Alle europee valanga di voti per la Lega, alle comunali conferma delle amministrazioni di centrosinistra.

Il sindaco di Riccione Renata Tosi è ancora l'emblema di un centrodestra vittorioso, un punto di riferimento per quanti vogliono fare “come a Riccione”.

Sindaco Tosi, secondo lei cosa è successo?

“E' successo quelle che accade sempre quando nello stesso giorno si esprime un voto politico o europeo e un voto amministrativo. Gli elettori valutano gli elementi in gioco e compiono scelte diverse, a volte anche contrastanti. Come è successo domenica scorsa o come era accaduto nel 2014 quando alle europee avevano dato il 43 per cento al Pd di Renzi e alle comunali hanno premiato un progetto civico fondato su un gruppo di persone che da tempo lavorava per il bene della città. Certo che è stato meno difficile votare il Pd e poi la Tosi a Riccione piuttosto che votare Salvini e poi dare la preferenza ad Alice Parma”.

Però è successo. E non solo a Santarcangelo...

“Mi pare che a livello romagnolo sia iniziato uno sgretolamento del sistema di potere della sinistra. Si va al ballottaggio in città importanti come Forlì, Cesena e Ferrara. Nella nostra provincia si parla di fortini del Pd che resistono ma a ben vedere sono solo alcuni centri della Valconca e della Valmarecchia”.

Ci sono anche Santarcangelo e Misano, cittadine di una certa rilevanza...

“Anche Santarcangelo è Valmarecchia. So benissimo che in comuni come Santarcangelo e Misano c'era da giocare una partita difficile. Il risultato ci dice che non ci si può inventare un lavoro politico ad un mese dalle elezioni, occorre avere una struttura consolidata, formata da persone radicate sul territorio e con un progetto. Adesso alcune persone, a Santarcangelo e a Misano, sono state elette nel consiglio comunale e possono cominciare un lavoro. Come ho fatto io nel 2009 quando sono stata sconfitta: non ho abbandonato il campo e i risultati poi sono arrivati”.

Non c'è forse stata la presunzione che con l'onda lunga della Lega si aveva già la vittoria in tasca?

“Il vento oggi è indubbiamente favorevole. Poi conta come ti giochi le tue carte. Non ho partecipato direttamente alla campagna elettorale, però mi pare che Samorani si sia presentato come una persona affidabile, moderata. D'altra parte il Pd per vincere ha avuto bisogno di due liste dove sono confluiti i veri grillini e gli uomini della parrocchia, senza i quali non avrebbe sfondato”.

Tutta colpa degli altri? A Santarcangelo non sono stati commessi errori?

“Quando si perde è evidente che sono stati commessi errori. Non ho seguito passo a passo tutta la campagna, ma verosimilmente sono stati compiuti errori. Errori di rapporti, di persone, di proposte, di comportamenti. Probabilmente non c'è stata la capacità di coinvolgere i cittadini. Probabilmente le liste civiche non sono servite ad ampliare i consensi ma solo a redistribuire quelli dei partiti. Ripeto, dopo essere stata sconfitta ho costruito un gruppo di persone presenti in città, è maturato un legame con il territorio. Ci vuole costanza, non improvvisazione”.

Fra due anni tocca a Rimini, al capoluogo. Che insegnamento si può trarre da quanto accaduto domenica?

“Sono stata a fianco di Elena Raffaelli nella campagna per le politiche dello scorso anno e ho avuto la percezione che anche a Rimini cominci ad emergere una bisogno di cambiamento. Su questo occorre lavorare, stando in mezzo alla gente e costruendo un inizio. Oltretutto nel 2021 terminerà il decennio di Gnassi, sarà un'occasione favorevole per realizzare il cambiamento. Se il popolo non vuole stare alla finestra a guardare, ma vuole scendere in strada e partecipare, questo è il momento giusto per giocare la partita. Bisogna costruire un progetto, un cammino dentro la città”.

Cosa significa costruire un progetto?

“Vuol dire offrire una prospettiva a coloro che si incontrano e si coinvolgono. Condividere un sogno e indicare dei punti concreti per realizzarlo. Non si può restare generici, occorre fare una proposta strutturata, conoscere la città e camminare in avanti. Amministrare non vuol dire solo asfaltare le strade, una cosa che può fare bene sia la destra che la sinistra. Vuol dire attivare un diverso modo di amministrare, basato sul coinvolgimento e la condivisione dei cittadini. Significa creare comunità”.

Non crede che quando manca un elemento di rottura, come è stato il Trc a Riccione, diventa più difficile promuovere il cambiamento?

“No, non credo, anche se è indiscutibile che sei hai dei ganci puoi arrampicarti meglio. La verità è che il sistema della sinistra va verso lo sgretolamento. È stato detto che il Pd ha resistito. Ma a Misano Piccioni ha vinto con una lista in cui non c'era il simbolo del Pd, così anche in altre realtà. A Santarcangelo le due liste civiche in appoggio alla Parma sono riuscite a recuperare dalla finestra ciò che stava per uscire dalla porta. Ma ormai la porta è aperta. In ogni caso, quando c'è una campagna elettorale vera, quando c'è competizione, tutti danno il meglio. Anche il lavoro di coloro che hanno perso è servito a migliorare chi ha vinto”.

È stato notato che lei non ha partecipato alla festa finale della campagna elettorale di Samorani. Aveva annusato odore di sconfitta?

“In realtà non ho partecipato ad alcuna festa finale, nemmeno a quella della Pontis a Misano. Dove sta scritto che devono andare in gito a 'benedire' i candidati sindaco? Sarebbe un'ingerenza”.

Però è andata a Forlì...

“Se per questo sono andata ancora più lontano. Sono andata a conoscere i candidati sindaci di altre città della Romagna. Bisogna allargare lo sguardo. I ballottaggi di Forlì, Cesena e Ferrara dicono che un potere sta scricchiolando e che la competizione fa bene al sistema. Bisogna essere pronti a goderne i vantaggi costituendo gruppi di lavoro che costruiscano progetti credibili”.

 

Nella notte del 26 maggio c'era una provincia di Rimini tutta colorata di verde, con la Lega primo partito ovunque con percentuali superiori al 30 per cento e in qualche caso addirittura superiori al 40. Nel pomeriggio del 27 maggio lo spoglio dei 16 Comuni dove si è votato per le amministrative restituisce una fotografia del tutto diversa. La Lega perde il Comune di Montefiore, governato per dieci anni da Vallì Cipriani. A San Giovanni in Marignano il sindaco uscente del Pd Daniele Morelli è rieletto con il 77,13 per cento dei voti, ben al di sopra di quelle che un tempo si chiamavano maggioranze bulgare. A Verucchio, dove pure i voti a Salvini avevano raggiunto il 36 per cento, è stata confermata la sindaca uscente Stefania Sabba, ripudiata dal Pd e il candidato del centrodestra è arrivato secondo. Per non parlare poi della madre di tutte le sfide di questa tornata amministrativa, ovvero il confronto fra Domenico Samorani e Alice Parma a Santarcangelo, conclusosi con la vittoria al primo turno del sindaco uscente. Solo a Bellaria Igea Marina c'è stata coincidenza fra voto europeo e voto amministrativo, portando Filippo Giorgetti alla vittoria con il 53,38.

Che lezione se ne può trarre? La prima è che è profondamente sbagliato pensare che un'onda politica nazionale necessariamente si traduca in consenso per il governo di un Comune. A livello locale – sembra un banalità dirlo – si conoscono nomi, facce e persone, ed è quindi più facile valutare la credibilità di una classe dirigente. Gli elettori che ritengono Salvini la ricetta giusta per i problemi dell'Italia, hanno valutato che i candidati proposti dal centrodestra con il marchio della Lega non fossero in grado di interpretare al meglio le loro esigenze. Non è solo questione di credibilità personale, che pure è importante. Ciò che deve essere credibile è un progetto, un'idea della città. L'insegnamento che viene da Santarcangelo deve far riflettere gli esponenti del centrodestra riminese che parlano già di una sconfitta della sinistra alle elezioni del 2021. Questo è vero anche in una situazione come Bellaria dove pure il centrodestra si è confermato vincitore. È interessante notare che la Lega, al 36,8 per cento alle europee, nelle comunali è scesa sotto il 20 per cento, mentre Forza Italia è salita al 16 e un partito scomparso dalla scena nazionale, l'Udc, ha ottenuto l'8. Gli elettori valutano persone, credibilità e progetti, se non sono convincenti, li scartano.

Il voto amministrativo suggerisce anche che quando in un città non c'è un malessere diffuso, un casus belli che suscita malumori e proteste diffuse, è difficile che venga recepita una proposta di cambiamento. A Riccione questa funzione è stata assolta dalla battaglia sul Trc. A Santarcangelo, chi si era candidato per il cambiamento non è stato in grado – forse perché non c'era – di cavalcare un disagio analogo. Specularmente, a Bellaria è stata smentita la narrazione del Pd che vedeva una cittadinanza stanca dell'amministrazione di centrodestra e vogliosa di cambiamento. Un politico accorto è tale se sa leggere in profondità la propria città, altrimenti rischia clamorose cantonate. Viceversa, quando si hanno persone e progetti credibili, è possibile proporsi come alfieri di un cambiamento quando, pur in assenza di un casus belli, si è concluso un ciclo, si è esaurita, come si diceva un tempo, una spinta propulsiva. Potrebbe essere il caso di Rimini, nel 2021, con l'uscita di scena di Gnassi.

Tutte condizioni, quelle che abbiamo brevemente elencato, che non si sono verificate nel voto di quei Comuni dove è stata confermata l'amministrazione uscente di centrosinistra.

A Santarcangelo, per esempio, dove Alice Parma è passata al primo turno con il 55,63 per cento dei voti, Domenico Samorani e il centrodestra erano convinti di arrivare al ballottaggio, contando appunto sull'onda lunga nazionale. Così non è stato. Alle europee tutti i partiti di centrodestra avevano raccolto un bel 43 per cento, che alle amministrative è sceso al 39,70. Guardando ai risultati delle liste, appare che la coalizione del candidato medico non è riuscita ad intercettare voti fuori dall'ambito del centrodestra. Le due civiche, promosse da Samorani per andare oltre i confini dei partiti, conquistano complessivamente il 14 per cento, ma a cedere voti sono stati la Lega, passata dal 34 al 20, e Forza Italia, ridotta al lumicino del 3,2. C'è stato insomma solo un travaso interno, non si è allargato il campo.

Un'ultima osservazione su Misano dove è fallita la sfida di Claudio Cecchetto e Fabrizio Piccioni, candidato del Pd, ha vinto con il 39 per cento, distaccandolo di sei punti. In questo caso, l'osservazione è che per vincere non basta nemmeno la presenza di un volto noto, capace di fare notizia. Non basta nemmeno l'attenzione dei giornali che hanno coccolato il candidato anomalo, tanto meno le ospitate in tutti gli studi televisivi.

 

 

Con 9.354 preferenze conquistate in tutto il collegio del nord est, l'ex sindaco di Montefiore Vallì Cipriani è la recordwoman delle preferenze fra ii candidati alle europee nella provincia. Anche se questo gruzzolo non le servirà per essere eletta (è all'undicesimo posto), potrà consolarsi di essere stata la più votata fra le donne riminesi in lizza. Carla Franchini, del Movimento 5 Stelle, non è andata oltre le 2.955 preferenze. Cipriani ha letteralmente spopolato nella provincia: ha preso 305 preferenze nella sua Montefiore, 1.715 a Rimini, 1.045 a Riccione. Franchini, invece, a Rimini, nella sua città, ne ha prese 428, a Riccione 72. In generale pare che all'elettorato dei 5 Stelle non interessino molto le persone, sono appagati dal votare il simbolo che per quanti vi sono rimasti fedeli evidentemente incarna una certa protesta (dimenticando che adesso è al governo).

Fatte le debite proporzioni, è andato meglio l'ex grillino Marco Affronte che, con un partito del 3 per cento (Europa Verde) è riuscito a portare a casa 2.053 preferenze nel collegio, 347 a Rimini e 49 a Riccione.

In Forza Italia, subito dopo Berlusconi che ha preso 3110 preferenze, brilla in provincia la stella di Valentina Castaldini, bolognese, già portavoce nazionale di Ncd. La provincia di Rimini si è rivelata un suo feudo, visto che su seimila voti di preferenza, più di un migliaio li ha ottenuti proprio qui. Un volto noto come Irene Pivetti si è fermato a 259 preferenze.

Nel Pd grande successo di Carlo Calenda che in provincia raccoglie 7.244 voti personali, distaccando nettamente la vice presidente regionale Elisabetta Gualmini e il parlamentare uscente Paolo de Castro (1561). Il profilo riformista di Calenda è stato molto apprezzato dagli elettori, sia a Rimini che in tutto il nord est dove ha raccolto oltre 272 mila voti.

In Fratelli d'Italia la capolista Giorgia Meloni ottiene 1701 preferenze, secondo è Michele Facci con 264.

Altre curiosità del voto europeo. Anche in Emilia Romagna la Lega è il primo partito con il 33,77, ma il Pd la insegue con il 31,25. Non è più una regione rossa, ma i democratici sono abbondantemente sopra la media nazionale. Per le regionali di novembre la partita è tutta da giocare, anche se il centrodestra parte in netto vantaggio.

In provincia di Rimini il Pd è invece al 25,57 per cento, il che conferma l'ormai storica debolezza della sinistra locale rispetto ad altre province della regione. Tuttavia in provincia ci sono realtà, come Santarcangelo, dove è attestato al 31,79.

La Lega supera il 40 per cento in alcuni Comuni della Valconca, come Montescudo-Montecolombo o Saludecio dove raggiunge addirittura il 45. Si potrebbe dire che il partito di Salvini, in proporzione, va più forte nelle periferie piuttosto che nei centri maggiori.

Forza Italia, un tempo partito con largo seguito, supera appena il 7 per cento, superiore alla media nazionale e inferiore a quella nazionale. Ai berlusconiani resta l'enclave di Bellaria dove hanno ottenuto oltre il 13 per cento.

Il Movimento 5 Stelle, con il 15,71, è tornato alle percentuali del 2011 e si avvia ad essere un movimento fuori da ogni possibilità di vittoria a livello amministrativo. A Cattolica, dove governa, ha raggiunto il 17, percentuale comunque molto inferiore rispetto a quella che portò al ballottaggio Gennari.

A Rimini, dove per le amministrative si voterà nel 2021, i partiti di centrodestra sono al 46,7 per cento, il centrosinistra, sommando Pd, +Europa, Europa Verde e La sinistra, al 35,31. Sulla carta, una sfida già vinta.

Se i voti politici diventano anche voti amministrativi, lo vedremo stasera quando sarà ultimato lo spoglio delle comunali nelle città in cui si è votato, a partire da Santarcangelo e Bellaria.

La Lega il primo partito, crollo del Movimento 5 Stelle che dimezza i voti rispetto alel politiche del 2018, il Pd in ripresa che ottiene saldamente il secondo posto, Forza Italia al di sotto della soglia del 10 per cento. Anche nella provincia di Rimini i risutati delle Europee non si discostano dal trend nazionale.

Ecco i risultati nella Provincia di Rimini:

 

LEGA 36,45

Pd 25,57

M5S 15,71

FORZA ITALIA 7,24

FRATELLI D'ITALIA 4,77

EUROPA VERDE 2,95

+EUROPA 2,81

Questo invece lo scrutinio nel Comune di Rimini, 143 sezioni su 143

LEGA 34,21

Pd 26,85

M5S 15,16

FORZA ITALIA 7,39

FRATELLI D'ITALIA 5,12

EUROPA VERDE 3,36

+EUROPA 3,30

Il centrodestra nel suo complesso raggiunge un risultato storico, oltre il 56 per cento.

Un occhio particolare a quei Comuni dove si è votato anche per le amministrative. Partiamo da Santacargelo

LEGA 34,74

Pd 31,79

M5S 13,87

FORZA ITALIA 5,88

FRATELLI D'ITALIA 3,50

EUROPA VERDE 2,97

+EUROPA 2,42

E passiamo a Bellaria Igea Marina, 16 sezioni su 16

LEGA 36,81

Pd 20,48

M5S 14,06

FORZA ITALIA 13,13

FRATELLI D'ITALIA 5,67

EUROPA VERDE 2,57

+EUROPA 3,14

Bellaria Igea Marina si conferma una roccaforte inespugnabile del centrodestra che complessivamente totalizza il 57,94 per cento dei voti. Saranno confermati anche per le comunali? Nel 2015 il clamoroso successo del Pd lasciava poco da sperare a Enzo Ceccarelli che però poi vinse al primo turno. Certo è che con una base di partenza di questo tipo non dovrebbe essere difficile a Filippo Giorgetti di essere anche lui eletto al primo turno. Da segnalare a Bellaria il brillanterisultato, rispetto alle medie nazionali e provinciali, di Forza Italia.

Diversa invece la situazione a Santarcangelo dove il centrodestra ha totalizzato il 43 per cento. Stando ai risultai delle Europee dovrebbe essere inevitabile un ballottaggio fra Alice Parma e Domenico Samorani. Ma bisogna tenere presente che gli elettori hanno già mostrato in due occasioni (Bellaria e Riccione nel 2014) di diversificare il voto dalle europee alle comunali. Lo si saprà domani sera, al termine dello scrutinio per le comunali.

A Cattolica, amministrata dai 5 Stelle, i grillini prendono appena il 17,66 per cento, la Lega è il primo partito con il 33, segue il Pd con il 27,46.

A Riccione, 26 sezioni su 31, la Lega è al 39,19 e il Pd al 25,7, i 5 Stelle al 14,83, Forza Italia al 6,94.

 

 

 

 

Nelle elezioni per il rinnovo del cionsiglio d'amministrazione della Banca Popolare della Valconca ha vinto la lista ATA-Montanari-Angelini con il 57,8 per cento dei voti. Al secondo posto si è classificata la lista capeggiata da Giosuè Boldrini con il 34,37 per  cento dei voti. A questa lista andranno i consiglieri di minoranza. Restano fuori dal consiglio la lista del consiglio (5,9 per cento) e la lista Pecci (11,93 per cento). Il candidato presidente della lista vincente è Costanzo Perlini, imprenditore edile di Montecchio. Del dibattito, da segnalare lo show di Emendatori (lista Boldrini) al quale il presidente Lazzarini ha dovuto tolgiere la parola perchè aveva superato il tempo. Cionostante è rimasto davanti al microfono, così gli altri intervenuti hanno dovuto parlare al microfono di Lazzarini.

Molta ampia la partecipazione dei soci all'assemblea della Banca Popolare della Valconca convocata a Morciano per approvare il bilancio e per eleggere il nuovo consiglio d'amministrazione. Sono presenti 2185 soci, pari al 62,8 per cento del totale, 739 presenti fisicamente, altri con delega.

L'assemblea ha approvato il bilancio: a favore si è espresso il 72,6 per cento, contro il 5 per cento, gli altri si sono astenuti o non hanno votato.

L'assemblea ha anche stabilito che saranno nove i componenti del nuovo consiglio d'amministrazione.

Adesso è in corso il dibattito sulle liste per il consiglio, a parlare sono iscritti in venti.

Cosa è la tradizione per un vescovo che ricopre l'importante e delicato incarico di segretario della Congregazione per la dottrina della fede? “Per me – risponde monsignor Giacomo Morandi – la tradizione ha il volto di mio padre. Un uomo che ogni anno, giorno dopo giorno, leggeva tutta la Bibbia, da Genesi ad Apocalisse. Adesso quando riapro le sue Bibbie e leggo le sue annotazioni, mi riappare il suo volto, la vita e la fede che mi ha trasmesso”.

Uno va alla conferenza di un vescovo deputato a custodire l'ortodossia della fede e pensa di trovare un fine e dotto teologo, magari un po' accigliato, che ti rovescia addosso il suo pozzo di cultura, lasciandoti come ti ha trovato. Uno va e scopre che monsignor Morandi è certamente un fine e dotto teologo, ma è tutt'altro che accigliato, anzi è un gioviale modenese che sprizza gioia di vivere. E invece di trasmetterti lenzuolate di dottrina, ti comunica la sua esperienza della tradizione, che è vita. Vita, vita: sul taccuino degli appunti questa parola torna quasi ad ogni passaggio. Come le parole incontro, relazione.

La conferenza (venerdì sera al Museo di Rimini) promossa dal Portico del Vasaio su “Tradizione. Ciò che abbiamo di più caro”, nell'ambito del ciclo sulle parole che dividono, è stata una piacevole sorpresa per chi vi ha partecipato. La testimonianza, o se vogliamo la lezione-testimonianza, di monsignor Morandi ha letteralmente conquistato i presenti. E non solo per lo stile brillante e le battute frequenti.

Il punto di partenza è stata una citazione: “Secondo la statistica religiosa la vecchia Europa è sempre ancora una parte del mondo quasi completamente cristiana. Si può dire però che non c’è quasi un altro caso nel quale sia altrettanto evidente quanto la statistica inganni. Questa Europa che viene denominata cristiana è diventata da circa quattro secoli il luogo di nascita di un nuovo paganesimo, che cresce in modo inarrestabile nel cuore stesso della Chiesa minacciando di distruggerla dal di dentro. L’immagine della Chiesa moderna è caratterizzata essenzialmente dal fatto di essere diventata e di diventare sempre di più una Chiesa di pagani in modo completamente nuovo: non più, come una volta, Chiesa di pagani che sono diventati cristiani, ma piuttosto Chiesa di pagani, che chiamano ancora sé stessi cristiani ma che in realtà sono diventati da tempo dei pagani. Il paganesimo risiede oggi nella Chiesa stessa e proprio questa è la caratteristica della Chiesa dei nostri giorni come anche del nuovo paganesimo: si tratta di un paganesimo nella Chiesa e di una Chiesa nel cui cuore abita il paganesimo”.

A parlare così era nel 1958 il professor Joseph Ratzinger. “Una conferenza che gli procurò un sacco di problemi”, chiosa monsignor Morandi.

La seconda citazione è l'incipit della Prima lettera di Giovanni: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita...”. La tradizione è la trasmissione di una vita. Dal testo di Giovanni si comprende che qualcosa è accaduto, che si vuole comunicare un'esperienza vissuta. Un'esperienza talmente decisiva che lo stesso Giovanni nel vangelo ricorda l'orario. “Erano le quattro del pomeriggio”. “Fiumi di parole sono stati spesi su questo versetto. Cosa vorrà dire? Avrà un significato simbolico? Semplicemente, era accaduto alla quattro del pomeriggio”. La tradizione è vita, non può essere ridotta a idee o alle formule del catechismo.

Monsignor Morandi ama procedere per citazioni. E arriva a san Paolo, lettera ai Filippesi, dove racconta che lui, ebreo, sottoposto alla legge di Mosè, fariseo, ha rinunciato a tutto questo per guadagnare Cristo. Un evento nuovo, radicale, innesta Paolo in una nuova tradizione. E alle sue comunità, quando si manifestano problemi, ricorda sempre che lui ha trasmesso loro ciò che ha ricevuto.

Anche gli Atti degli Apostoli documentano che la tradizione nasce da un incontro che ha cambiato la vita. Seguendo quell'incontro, la Chiesa primitiva è andate su strade non proprio tradizionali (caso dei giudeo-cristiani). Pietro suscita scandalo perché entra nella casa del del pagano Cornelio. E Pietro replica: “Chi sono io per oppormi a Dio”.

“Se la tradizione è vita – commenta il vescovo – non la si può ingabbiare, altrimenti muore. La Chiesa difende il deposito della fede ma nello stesso tempo continua a crescere, aperta all'azione dello Spirito Santo. La tradizione à l'azione dello Spirito, altrimenti la si riduce a museo. L'artefice e il protagonista della trasmissione della fede è lo Spirito Santo”.

Il percorso per citazioni prosegue con Ireneo di Lione (la conoscenza della vera fede passa attraverso i testimoni), con il teologo Yves Congar (sulla tensione fra tradizione e rivolta), per approdare infine al teologo Jan Pelikan, autore di una monumentale storia dello sviluppo della dottrina cristiana: “La tradizione è la fede vivente dei morti; il tradizionalismo è la fede morta dei viventi”.

E chi è testimone della fede vivente? Sono i santi i migliori apologeti della tradizione. È la santità che trasmette la fede. “Se pensiamo ai valori, ci vengono in mente i voti delle persone che ce li hanno trasmessi”.

Finita la conferenza, c'è spazio per una domanda: qual è il compito dei cristiani oggi? Monsignor Morandi ancora una volta parte da Ratzinger. La citazione questa volta è del 1969, quella profetica conversazione radiofonica in cui il futuro papa dice che si sta andando verso una Chiesa che perderà soldi, potere e privilegi, ma che diventerà più libera. Secondo Morandi il compito di oggi è evangelizzare la gioia e la speranza. Cosa significa? Vivere ogni gesto nella certezza che un giorno risorgerò. “Se so che risorgerò, cambia tutto. Dobbiamo togliere il silenziatore a questa certezza”.

 

Valerio Lessi

 

I primi missionari partirono nel 1985 diretti a Ndola, nello Zambia, perché il vescovo locale mons. Denis Dejong aveva chiesto a don Oreste Benzi di aprire una casa famiglia. Da allora la Comunità Papa Giovanni XXIII non ha mai smesso di aprire case e strutture di accoglienza all'estero, tanto che in questo momento è presente in 42 paesi, di tutti i cinque continenti. Presto i paesi saranno 44 perché all'assemblea internazionale che in questo week end si è tenuta al PalaFiera di Forlì (presenti circa duemila persone) sono state annunciate due nuove partenze. La particolarità sta nel fatto che questi due nuovi insediamenti non sono in tradizionali paesi di missione, ma nella vecchia Europa. Due famiglie presto andranno a vivere, una nella protestante Svezia, culla della secolarizzazione, l'altra nella un tempo cattolicissima Irlanda. Il carisma della comunità è condividere la vita dei più poveri e certamente in questi paesi non mancano quelle categorie di persone a cui tradizionalmente presta attenzione la Papa Giovanni XXIII. La scelta di insediarsi anche nella vecchia Europa (è già presente in undici paesi) indica che il carisma di don Oreste vuole abbracciare anche le povertà tipiche, spesso esistenziali e spirituali, degli uomini che vivono nel Vecchio Continente.

In Svezia andranno Laura Lanni, suo marito Mario, e i due figli di 3 e 7 anni. “Prima di sposarci – racconta Laura – sia io che mio marito abbiamo vissuto diverse esperienze all'estero, sia in strutture della Comunità che in altre promosse da Ong o diocesi. Adesso che i figli sono un po' cresciuti, abbiamo offerto la nostra disponibilità a partire. E nel colloquio con il responsabile della comunità, Giovanni Paolo Ramonda, è emersa la destinazione Svezia”. Ancora non è definito cosa Laura e Mario faranno in Svezia, arrivati dovranno trovarsi un lavoro per mantenersi e dovranno imparare la lingua. Ma intanto partono, secondo il metodo che don Oreste già segnalava nel 1991 nel libro-intervista Con questa tonaca lisa: “le nostre missioni sono nate in modo spregiudicato, senza progetti a tavolino, seguendo unicamente il richiamo dello Spirito”.

A Rimini, ma probabilmente anche in Italia, forse non c'è la percezione di questa dimensione internazionale della Comunità nata da don Benzi. Ma, come spiegava il sacerdote, quando ancora la Papa Giovanni XXIII era all'inizio dell'espansione missionaria, “La missione è connaturale alla vocazione della Comunità. La nostra identità è la comunione con Dio e con i fratelli vissuta nella condivisione diretta. La comunione per sua natura tende a dilatarsi attraverso la missione”. Il sacerdote poi specificava: “I membri della comunità seguono Gesù povero, venuto ad annunciare la buona notizia ai poveri. È il metodo della condivisione diretta che ci spinge all'annuncio. E ai poveri che incontriamo diciamo: veniamo ad annunciarvi Gesù, tanto è vero che insieme condividiamo la vita e fra di noi le membra più deboli sono anche le più onorate”.

Seguendo queste indicazioni, e sempre rapportandosi con i vescovi locali, ancora oggi i membri della Comunità che sono in missione condividono le situazioni umanamente più estreme. In Bangladesh, per esempio, dove sono presenti da ormai vent'anni e dove vige ancora il rigido sistema delle caste, la condivisione è con i senza casta, con i cosiddetti intoccabili, condannati a dover eseguire i lavori più umilianti e che permettono guadagni del tutto insufficienti a mantenersi. Nelle strutture di accoglienza della Comunità vivono insieme cristiani, indù e musulmani; ed accade che le donne abbandonate dal marito, perché sterili, diventino madri affidatarie di bambini orfani o disabili.

Nel corso dell'assemblea internazionale è arrivate anche una forte presa di posizione sul caso delle armi prodotte in Sardegna e vedute agli alleati dell'Arabia Saudita, impegnati nella guerra nello Yemen. «Non possiamo più tacere, - ha detto il responsabile generale Giovanni Paolo Ramonda - supplico tutta la Comunità: dobbiamo prendere in mano una situazione aberrante per cui migliaia di bambini sono vittime.  Non è un segreto che l’Italia stia continuando a fornire armi all’Arabia Saudita. Il nostro cammino interiore e sprirituale ci deve portare a scelte globali che incidano nelle scelte pubbliche».

«È la vita interiore che ci dà il coraggio della verità», ha continuato, rivolto ad una Chiesa in uscita, che si ritrova nello slancio evangelico di Papa Francesco: «Quando camminiamo senza portare la Croce dei fratelli non siamo discepoli del Signore: siamo Vescovi, Cardinali, Papi, ma non chiamiamoci discepoli del Signore», ha detto Ramonda citando il Santo Padre.

Domenica mattina è stato conferito per la prima volta il Premio Internazionale don Oreste Benzi, istituito per valorizzare significative esperienze di condivisione della vita dei più poveri. In questa sua prima edizione è stato assegnato a Padre Fabrizio Valletti, sacerdote gesuita, per il suo impegno nel proporre positive opportunità di vita ai giovani di Scampia, il popoloso quartiere di Napoli.

L'assemblea si è conclusa con la Santa Messa celebrata da  Mons. Nicolas Brouwet, Vescovo di Lourdes, dove la Comunità è presente dal 2010 con una casa famiglia. Nella giornata di sabato l'assemblea ha ricevuto la visita di mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei.

Valerio Lessi

“Dobbiamo restare fedeli alle nostre tradizioni”. “La nostra tradizione va difesa”. Quante volte, anche nel dibattito culturale e politico, si ascoltano frasi di questo tipo? Tradizione, poi, è una parola tipicamente ecclesiale, indica una delle due fonti della Rivelazione, l'altra è la Sacra Scrittura.

La tradizione indica quanto è stato conquistato nel tempo, quanto è stato ricevuto da chi ci ha preceduto, quanto ha costituito la civiltà europea e occidentale in cui viviamo. Nel dibattito contemporaneo non c'è consenso unanime sulla tradizione, sulla sua interpretazione, sul suo rapporto con il presente e il futuro. È una delle parole che dividono, stando al ciclo proposto dal centro culturale Il Portico del Vasaio. Nel senso che, in una società liquida e senza più evidenze elementari condivise, è pressante la domanda su quale sia il vero tesoro della tradizione, ciò che è davvero irrinunciabile, ciò che non deve andare perduto. La tradizione può riaccadere come un fatto vivo oggi e non come un reperto museale? Abbiamo la possibilità di riconquistare, non tanto al linguaggio ma all'esperienza reale, una parola così importante?

Per parlare di tradizione Il Portico del Vasaio ha invitato a Rimini uno dei principali collaboratori di papa Francesco: monsignor Giacomo Morandi, segretario della Congregazione per la dottrina della fede. L'incontro avrà luogo venerdì 24 maggio alle ore 21,15 nella sala del Giudizio del Museo della Città. Il titolo dell'incontro suggerisce la prospettiva: “Tradizione. Ciò che abbiamo di più caro”. La seconda parte del titolo è una citazione di di Vladimir Sergevič Solov'jev da I tre dialoghi e il racconto dell'Anticristo. All'imperatore che lo interroga lo starets Giovanni risponde: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui Stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità».

Anche papa Benedetto XVI ebbe modo di osservare “(...) Questa permanente attualizzazione della presenza attiva di Gesù Signore nel suo popolo, operata dallo Spirito Santo ed espressa nella Chiesa attraverso il ministero apostolico e la comunione fraterna, è ciò che in senso teologico s'intende col termine Tradizione: essa non è la semplice trasmissione materiale di quanto fu donato all'inizio agli Apostoli, ma la presenza efficace del Signore Gesù, crocefisso e risorto, che accompagna e guida nello Spirito la comunità da lui radunata.”

Monsignor Morandi è un emiliano originario della diocesi di Modena-Nonantola, di cui è stato sacerdote e vicario generale. Nel 2008 ha conseguito la licenza e il dottorato in teologia dell'evangelizzazione presso la Pontificia Università Gregoriana. Il 27 ottobre 2015 papa Francesco lo ha nominato sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede e due anni dopo lo ha promosso Segretario. Ha pubblicato Bellezza. Luogo teologico di evangelizzazione, Milano, Edizioni Paoline

L'incontro di venerdì è il secondo del ciclo, Il primo, svoltosi a febbraio, verteva su “Identità. Nel dialogo, chi siamo”. Il prossimo incontro sarà sulla parola “Popolo”.

 

La Confesercenti aveva consegnato ai candidati la traccia su cui sarebbero state fatte le domande. E loro, i quattro aspiranti sindaci di Santarcangelo, sono arrivati con i compiti fatti, pronti a sottoporsi all'esame di un pubblico numeroso (la sala della Biblioteca era piena) e generoso, che li ha applauditi quasi applicando un codice da par condicio. La fedeltà ai compiti fatti a casa, i lunghi elenchi "farò questo, farò quello" non sono serviti a rendere brillante e coinvolgente l'assemblea, che si è sviluppata per un'ora e mezza senza acuti e senza scivoloni. Domenico Samorani, Alice Parma, Sara Andreazzoli e Cinzia Salvatori, rispondevano alle domande seguendo i loro appunti, a volte andando anche fuori tema, e quasi mai sono arrivati ad un reale confronto. Non ci sono stati nemmeno attacchi polemici, come era lecito attendersi a tre giorni dal voto. Solo Alice Parma qualche volta ne ha approfittato per lanciare frecciate all'indirizzo di Samorani. Ad esempio, quando era il suo turno, con un ironico “Tocca a me tornare alla realtà” o, dopo che Samorani ha attaccato il Festival teatrale dicendo che è espressione di una cultura nichilista e radical chic e che occorre tornare alle origini, dicendo di vergognarsi a sentire a parlare in questo modo del Festival. E, ancora, dopo che Andreazzoli e Samorani avevano sollevato critiche sull'impatto che il magazzino Amazon avrà su tessuto urbano e commerciale di Santarcangelo: “Quando in campagna elettorale non si hanno argomenti si tira fuori Amazon. Preciso ancora una volta che si tratta solo di un magazzino logistico, nessun andrà a vendere i formaggi con Amazon”. Samorani è invece andato oltre gli appunti quando ha replicato alla Parma: “Guarda che noi non vogliamo un cambiamento traumatico, vogliamo solo migliorare ciò che esiste”. Un messaggio rassicurante per coloro che magari temono cambiamenti troppo radicali.

All'inizio un minuto ciascuno per presentarsi. Samorani ha precisato di essere candidato di due liste civiche, appoggiate da Lega e Forza Italia. “Sono il medico delle donne, sarò il sindaco di tutti”. Parma, candidata del centrosinistra, pone l'accento sul lavoro da terminare e sottolinea “Non io, ma noi tutti insieme”. Andreazzoli, già consigliere dei 5 Stelle ed ora candidata di Attivamente, punta sul fatto che dietro alla lista non ci siano partiti, nessuno a cui rendere conto. Salvatori, candidata di Rinascita Civica, ricorda il suo impegno nel volontariato e che la sua lista civica ha anche una precisa identità e idea di città.

Essendo stati invitati da Confesercenti i temi delle domande riguardavano commercio, sicurezza, viabilità e parcheggi, turismo. Per mantenere in vita i negozi del centro storico e rispondere al caro affitti, Parma dice che la strada non sono le esenzioni fiscali ma contributi dell'amministrazione. Samorani invece promette il calo dell'Imu del 3 per cento, e l'abbattimento della Tari, in centro del 30 per cento e in periferia del 50 per cento. Tutti si scatenano sulla sicurezza. Salvatori vuole telecamere ovunque e unità cinofile al lavoro; anche Samorani vuole la sorveglianza, anche in periferia, invoca un corpo autonomo di vigili urbani (quindi uscire dall'Unione Valmarecchia), maggiore presenza anche di carabinieri, più illuminazione e introiti delle multe reinvestiti in sicurezza; Parma annuncia che nei prossimi giorni saranno installate le telecamere, che saranno collegate con quelle dei privati, precisa che la sicurezza la si ottiene anche investendo sul decoro urbano; Andreazzoli invece non vuole le telecamere coordinate con quelle dei privati ma in rete con la centrale operativa delle forze dell'ordine.

Sulla viabilità l'elemento di grande differenziazione è stato ovviamente l'ipotizzato prolungamento del Trc fino a Santarcangelo: non si deve fare secondo Samorani e Andreazzoli, mentre per Parma un collegamento veloce fra Santarcangelo e Rimini è indispensabile.

Tutti d'accordo sulla necessità di promuovere maggiori eventi e di qualità, con Samorani che si è spinto a proporre una Fiera del gusto, una Fiera dell'udito (nelle grotte) e una Fiera degli aromi.

Turismo: Salvatori sostiene che si deve puntare sulla qualità e su cultura e sport; Samorani dice che Santarcangelo deve diventare la porta di accesso della Valmarecchia e che bisogna incrementare le presenze; Parma propone di valorizzare bellezze e luoghi e propone un turismo accessibile a tutti; anche Andreazzoli insiste sulle presenze.

Un minuto ciascuno per l'appello finale. Samorani: Santarcangelo ha bisogno di una cura ricostituente, chi meglio di me che sono medico? Parma: Santarcangelo non è malata e quindi i medici possono restare dove sono, c'è invece un lavoro da continuare; Andreazzoli: con me un sindaco senza etichette; Salvatori: sarò un sindaco in mezzo alla gente, impegnato a costruire comunità.

Domenica si vota.

 

Accanto alla campagna elettorale per europee e amministrative in queste settimane nella nostra provincia, soprattutto nella zona sud, si è tenuta un'altra campagna, quella per il rinnovo del consiglio d'amministrazione della Banca Popolare della Valconca, il primo dopo la trasformazione in Spa dell'istituto di credito. In lizza ci sono quattro liste (e questa è già una notizia), ciascuna delle quali ha organizzato riunioni dei soci per presentare idee e programmi. Lo hanno fatto la lista Ata/Montanari /Angelini, la lista Boldrini/Grassi, la lista guidata da Giovanni Pecci ed anche la cosiddetta lista del consiglio, perché espressione del Cda uscente.

Il professor Alessandro Berti, docente di tecnica bancaria e finanza aziendale all'università di Urbino, ne fa parte. Berti è in consiglio da due anni, voluto nell'organismo dai dipendenti della banca che però alle elezioni del prossimo 26 maggio voteranno la lista Boldrini-Grassi. Cosa è successo?

“Mi pare che i dipendenti siano presi da una sorta di sindrome di Saturno perché nel tempo hanno fatto fuori tutti coloro che hanno nominato. Ora pensano di affidare le lori sorti alla lista in cui c'è un industriale come Emendatori che certamente, i dipendenti lo devono sapere, avrà un visione molto attenta alla riduzione dei costi e all'efficienza aziendale”.

Perché ha deciso di ricandidarsi?

“Sono partito dal fatto che l'esperienza di questi due anni è stata positiva. Insieme ai colleghi, tutte persone dedite a fare il bene della banca, abbiamo lavorato sodo ed anche ottenuto importanti risultati. Quando abbiamo visto che la base sociale era profondamente divisa, abbiamo ritenuto importante che ci potesse essere anche una scelta di una continuità discontinua. Non è solo un ossimoro, la realtà è che in questi anni il consiglio è stato ampiamente rinnovato, non è più espressione di quelle gestioni del passato su cui si appuntano le critiche”.

Quali sono i risultati che rivendica?

“Abbiamo svolto un lavoro di risanamento di cui vado orgoglioso. Abbiamo venduto i crediti deteriorati e deciso la cartolarizzazione dei crediti in bonis. Due operazioni che hanno reso più solida la banca. Ci accusano di aver svenduto i crediti deteriorati: non è vero, lo abbiamo fatto con garanzie statali, in un'operazione di sistema insieme al mondo delle Popolari. Abbiamo pienamente corrisposto alle richieste arrivate dagli organi di vigilanza. Sono state chiuse filiali non più convenienti, ma non si è licenziato un dipendente. Ci contestano di non aver pagato i premi di produzione, ma credo si capisca che era una scelta impraticabile visto che solo da due anni la banca è tornata in utile. Ci siamo mossi per trovare un partner industriale e mi auguro che chi prenderà le redini della Valconca porti a termine l'operazione. Adesso la banca è nelle migliori condizioni per andare ad un 'matrimonio' senza essere in condizioni di debolezza”.

Lei elenca una serie di meriti, eppure tutte le altra liste sono concordi nell'obiettivo di mandare a casa l'attuale consiglio d'amministrazione...

“E' l'unico punto su cui sono d'accordo, perché per il resto non ho ben capito quale piano industriale abbiano per la banca. A volte, se mi è consentita l'espressione, mi sembra di essere di fronte a una sorta di 'grillismo bancario e finanziario' il cui unico obiettivo è il cambiamento per il cambiamento, cioè senza sapere cosa fare di diverso. Penso che la banca, pur proseguendo nel necessario rinnovamento, abbia bisogno anche di continuità. Altrimenti si perde la memoria storica, si corre il rischio di ricominciare tutto daccapo, mandando in fumo un lavoro ben fatto. Del vecchio consiglio ci siamo candidati solo in tre, tutti gli altri sono professionisti competenti che potranno dare grande impulso allo sviluppo dell'istituto; non partiamo da zero, ma dal piano industriale che già con questo consiglio abbiamo cominciato ad attuare”.

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