Chiuso il processo su don Benzi, "figlio e padre della Chiesa riminese, amico dei poveri"
Una commozione palpabile sul volto e nella voce di tutti, una gioia composta e profonda, la consapevolezza di vivere una tappa in qualche modo storica. Erano i sentimenti dominanti, ieri pomeriggio nel Duomo di Rimini, nel corso della cerimonia di chiusura del processo diocesano per la beatificazione di don Oreste Benzi. Il Tempio Malatestiano era pieno di persone, di tanto in tanto risuonava la voce del sacerdote, quasi ad indicare che egli è ancora vivo in mezzo al suo popolo. Pure tutti gli aspetti burocratici e formali, il gran movimento di firme, timbri e sigilli, grazie anche alla sapiente regia del delegato vescovile don Giuseppe Tognacci, sono apparsi elementi che hanno concorso a dare solennità e significato all’evento.
In apertura monsignor Francesco Lambiasi ha proposto due sottolineature: don Oreste come prete santo che ha praticato in modo eroico le virtù cristiane, ma anche don Oreste come profeta, uomo attraverso cui il Signore ha parlato e parla alla chiesa di Rimini.
“Non ha lasciato in eredità denari ma la sua vita spesa per i poveri”, ha esordito l’attuale responsabile della Comunità Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo Ramonda. Ha tracciato brevi ed efficaci pennellate del sacerdote dalla tonaca lisa. “Si è consumato per i fratelli”; “ha conquistato i giovani proponendo non una sistemazione ma una vita donata”; “non ha nascosto il suo amore appassionato per Cristo come sacerdote nella chiesa cattolica”; “ha testimoniato una fraternità che va sulla strada, è stato profeta deriso e inascoltato nella liberazione delle ragazze costrette a prostituirsi”; “la sua opera d’arte è stata la comunità papa Giovanni XXIII oggi diffusa in 45 paesi del mondo nei cinque continenti”. Ed infine la conclusione: “Dopo la sua salita al cielo, si apre anche per noi il desiderio del paradiso ma anche di non lasciare più nessuno soffrire da solo”.
Elisabetta Casadei, la postulatrice della causa, ha spiegato che per lei incontrare don Benzi da ragazzina è stato come vincere due volte un biglietto della lotteria. La prima per aver scoperto che Gesù è vivo, una persona presente che ti ama; la seconda per aver potuto seguire da vicino la causa di beatificazione.
È toccato quindi a don Giuseppe Tognacci raccontare le varie fasi del processo che è durato cinque anni e due mesi. È stata un’inchiesta sulla vita, le virtù e la fama di santità di don Oreste Benzi. Sono state raccolte lettere e scritti di persone che hanno voluto testimoniare la loro convinzione sulla santità del sacerdote. Un collegio di periti teologi nominato dal vescovo ha letto tutti gli scritti di don Benzi e ha valutato che essi non contengono nulla di contrario alla fede e alla morale cattolica. Tre periti storici hanno raccolto tutti i documenti ecclesiastici e civili riguardanti il servo di Dio. Ed infine il gran lavoro dell’ascolto dei testimoni, alcuni proposti dalla postulazione, altri chiamati d’ufficio dal Tribunale. Dei 94 proposti dalla postulazione, ne sono stati ascoltati 85, perché nel frattempo quattro sono morti (come l’imprenditore Vittorio Tadei e il sacerdote don Fabio Trevisani), quattro non sono stati disponibili, uno è stato impossibilitato a intervenire. In totale sono state ascoltate 131 persone, 24 ecclesiastici e 107 laici. Gli interrogatori sono durati in media cinque mattinate di lavoro ciascuno, per completare la deposizione per alcuni sono stati necessari nove appuntamenti. Il tribunale ha compito anche quattro trasferte: una a Torino per il cardinale Poletto, una in Val di Fassa per un anziano parroco di Canazei, due a Roma per interrogare i cardinali Sgreccia e Rylko.
È stato un lavoro di 151 sessioni, compresa l’ultima, quella di ieri. Il risultato è stato una montagna di documenti: in totale qualcosa come 18.632 pagine. Gli atti, dopo la cerimonia di ieri, saranno trasmessi alla Congregazione per le cause dei santi. A fare da postino, il termine tecnico è portitore, sarà Giampiero Cofano della Comunità Papa Giovanni XXIII, che ieri ha giurato sui Vangeli di eseguire correttamente il proprio incarico.
Don Tognacci ha concluso il suo intervento con alcune note personali. È partito da un ricordo famigliare, dalla mamma che guardando don Benzi in televisione commentava “E’ un prete prete”. “Anche io sono diventato prete – ha aggiunto - e ho avuto occasione di vedere e ascoltare don Oreste anche in frangenti singolari della sua vita. In questi cinque anni più volte mi è stato chiesto cosa provavo ad ascoltare le testimonianze su don Oreste. Oggi ho voglia di dire che ho provato soprattutto, non esclusivamente, un enorme profondo senso di miseria su di me, di vivissima inadeguatezza, intendo come sacerdote, nel privilegio e nella grazia di trattare così da vicino questa grandissima anima sacerdotale che è don Oreste”.
Ed ha concluso: “Ora consegniamo gli atti al giudizio di santa madre Chiesa. Che Dio porti a compimento l’opera che dall’eternità ha iniziato a ricamare in questo figlio di Achille e Rosa, figlio e padre della Chiesa di Rimini, sacerdote di Cristo e, per amore al Signore Gesù, ammirevole educatore e difensore, servitore in eterno, dei più poveri e dei più deboli”.
Il Meeting: pieni di gratitudine per il dono di don Benzi
(Rimini) «Insieme a tutta la Chiesa riminese siamo commossi e pieni di gratitudine di fronte a questo percorso verso il riconoscimento della santità che è iniziato per don Oreste». Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, commenta così il nuovo passo avanti nel processo di beatificazione di don Oreste Benzi. Il fascicolo relativo al fondatore dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, infatti, ha concluso la sua fase diocesana e ora tutto il materiale raccolto sarà sigillato e inviato in Vaticano alla Congregazione per le Cause dei Santi per l’ultimo tratto di cammino, quello decisivo, una fase che potrebbe durare anche diversi anni. Domani, sabato 23 novembre 2019 alle ore 16, in basilica cattedrale a Rimini, si terrà una cerimonia pubblica per sottolineare l’importanza del momento.
«Don Oreste – ricorda il presidente Guarnieri – è stato un padre per tantissimi di noi. Uno dei grandi padri che i giovani riminesi hanno avuto il privilegio di guardare a partire dagli anni Cinquanta in avanti, come don Giancarlo Ugolini e don Luigi Tiberti, grandi punti di riferimento che hanno consentito ad ognuno il percorso della propria vocazione e della propria esperienza cristiana». Il tratto «che risultava evidente in don Oreste (e che si notava appena lo si incontrava) è che era innamorato di Cristo, con cui aveva un rapporto evidente, ed è per questo che amava tutti. Aveva l’abitudine di chiamare chiunque sorellina o fratellino e anche questo contribuiva a far sì che da lui ti sentissi immediatamente voluto bene». Don Benzi «ha portato alla luce povertà di cui nessuno in quegli anni aveva consapevolezza, negli anni Sessanta i disabili nessuno li portava in vacanza come ha fatto lui. È stato uno dei primi ad affrontare le povertà del tossicodipendente e della prostituta. Ha corso rischi immensi sul lungomare di Rimini in mezzo alla nebbia chiamando queste ragazze perché lo seguissero lasciando gli sfruttatori. Sono cose che uno può fare se è veramente innamorato di qualcun Altro. Al Meeting raccontava di questa compagnia che faceva a tutti gli uomini e a tutti i fratelli che vivevano di queste povertà», continua Guarnieri.
Don Oreste è stato un grande amico del Meeting e dal 1988 fino al 2007, anno della sua morte, ha partecipato a sedici edizioni, mettendo a tema gli argomenti a lui cari: dalla lotta all’abuso di sostanze stupefacenti alla carità senza limiti di cui è stato protagonista e testimone. Quest’anno il Meeting di Rimini ha dedicato una mostra alla sua figlia spirituale Sandra Sabattini, per la quale fu lui stesso a promuovere il processo di beatificazione dopo averne letto il diario. Il 2 ottobre 2019 papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto riguardante il miracolo, attribuito all’intercessione della “santa fidanzata” che entro il prossimo anno sarà quindi proclamata beata, come desiderava Benzi. Nel 2004 don Oreste al Meeting raccontò proprio della sua allieva Sabattini, presentando il libro “Il diario di Sandra”.
«Don Oreste – conclude Guarnieri – non amava le luci dei riflettori. Quella della sua “tonaca lisa” non era una battuta: lui veramente viveva con una tonaca lisa addosso. Ricordo di quando, tante volte, anche al Meeting preferiva entrare da una porta secondaria, ci faceva dono della sua testimonianza e poi subito andava via perché aveva una grande cura del suo tempo e il suo tempo serviva per vivere la carità e non per far parlare di sé».
Don Benzi beato, domani in Cattedrale a Rimini la chiusura del processo diocesano
(Rimini) Dopo cinque anni di lavoro, la prima fase del processo per la beatificazione di don Oreste Benzi, quella diocesana, si conclude con la sessione di chiusura, pubblica, in Basilica Cattedrale a Rimini, sabato 23 novembre alle ore 16.
Tutti i componenti del tribunale presteranno nuovamente giuramento.
Saranno sigillati gli scatoloni contenenti i documenti, che verranno poi spediti alla Congregazione delle cause dei santi della Santa Sede.
Don Giuseppe Tognacci è il Giudice delegato del Tribunale ecclesiastico nel processo di beatificazione. Il Tribunale Ecclesiastico Diocesano è costituito, oltre al Giudice delegato, dal Promotore di Giustizia don Luigi Ricci, già Vicario generale della Diocesi di Rimini; Notaio Alfio Rossi; Notaio aggiunto Paola Bonadonna.La Sessione di chiusura dell’Inchiesta sulla Vita, virtù e fama di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, sarà la 151esima.
Sono stati ascoltati oltre 130 testimoni, e ciascuno “interrogato” con domande relative a don Oreste.Don Oreste, da quando si è aperta questa ‘avventura santa’, ha il titolo di Servo di Dio.
In oltre 60 anni di vita sacerdotale, don Oreste Benzi si è speso in ogni fatto di emarginazione.
Settimo di nove figli, don Benzi è stato un’instancabile annunciatore di “un incontro simpatico con Cristo”, obiettivo che perseguiva già dagli anni Cinquanta dando vita ad un originale movimento educativo per i preadolescenti.
Mentre nel mondo scoppia la contestazione, nel 1968 con un gruppo di giovani e alcuni sacerdoti, costituisce il nucleo originario dell’Associazione Papa Giovanni XXIII. Lo specifico carisma votato alla missione e alla condivisione viene “speso” dapprima con le persone con handicap, e in seguito con i bambini senza famiglia e le prostitute, i barboni e i nomadi, i malati di mente e i tossicodipendenti.
“Decurtando don Oreste della sua dimensione mistica, ci troveremmo di fronte ad un don irriconoscibile. – ha sottolineato mons. Francesco Lambiasi – Combatteva l’orizzontalismo, la riduzione del cristianesimo a filantropia, a un semplice volersi bene: simpatia, affetto umano. «Siate santi!» è stato il suo ultimo messaggio”.
Testimone, maestro ed educatore. Oltre al contributo senza risparmio alla Chiesa “assediata da tutte le parti”, don Oreste è stato autore di una sterminata produzione saggistica, oltre ad una lunga attività di conferenziere e collaborazioni con decine di testate giornalistiche.
“Quando don Oreste Benzi, umile parroco della parrocchia ‘La Resurrezione’ nella periferia di Rimini, è salito al Padre dando l’ultimo respiro su questa terra, - ha dichiarato Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII - non ha lasciato in eredità denari alla sua gente ma una vita da spendere con i poveri. Ha lasciato la sua tonaca lisa, espressione che per vivere il Vangelo bisogna consumarsi, donarsi fino all'ultimo, ma nella gioia, vivendo un incontro simpatico con Cristo”.
Italia Viva pianta le sue bandiere a Rimini e si batte per Bonaccini
Un po’ una rimpatriata di vecchie glorie (l’ex sindaco Alberto Ravaioli, l’ex presidente della Provincia Stefano Vitali), un po’ un nuovo assortimento di persone provenienti da storie diverse accomunate dalla ricerca del “partito che non c’è” (Sergio Pizzolante) e che, secondo il coordinatore nazionale Ettore Rosato, testimonia che non siamo davanti alla classica scissione di sinistra, così Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, ha compiuto oggi il suo debutto a Rimini. Lo ha fatto presentando i gioielli di famiglia (il nuovo gruppo consigliare Patto Civico –Italia Viva, nel quale sono confluiti due esponenti Pd, Barbara Vinci e Giorgia Bellucci, fino a mercoledì sera vice segretario provinciale del Pd) e garantendo un impegno “pancia a terra” per la rielezione di Stefano Bonaccini a presidente della regione Emilia Romagna, ponendo un argine “all’assalto montante della destra sovranista e populista”.
Gran cerimoniere del debutto l’ex deputato Pizzolante che ha annunciato di abbandonare per due mesi i suoi impegni professionali per tornare a occuparsi direttamente di politica, con l’obiettivo della vittoria di Bonaccini. Per l’ex deputato, Italia Viva non è che la logica evoluzione del progetto cominciato tre anni fa con la creazione di quel Patto Civico che ha portato il sindaco Andrea Gnassi alla vittoria al primo turno. Una chiara alternativa di ragionevolezza – sostiene Pizzolante – alle derive sovraniste e populiste, con una scelta chiara in favore dell’impresa, del lavoro, e del no all’inasprimento fiscale, alla burocrazia che ostacola la crescita e alla demagogia.
Che sia stata una scelta giusta e lungimirante lo si coglie dal confronto fra Rimini e Riccione. Rimini in questi anni è cambiata, Riccione, dove dominano i sovranisti, si è chiusa e si spegne. Un tasto sul quale Pizzolante spinge parecchio. “Alcuni – spiega riferendosi alle prossime elezioni regionali – legittimamente potrebbero auspicare un cambiamento. A costoro replico che si può cambiare anche in peggio. Rimini non ha cambiato colore politico ed è andata avanti, Riccione ha cambiato ed ha compiuto passi indietro”.
L’ex sindaco Ravaioli ha spiegato che emigrando da Forlì a Rimini aveva trovato nel Pd locale desiderio di cambiamento, anche se poi l’esperienza ha dimostrato che si annidavano nel Pd molte resistenze al cambiamento. “Quando Renzi ha annunciato il nuovo partito, ho avvertito un senso di liberazione, qui c’è la mia storia”. Vitali non è più iscritto al Pd da alcuni anni e si sentiva “orfano di un partito moderato, che guarda all’Europa, che valorizza il lavoro e che sia capace di rappresentare quelli come me che vengono definiti cattocomunisti”.
C’è quindi stata la passerella dei consiglieri di Patto Civico che hanno aderito a Italia Viva (Mirco Muratori, Enzo Zamagni e Davide Frisoni, assente perché in vacanza Daniela De Leonardis) e delle due consigliere provenienti dal Pd, Barbara Vinci e Giorgia Bellucci, quest’ultimo il nome che ha fatto più rumore e ha destato maggiori malumori fra i dem. “Sono sempre stata con Renzi, Italia Viva non è contro il Pd, non c’è niente da ricucire”, ha chiosato l’interessata. Fra il pubblico anche Fabio Ubaldi, l’unico dell’ex Patto Civico di Riccione che ha aderito al partito renziano, mentre gli altri, insieme agli ex grillini, hanno dato vita a Riccione Civica. I consiglieri di Rimini hanno spiegato che il gruppo resterà a sostegbo dell'azione di cambiamento intrapresa da Gnassi.
Ai big di Italia Viva (oltre a Pizzolante e Rosato c’era anche il referente romagnolo Marco Di Maio) è stato chiesto quali saranno i candidati riminesi della lista del presidente, che il partito sosterrà alle prossime regionali. Bocche cucite, solo l’indicazione che si sta lavorando a personalità di spicco che possano trainare il voto. Tramontata l’ipotesi di Davide Frisoni, rimangono sulla carta i nomi di Kristian Gianfreda e di Fabio Ubaldi. Si vedrà.
E il risultato della votazione su Rousseau (i 5 Stelle hanno deciso di partecipare) come cambia le carte in tavola? “Non capisco – risponde Rosato – dove vogliano andare. Per partecipare occorre avere un progetto. Noi ce l’abbiamo, ed è il sostegno al lavoro cominciato da Bonaccini”.
Domenica pomeriggio farà l’esordio a Rimini la novità degli ultimi giorni, il movimento delle “sardine”. “Sarò una sardina. – annuncia Pizzolante – E’ un movimento spontaneo sul quale giustamente Bonaccini ha deciso di non mettere il cappello. È un fenomeno che dice che qualcosa sta cambiando nella coscienza delle persone. È una ribellione alle brutture dell’arroganza e dell’intolleranza di certa politica”.
Scuola e lavoro, un matrimonio che s'ha da fare. Convegno di Educo
Il rapporto fra scuola, impresa e mondo del lavoro è oggi uno dei nodi da risolvere perché l’Italia ritorni a crescere. “Si tratta di rovesciare un paradigma. – afferma Stefano Arduini – Le agenzie formative non possono organizzare la loro offerta sperando poi che le imprese assorbano diplomati e laureati. È necessario che scuola, università ed enti di alta formazione organizzino i loro corsi tenendo conto principalmente delle esigenze espresse dal mondo delle aziende”.
Arduini è il presidente di Educo, il consorzio sorto fra tre importanti realtà educative e formative del territorio della provincia di Rimini: Cooperativa Service Web, Fondazione Karis e Fondazione Unicampus San Pellegrino. “Siamo una realtà – sottolinea – che non ha pari in regione e forse anche a livello nazionale. Un percorso di formazione che va dagli asili nido all’università e alle specializzazioni post-universitarie”. Uno dei frutti di questa collaborazione è il progressivo trasferimento a Rimini, nell’alveo della Karis, a partire dal prossimo anno scolastico, del liceo linguistico operante da anni a Misano Adriatico. “Come Fondazione – spiega Arduini – abbiamo deciso di concentrarci sulla formazione universitaria e post-universitaria. Già gestiamo un corso di laurea triennale in mediazione linguistica, dal prossimo anno accademico partirà una laurea specialistica in traduzione”.
Il consorzio Educo ha organizzato nell’ambito del secondo Happening Karis (nell’ultimo week end, al centro commerciale Le Befane) un importate momento di confronto su “Saper essere per imparare a saper fare. Un nuovo rapporto tra scuola, impresa e ingresso nel mondo del lavoro”, al quale sono intervenuti, oltre allo stesso Arduini, Paolo Maggioli, presidente di Confindustria; Giordano Pecci, della Compagnia delle Opere, e Simone Badioli, presidente di UniRimini.
Nel corso della discussione il presidente di Educo ha evidenziato la centralità della persona in ogni momento del suo cammino formativo ed educativo: “Educare un giovane a sapere essere – ha osservato - è la sfida centrale di ogni percorsi educativo e formativo. Nozioni, competenze, sapere fare, assumo valore solo se la persona da senso e significato a ciò che apprende. Considera l’ingresso nel mondo del lavoro una dimensione di completamento ed espressione della sua dimensione umana. Solo in questo modo la persona è in grado di affrontare le costanti sfide di cambiamento e innovazione che la realtà ci propone con sempre maggiore velocità”.
Il tema del rapporto fra formazione e mondo dell’impresa appassiona molto Simone Badioli, da poche settimane chiamato alla presidenza di UniRimini, la società che sostiene il polo universitario riminese. “Il rapporto fra università e mondo delle imprese è fondamentale. Ne ho avuto esperienza diretta, positiva, nel settore in cui sono impegnato, quello della moda. L’università deve tenere conto delle esigenze delle imprese, così come queste devono essere disponibili a collaborare per i tirocini degli studenti. Quando si crea questo circolo virtuoso, a trarne vantaggio sono soprattutto gli studenti che trovano immediatamente uno sbocco occupazionale”.
Al convegno di Educo, Badioli ha riportato alcuni dati emersi nei giorni scorsi in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. Risulta che l’82 per cento dei laureati dei corsi magistrali trova lavoro entro due anni dal diploma. Un risultato che supera abbondantemente la media dei laureati dell'università di Bologna, pari al 73 per cento, ed anche la media nazionale del 69,5 per cento. “Questo significa – afferma Badioli – che in questi anni c’è stata una vicinanza fra università e mondo del lavoro”. C’è però un “ma” che lo stesso Badioli riconosce: “Nel caso delle lauree triennali la percentuale si riduce”. Le percentuali di chi trova lavoro dopo un anno con una laurea triennale vanno dal 27 per cento (Finanza, assicurazioni e imprese) al 55 per cento (economia dell’impresa), fino ad un massimo del 64,7 per cento per il corso di educatore sociale e culturale. In ogni caso percentuali inferiori a quelle delle lauree magistrali.
“C’è quindi bisogno – sostiene Badioli - di rivedere tutto il percorso universitario, rilanciare la formazione professionale e fare dialogare insieme, istruzione, ricerca e imprese”. Il presidente di UniRimini assicura che la società è già al lavoro per elaborare proposte per rafforzare il legame fra campus di Rimini e mondo delle imprese, ma non si vuole sbilanciare in annunci prematuri. “Penso che saremmo pronti all’inizio del nuovo anno”, assicura.
Regionali, Forza Italia apre le danze. Le liste civiche con il centrodestra
Se la coppia Salvini-Bergonzoni già da tempo ha cominciato la campagna elettorale per le regionali del prossimo 26 gennaio, ora anche il resto del centrodestra si sta organizzando per la battaglia campale che ha l’obiettivo di “Liberare l’Emilia Romagna dal governo della sinistra”. Ieri pomeriggio è scesa in campo Forza Italia, chiamando a raccolta i propri dirigenti, con la presenza del coordinatore regionale Adriano Paroli e del senatore Maurizio Gasparri. Fa un po’ impressione ascoltare i berlusconiani fare appello al voto utile, nella consapevolezza che i sondaggi e gli ultimi appuntamenti elettorali hanno ridotto Forza Italia a un sesto dei voti della Lega. Sul tasto del voto utile hanno puntato sia Paroli che Gasparri, sottolineando che per governare, per andare al di là dei facili slogan, “c’è bisogno della competenza, dell’equilibrio e della capacità di fare risultato propria di Forza Italia”.
Da parte sua il vice coordinatore Nicola Marcello, che certamente sarà capolista, ha ricordato che alle amministrative in provincia di Rimini la coalizione di centrodestra ha vinto nell’unico Comune (Bellaria Igea Marina) dove c’era un candidato di Forza Italia di valore, di spessore e che non aveva bisogno di mandatari o sponsor. Basteranno questi argomenti per indurre l’elettorato a dare i voti sufficienti perché anche a Rimini Forza Italia possa esprimere un consigliere regionale? Le difficoltà sono enormi e gli stessi dirigenti del partito non se le nascondono. Rimini dovrebbe esprimere un risultato migliore di quello di Bologna, dove l’ex coordinatore Galeazzo Bignami è passato sotto le insegne di Fratelli d’Italia. Se Nicola Marcello sarà il capolista, le altre candidature dovrebbero essere a disposizione del mondo che fa capo all’Udc (si parla della bellariese Alessia Tonini) e delle due vallate, Valconca e Valmarecchia. Intanto Marcello ha snocciolato i suoi argomenti di campagna elettorale: no alle tasse, sanità, sicurezza, trasporti, turismo, commercio, proroghe per le concessioni di spiaggia. “Noi – ha concluso – vogliamo mandare a casa la sinistra e i suoi alleati, in quanto inorridiamo a un sistema Bibbiano e soprattutto in questo territorio al sistema degli appalti gestiti da personaggi dei quali le intercettazioni hanno già detto tutto. Siamo garantisti sempre e non condanniamo nessuno, ma dalle intercettazioni emerge certo un problema morale dentro il pd e certe candidature o ricandidature in Regione sembrano inopportune”.
Si va precisando anche la partecipazione alla campagna elettorale della rete di liste civiche Progetto Emilia Romagna (una quarantina in tutta la Regione) che ha indicato nel sindaco di Coriano Domenica Spinelli la propria portavoce. Nella giornata di sabato scorso le liste hanno incontrato i due maggiori candidati alla presidenza, Stefano Bonaccini, del centrosinistra, e Lucia Bergonzoni, del centrodestra. Ai due candidati è stato proposto di sottoscrivere un accordo in sei punti che prevede: presenza nel logo dell’unica lista civica del Presidente di un esplicito ed esclusivo richiamo grafico al logo della rete civica regionale “Progetto Emilia Romagna”; assenza nella lista del Presidente di candidature espressione diretta di Movimenti o Partiti Politici; valorizzazione della presenza sul territorio della rete civica “P.E.R.” nella lista del Presidente, con almeno la designazione di un proprio esponente come capolista nel capoluogo Bologna e uno nella metà delle provincie restanti; condivisione dei criteri per la selezione dei candidati nella lista del Presidente; costituzione tra il Presidente e Progetto Emilia Romagna di un’unica cabina di regia regionale per la strategia e la comunicazione della campagna elettorale supportata dai coordinatori provinciali; valorizzazione della presenza di “P.E.R.” attraverso una conferenza stampa nazionale.
Stando a quanto informa una nota di Progetto Emilia Romagna, “il candidato Bonaccini ha ritenuto di non accettare tale accordo civico che invece è stato sottoscritto dalla candidata Borgonzoni, con la quale è iniziato un primo confronto per l’elaborazione delle linee programmatiche della Regione che verrà”. Da quanto è trapelato, Bonaccini non avrebbe accettato la presenza del logo e il divieto posto a esponenti di partiti e movimenti.
Ma era abbastanza scontato che la rete delle liste civiche (all’ultima riunione tenutasi a Forlì era presente anche il sindaco di Riccione, Renata Tosi) si dovesse accasare con il centrodestra. La macchina organizzativa è già al lavoro per l’individuazione delle candidature. In pole position, come nome forte, c’è Claudio Di Lorenzo, a suo tempo storico esponente di An, e promotore di una lista civica a sostegno di Marzio Pecci alle ultime comunali di Rimini. Un altro candidato dovrebbe essere espressione di Riccione, il resto della lista (quattro nomi) sarà appannaggio delle quote rosa.
Don Benzi, un "rivoluzionario" toccato dalla tenerezza di Dio
“Io cerco una cosa particolare: di non perdere la coincidenza con il Signore che viene”. Così rispose don Oreste Benzi all’intervistatore che gli chiedeva se lui si sentisse in qualche modo trasgressivo. La domanda era quanto mai opportuna, visto che l’intervista, del 2000 sul mensile Sempre dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, era pubblicata in occasione dell’uscita di un libro del sacerdote dall’inequivocabile titolo Trasgredite!
Quell’intervista, insieme a molte altre, è ora pubblicata nel libro Ribellatevi! che l’editore Sempre ha mandato in libreria alla vigilia di una tappa importante del processo di beatificazione del sacerdote dalla tonaca lisa. Sabato 23 novembre, in cattedrale, ci sarà la cerimonia ufficiale di chiusura della fase diocesana del processo. Sotto lo sguardo del Crocifisso di Giotto, il vescovo monsignor Francesco Lambiasi applicherà i sigilli ai faldoni che contengono gli atti del processo che, cominciato il 27 dicembre 2014, ha visto l’escussione di oltre 130 testimoni, persone che hanno conosciuto e frequentato don Benzi. Gli atti saranno quindi trasmessi a Roma, alla Congregazione per le cause dei santi che dovrà pronunciarsi sulla loro validità. Dopo questo via libera, il Postulatore potrà dedicarsi al lavoro di redazione della Positio, il poderoso documento che raccoglierà in sintesi ciò che è emerso sulla figura del sacerdote.
Intanto, chiunque può riaccostarsi alla vita e alle parole di don Benzi, leggendo il volume curato da Alessio Zamboni e Nicoletta Pasqualini, due coniugi che da quasi trent’anni costituiscono l’anima operativa dell’attività editoriale della Papa Giovanni XXIII. Nel tentativo di individuare un filo rosso che possa legare fra loro una ventina di colloqui con don Oreste, Zamboni e Pasqualini lo hanno rintracciato in quel Ribellatevi!, riformulazione di quell’antico Trasgredite!, accompagnato dal sottotitolo Intervista con un rivoluzionario di Dio.
Don Oreste era una persona che, a decenni dal Sessantotto, non aveva paura di usare la parola rivoluzione in riferimento al cristianesimo, senza con ciò scivolare verso gli equivoci della teologia della liberazione o verso improbabili tentativi di conciliazione fra lotta di classe ed esperienza cristiana. Il sacerdote usava la parola rivoluzione in contrapposizione a devozione, intendendo con quest’ultima espressione un cristianesimo che ha rinunciato ad essere una novità di vita radicale, non assimilabile ai criteri del “mondo”. È quanto disse esplicitamente, una sorta di testamento spirituale, pochi giorni prima di morire, intervenendo a Firenze alla 45° Settimana Sociale dei cattolici italiani. Lui riteneva che il problema della cristianità fosse appunto la riduzione della fede a devozione: “E’ scomparsa la coscienza di essere popolo di Dio, con una missione di salvezza da portare”. Pensava, e lo disse nella citata intervista del 2000, che la riforma protestante, con la sua esaltazione del rapporto diretto dell’individuo con Dio, avesse influito in qualche modo anche sulla Chiesa cattolica, dove a suo giudizio c’era troppa enfasi sulla santità individuale piuttosto che sulla costruzione di un popolo santo capace di testimoniare nei fatti della vita una novità irriducibile ai criteri mondani. Di qui il suo invito a “trasgredire”, cioè a non far propria la mentalità dominante, rivolto specialmente ai giovani. E precisava che per lui questo movimento era non perdere le coincidenze con il Mistero che si manifesta nella storia.
La lettura delle interviste restituiscono un don Benzi vivo, che si misura con le sfide dell’attualità (droga, Aids, carcere, prostituzione, aborto), rischiando un giudizio che a volte può sembrare paradossale od eccessivo, ma che lui documenta e sostiene a partire dall’esperienza sua, della sua comunità, delle persone incontrate. Non mancano giudizi preoccupati sullo stato della Chiesa contemporanea, ed osservazioni che oggi restano quanto mai attuali, come questa: “Noi ci affanniamo a dare regole esterne alla vita umana che invece possono essere accettate solo in una relazione d’amore”.
Le prime due interviste sono autobiografiche, don Benzi si racconta, parla della sua famiglia, dei fatti e degli incontri che hanno influito sulla sua personalità. Chi ha letto Con questa tonaca lisa, non troverà nulla che già non conosca. Anzi, emerge una sorta di “canone” ormai consolidato: quando il sacerdote racconta della sua vita, il discorso cade sempre su alcuni fatti e su alcuni particolari.
Due notazioni, prendendo fior da fiore dal volume. Papa Francesco usa spesso la parola tenerezza per parlare di Dio e della sua misericordia. Anche Giovanni Paolo II aveva usato quella parola, ricevendo in udienza, il 29 novembre 2005, la Comunità Papa Giovanni XXIII in occasione del 30° anniversario di fondazione delle case famiglia. Il santo papa invitò la comunità a testimoniare la tenerezza di Cristo a quanti vivono nel disagio e nell’abbandono. Don Oreste commenta in una delle interviste pubblicate nel libro: “E’ un’espressione stupenda, entusiasmante: testimoni della tenerezza di Dio verso gli ultimi! Questo ci dice che elemento essenziale di quell’autentica condivisione che ci caratterizza è proprio la tenerezza. Ed io aggiungo che questa tenerezza ci vuole non solo con gli ultimi, ma anche tra di noi, nel rispetto vicendevole”.
Il volume si chiude con una intervista del 2004 dedicata alla società del gratuito, un’espressione che indica il culmine della riflessione sociale di don Oreste Benzi, il suo contributo all’evoluzione della dottrina sociale della Chiesa. È un testo in cui prospettive utopiche si sposano a considerazioni realistiche. Don Oreste precisa che la società del gratuito (rapporti positivi fra gli uomini, liberi dalla logica dello sfruttamento) è l’inizio di una novità che si afferma passo dopo passo nel contesto dominato dal criterio del profitto. È la testimonianza di un pensiero in evoluzione che i membri della Comunità Papa Giovanni XXIII sono chiamati oggi a sviluppare nell’alveo delle riflessioni aperte da Francesco sull’economia.
Valerio Lessi
Rinvio del pagamento dei canoni balneari, bocciato l'emendameno M5s
La commissione Finanze della Camera ha 'bocciato' l’emendamento M5s, a prima firma Corneli, che sospende fino al 31 dicembre 2020 i pagamenti dei canoni di affitto degli stabilimenti balneari, in attesa di una complessiva revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime. La proposta di modifica prevedeva anche il blocco dei procedimenti di sospensione, revoca e decadenza della concessione, a causa del mancato versamento del canone demaniale. La misura sarebbe anche in caso di procedimenti di riscossione coattiva degli importi iscritti a ruolo. Dichiarato inammissibile anche l’emendamento Pd, a prima firma del deputato Umberto Buratti, che prevede norme sulla determinazione del canone per le concessioni demaniali marittime.
Un emendamento analogo era stato presentato a gennaio dal senatore M5s Dessì nel Decreto Semplificazioni, poi ritirato in seguito alle proteste delle opposizioni. L'altro ieri alla Camera c'è stato un nuovo tentativo, che pure non è passato.
Domenica la Giornata dei poveri. Messa e pranzo a San Giuseppe al Porto
La Diocesi di Rimini celebra la Giornata dei poveri istituita da papa Francesco, intitolata quest'anno “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”, con un evento diocesano domenica 17 novembre 2019, rivolto in particolare ai poveri della città di Rimini.
I poveri sono tutti invitati alla S. Messa alla chiesa di San Giuseppe al Porto, a Rimini, presieduta dal Vescovo di Rimini, alle ore 11 di domenica 17 novembre.
Al termine della liturgia, il Vescovo Francesco consegnerà alcuni simboli della povertà e una mappa. I simboli della povertà: coperte alla Protezione Civile, farmaci ai volontari dell’opera S. Antonio, un vassoio con alimenti alla Caritas diocesana e alcuni indumenti alla Papa Giovanni XXIII.
Il mandato del Vescovo non è però esclusivo per queste realtà ma è da intendersi per tutta la Chiesa di Rimini, perché sia sempre più capace di condivisione con i più poveri, una chiesa povera con i poveri.
Inoltre, verrà offerta ad un rappresentante della amministrazione comunale di Rimini la mappa dei servizi – sia pubblici sia del volontariato – presenti sul territorio e ai quali possono rivolgersi i poveri.
L’invito per l’ente pubblico è quello di attuare un’amministrazione sempre più inclusiva e attenta a chi da solo non ce la fa.
A tutti i presenti verrà distribuito il messaggio del Papa relativo alla Giornata Mondiale dei Poveri 2019.Alla liturgia eucaristica seguirà il pranzo comunitario presso gli ampi locali sottostanti alla Chiesa di San Giuseppe al Porto. Si tratta di un appuntamento reso possibile dal fattivo contributo di Caritas diocesana, Associazione Papa Giovanni XXIII, Capanna di Betlemme e Opera S. Antonio, oltre alla preziosa collaborazione della Protezione Civile (per gli aspetti organizzativi) e della Chiesa Ortodossa rumena che attualmente utilizza gli spazi di Sant’Agnese.
A tavola, tra gli altri, ci sarà anche il Vescovo, mons. Francesco Lambiasi, oltre ad una schiera di volontari espressi dalle quattro realtà che hanno organizzato l’iniziativa e dalle parrocchie della città: queste persone serviranno a tavola e siederanno a mensa coi poveri stessi.Sono stati invitati anche amministratori, politici, persone che occupano ruoli di responsabilità, oltre ai diaconi e ai seminaristi riminesi, e i rappresentanti delle confessioni religiose presenti a Rimini e di altre fedi.I primi destinatari del pranzo sono le persone accolte o ospiti delle due mense cittadine (mensa Caritas e mensa dei frati di Santo Spirito) e della Capanna di Betlemme. Sono attesi a tavola almeno 350 ospiti.
La Giornata proseguirà alle ore 14 con una festa con musica e canti (molti protagonisti saranno gli stessi indigenti) e messaggi sul tema della Giornata stessa.
Una importante anteprima, in preparazione alla Giornata, è in programma venerdì 15 novembre. Si tratta della Veglia organizzata dalle ore 21 presso la chiesa della comunità delle Clarisse, a San Bernardino, nel centro storico di Rimini. Dopo la Veglia, che prenderà in esame le tre virtù teologali (fede, speranza e carità), seguirà un ulteriore segno: un gruppo di giovani condividerà la notte dei senza tetto. L’invito è aperto ai giovani di tutte le parrocchie, associazioni e movimenti ecclesiali.
Il Manifesto di Zamagni per un nuovo partito. Cosa si muove a Rimini
Esiste un elettorato cattolico orfano di rappresentanza politica? Stando a uno studio del sondaggista Nando Pagnoncelli, riferito alle elezioni europee del maggio scorso, sembrerebbe di no. I cattolici che vanno a messa tutte le domeniche hanno così orientato il proprio voto: 33% Lega, 27% Pd, 14% M5S, 10% Forza Italia, 6% Fratelli d’Italia, altri 4%. All’appello manca solo un 6 per cento, probabilmente rifugiatosi nell’astensione. Il dato delle percentuali ovviamente non restituisce il grado di convinzione e di adesione. Non sappiamo quanti abbiano votato un partito solo perché meno peggio di altri, ma sembra che non siano pochi.
Comunque sia, è proprio a una domanda di rappresentanza politica finora senza sbocchi che cercano di dare risposta i promotori del “Manifesto per un nuovo soggetto politico d’ispirazione cristiana” che è stato reso pubblico nei giorni scorsi. Fra i promotori c’è anche il riminese Stefano Zamagni che, visto il ruolo ecclesiale ricoperto (è presidente della Pontificia Accademia per le scienze sociali), fa pensare che l’iniziativa sia benedetta se non da tutti, almeno da una parte autorevole dei sacri palazzi. I promotori sono l’associazione Politica insieme (quella di Zamagni e di altri esponenti della scuola di economia civile come Leonardo Becchetti), la Rete Bianca, che raggruppa alcuni ex esponenti Dc, e Costruire Insieme, dell’ex senatore Ivo Tarolli. L’orizzonte in cui si colloca il Manifesto è che il nuovo soggetto politico contribuisca alla riscoperta di un “pensiero forte” nel riferimento ai principi della Costituzione, del Pensiero sociale della Chiesa e delle varie dichiarazioni sui Diritti dell’uomo. L’ambizione è di non costruire l’ennesimo partitino identitario, frutto della diaspora democristiana, ma un soggetto politico che, aperto a credenti e non credenti, punterebbe a conquistare il 25 per cento dell’elettorato, come ha dichiarato in un’intervista il professor Zamagni. I contenuti del Manifesto sono una versione aggiornata al contesto attuale dei principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa: primato della persona, sussidiarietà, valorizzazione della famiglia, libertà di educazione, nuovo welfare, economia civile di mercato, salvaguardia dell’ambiente nello spirito della Laudato sii.
Finora hanno aderito oltre 500 persone, singoli o espressione di alcune associazioni. Scorrendo l’elenco dei nomi ci si imbatte anche in persone della provincia di Rimini. Troviamo Roberto Mazzotti, di Bellaria, già dirigente nazione del Credito Cooperativo; sempre a Bellaria l’avvocato Primo Fonti, che è stato consigliere comunale; a Rimini hanno aderito Luigi Bonadonna, già consigliere comunale e segretario comunale del Pd; Giorgio Pieri, della Comunità Papa Giovanni XXIII e responsabile di un’importante esperienza di alternativa al carcere; a Cattolica c’è Andrea Pasini, che da anni è impegnato a livello regionale nell’Udc.
Sono i pionieri del circolo del nuovo partito a Rimini? Non proprio. Sentiamo cosa dice Roberto Mazzotti: “La mia è un’adesione ideale. Non ho alcuna intenzione di fare politica attiva, anche se riconosco che se uno è vivo non può non interessarsi di politica. Vivo come tutti un senso di smarrimento e di ansia per la situazione attuale. Mi sembra dunque giusto che si cerchi di mobilitare nuove energie dal basso”. Anche Luigi Bonadonna, che pure la politica negli anni passati l’ha frequentata molto da vicino, non ha alcuna intenzione di tornare alla vecchia passione. “Ho aderito su invito di amici - spiega - perché credo che siamo di fronte a un vuoto enorme, fra una sinistra smarrita e una destra sempre più aggressiva. Ricordo che in occasione del referendum costituzionale si era riempita la Sala Manzoni di persone che volevano conoscere, confrontarsi. Significa che c’è bisogno di un soggetto nuovo”.
Non sarà fra quanti costruiranno il nuovo partito nemmeno Giorgio Pieri, della Papa Giovanni XXIII, perché glielo impedisce il proprio status di diacono permanente. “Ma l’idea e il progetto li condivido al cento per cento – dice. Oggi noi cattolici siamo mortificati da un certo modo di gestire la cosa pubblica”. Il Manifesto di Zamagni e Becchetti ha trovato anche altre adesioni dentro la Papa Giovanni XXIII: fra i firmatari risulta Laila Simoncelli, di Pesaro, responsabile generale per le questioni attinenti i diritti umani.
Il Manifesto troverà gambe per camminare anche a Rimini? Una l’ha già trovata ed è Andrea Pasini, che è attivamente impegnato nella proposta e nella diffusione del Manifesto. “Dopo questa prima presentazione ufficiale – racconta – faremo la proposta nei vari territori, contattando persone e associazioni. Al termine di questo lavoro, ci sarà un’assemblea nazionale per decidere se dare vita al nuovo soggetto politico”. E aggiunge: “Autonomia, programma e facce nuove. Questo è il senso di una novità che molti stanno cogliendo, e di cui a mio modesto avviso c’è un grande bisogno. Non l’aggregarsi di chi intende riproporre sterili velleità di ‘ritorni’ improponibili o lo fa per un proprio tornaconto personale. Aperti, invece, a chi vuole mettersi al servizio di un processo rigenerativo della politica, delle istituzioni e dell’economia in coerenza con i nostri postulati di partenza illustrati nel Manifesto.
Il cardinale Bassetti parla di Giorgio La Pira e dell’inevitabile necessità che i cattolici intenzionati a tornare ad occuparsi di politica lo facciano con una tensione diretta ‘verso i poveri, i precari, gli sfruttati, gli emarginati, i delusi, i fragili’, ‘i giovani che non trovano lavoro e che in maniera sempre più allarmante lasciano il nostro Paese; o le famiglie toccate dalla crisi, dalle difficoltà anche intrinseche, dalla disoccupazione’. C’è dunque bisogno non di guardare al passato ma di costruire un futuro realmente nuovo”.