in altre lingue. Viene invitato a scegliere la sua lingua. Lo fa e la solita vocina di tutti i call center gli elenca le possibilità offerte. Lui indica che vuole prenotare. La voce comincia ad elencare tutte le località della costa partendo dai lidi ferraresi, finalmente arriva a suggerire Rimini (il numero 7) e il paziente turista digita 7. Parte una musichetta, un brano classico anche piacevole, che però dura all'infinito. Dopo tre minuti di ascolto, il turista, ormai diventato impaziente, chiude la telefonata.  Rimanendo incredulo, prova anche qualche ora più tardi, ottenendo lo stesso risultato, l'ascolto di un brano di musica classica senza nemmeno la vocina che ti invita a restare in linea per non perdere la priorità acquisita. Niente, solo musica e nessun umano con cui parlare.

A questo punto l'impaziente turista diventa anche curioso di sapere se tutto il sito funziona in quel modo o se ha qualche possibilità di prenotare il capodanno in Riviera. Sceglie Bellaria Igea Marina (136 strutture) ma fra i risultati ci sono solo due hotel, uno dei quali, un 3 stelle, propone un economico soggiorno a 1.000 euro a notte. L'impaziente ed anche un po' alterato turista comincia a chiedersi se sulla Riviera romagnola non siano tutti un po' impazziti. Decide di provare con Riccione (156 strutture) con una dozzina di hotel che indicano i loro prezzi. Anche a Riccione c'è un tre stelle alla modica cifra di mille euro a notte, gli altri sono prezzi alti (da revenue management) ma comunque di mercato. Il malcapitato turista si chiede se sia diventata una moda quella di 1.000 euro a notte. Oppure, un modo “simpatico” per dire non prenotate online in anticipo che le camere me le vendo a trattativa diretta. 

L'ultimo tentativo è con Misano e Cattolica: in ambedue i casi la risposta è uguale a quella di Rimini: non ci sono disponibilità, e al numero indicato si ascolta solo musica classica. 

Passatagli la voglia di prenotare il Capodanno in Riviera, l'ormai esausto turista torna a guardare  il sito di visitromagna.it. Il menù vuole essere, per così dire, creativo. La voce “Tutta da vivere” porta alla pagina degli eventi, ma lo si scopre solo dopo averla aperta. Un'altra voce, “I Colori della Romagna”, indica in realtà delle parole chiave descrittive della vacanza in Romagna (esperienze). Anche per il pubblico italiano sono in inglese: beach, bike, food, rock, culture, empire, castle, nature. Forse che scrivere spiaggia, cibo, cultura, castelli, natura non faceva fino? Empire sta per storia romana e la pagina si apre con la statura di Giulio Cesare in piazza Tre Martiri: mai avuta una pubblicità simile. Grandi foto, molta Rimini (chissà se gli altri romagnoli sono contenti, qualche sconfinamento (Gradara scelta per illustrare i castelli). Tutto sommato un sito piacevole da sfogliare. Purché non venga in mente di prenotare. Ma il sito non dovrebbe servire soprattutto a questo?

Andati in archivio i giorni delle sardine (intesi come autobus strapieni perché le corse erano gratuite e tutti avevano la curiosità di provare il nuovo mezzo di trasporto), per il Metromare sono arrivati i giorni della prosaica realtà. “Afflussi secondo le previsioni” recitava un comunicato stampa di ieri pomeriggio relativo alla prima mattina di servizio a pagamento. Vai a capire quali fossero le previsioni: quelle secondo cui in un anno dovrebbe fare almeno 3,5 milioni di passeggeri? Oppure quelle secondo cui il Metromare avrebbe l’effetto di togliere diecimila auto dalla circolazione stradale?

Noi lo abbiamo provato questa mattina, martedì. Per prima cosa abbiamo cercato sui siti di Pmr e di Start Romagna l’indicazione su quale fosse la stazione più vicina. Cerca e ricerca, l’unica cosa che abbiamo trovato è una minuscola cartina dove, lungo la direttrice Rimini – Riccione, sono indicati i nomi delle stazioni: Kennedy, Pascoli, Lagomaggio, Toscanini, ecc. Un po’ poco per capire dove spostarsi con l’automobile e lasciare il mezzo in un parcheggio nelle vicinanze. Presi dal dubbio di non aver cercato bene, chiamiamo Pmr. Molto gentilmente ci hanno spiegato che in effetti sui siti non ci sono indicazioni su dove si trovino le stazioni. Anzi, aggiungono, questa è una buona idea, vedremo di metterla in pratica al più presto. Ci chiediamo perché non ci abbiano pensato prima (e dire che di tempo a disposizione ne hanno avuto!), anche perché le stazioni del Metromare non sono come quelle del filobus sul lungomare, dove uno sa che basta affacciarsi sulla strada e nel giro di pochi metri ne trova subito una. Pmr si offre gentilmente di mandarci per e-mail le indicazioni per alcuni stazioni, ma arrivano un’ora e mezzo dopo. Ci siamo quindi diretti alla stazione di Rimini, sapendo che lì c’è uno dei due capolinea. Oltretutto, anche la segnaletica orizzontale nelle vicinanze delle stazioni (il percorso pedonale con il disco con la grande M) è appunto immediatamente prossima alla fermata. Ci si arriva se già si sa che lì c’è una stazione, nel territorio circostante non ci sono segnalazioni. Forse anche questo è un tema su cui lavorare, soprattutto in vista della stagione turistica.

Dalla stazione di Rimini l’autobus parte alle 12,02, in carrozza c’è una decina di persone, ed anche una ragazza con la casacca dello staff che controlla i biglietti. Comincia il nostro primo viaggio in corsia protetta verso Riccione. Alla stazione Pascoli stiamo fermi circa due minuti per aspettare il bus proveniente da Riccione. Fino a Miramare salgono altre due persone, da Miramare in poi nessun altro. Il panorama offerto dalla corsa è questo: a sinistra la linea ferroviaria, a destra si alternano pregevoli testimonianze di “riminizzazione” (molti edifici ammassati su strette stradine), qualche orto superstite e qualche terreno incolto con erbacce. Così è la città in quella fascia, il Metromare non poteva certo abbellirla. Attraversato il Marano, sembra proprio che il Metromare, da sempre combattuto e ostacolato, non sia proprio usato, e le stazioni (D’Annunzio nord, Alba, Dante, Porto) scorrono una dopo l’altra deserte, nessuno dei passeggeri suona per fermarsi, evidentemente tutti sono diretti al capolinea.

Arriviamo a Riccione alle 12,27, i venticinque minuti promessi per coprire 9,8 chilometri in corsia protetta sono stati rispettati. L’autobus fa il giro sulla rotonda davanti alla stazione e si posiziona per accogliere i nuovi viaggiatori. Salgono tre persone, qualche fermata più avanti altre due. Ritornati in territorio riminese, decidiamo di fare una sosta a Bellariva. Ci guardiamo intorno e vediamo che i due capolinea si chiamano Rimini Station e Riccione Station, all’inglese. Un tocco di internazionalità che però confligge con il cartello con le notizie utili per i passeggeri che è solo in italiano. Alle 13,5 l’altoparlante annuncia che sta per arrivare il bus per Rimini Station. Arrivano trafelati tre studenti che spiegano di aver ripiegato sul Metromare perché un incidente ha bloccato la circolazione nella zona a mare della ferrovia. Sale anche un ragazzino delle medie. A bordo il bus è vuoto. Dopo circa dieci minuti termina la corsa alla stazione di Rimini.

È certamente presto per tirare conclusioni, anche perché abbiamo provato il percorso in una fase sperimentale. Il passaparola, come dice la campagna di comunicazione, ha ancora molto da lavorare. “La capacità del sistema sarà di 1.500 passeggeri all’ora per direzione di marcia”, si legge sul sito di Pmr. Da quel che abbiamo visto nella nostra prova si è davvero molto lontani dall’usare tale potenziale capacità. A regime, inoltre, le corse saranno ogni dieci minuti, e non ogni venti come ora.

E poi fra qualche mese, dopo che saranno arrivati i bus in costruzione in Belgio, la linea sarà interrotta per consentire le prove Ustif. La speranza delle autorità è che possa riprendere a funzionare a maggio, in occasione del raduno degli alpini, ma nessuna data è certa.

Intanto è già partita la battaglia del Metromare 2, il prolungamento verso Cattolica, con la maggioranza che governa Riccione (grazie al no al Trc) che annuncia di volerlo impedire con ogni mezzo.

Via Bonsi piena (circa un migliaio di persone) per Matteo Salvini, che ha inaugurato la nuova sede della Lega di Rimini; piazza Cavour piena, con alcune migliaia di persone, per il raduno delle "sardine".

La città ieri ha vissuto la prima giornata di intensa campagna elettorale in vista delle elezioni regionali del 26 gennaio.

I due raduni, a due ore di distanza, vicini di poche decine di metri, si sono svolti tranquillamente, senza incidenti. In molti, fra le sardine, avevano in mano il simbolo del pesce. Ne è sfilato anche uno gigantesco con la scritta "Magna questa".

Salvini ha snocciolato per quaranticinque minuti i suoi cavalli di battaglia, dalla lotta alle tasse a quota 100. In piazza le sardine hanno replicato alle accuse ricevute negli ultimi giorni da Lucia Bergonzoni, ed hanno cantato Romagna mia e Bella ciao.

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