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Asili ai privati: l'innaturale saldatura destra e grillini

Giovedì, 29 Settembre 2016

Non c’è che dire: al comitato che si batte contro la decisione del Comune di Rimini di dare alla gestione privata un nido e cinque scuole per l’infanzia piace una comunicazione allarmistica, sopra le righe. Già il nome (Giù le mani dalle scuole di Rimini) lascia pensare che ci sia una sorta di “Spectre” che si vuole impossessare in maniera fraudolenta di tutto il sistema educativo locale. Ma anche il manifesto che indice una manifestazione in piazza per sabato 8 ottobre è pieno di slogan che prefigurano l’arrivo di danni irreparabili per la comunità riminese.

Prima di addentrarci nell’argomento è bene ricordare cosa realmente prevede il provvedimento del Comune e cosa realmente cambia per le famiglie e i bambini.

Non chiude nessuna scuola, non cala l’offerta formativa a disposizione delle famiglie. Le scuole restano comunali, semplicemente cambia la gestione. I bambini che hanno cominciato il loro ciclo, sia al nido che alle scuole dell’infanzie, lo termineranno con la maestra comunale; non ci sarà quindi interruzione della continuità didattica; la gestione cambierà infatti progressivamente. Il Comune manterrà anche sulle scuole pubbliche gestite da soggetti privati il coordinamento pedagogico e le funzioni di controllo sulla qualità della didattica. Il motivo della scelta non è un’improvvisa conversione ai principi del liberismo, ma giuridica ed economica: vanno in pensione decine di maestre e per effetto delle norme in vigore il Comune può effettuare solo il 25 per cento di nuove assunzioni. L’alternativa era davvero chiudere alcune scuole, tanto meno serviva che il Comune risparmiasse su altre voci di spesa. Quindi vale un inciso molto importante: siamo di fronte ad una forma di sussidiarietà indotta, coatta, inevitabile; il provvedimento non ha certo le caratteristiche di essere assunto come una bandiera della libertà di educazione. Tuttavia esprime la volontà di un’amministrazione che accetta di snellire in maniera irreversibile il proprio elefantiaco apparato scolastico. Costretta, certo, ma sempre meglio che se si fosse accanita a conservarlo.

E adesso possiamo tornare al manifesto secondo il quale “chiudono le scuole comunali”. Al centro domina un'affermazione drammatica: “Il futuro dei nostri figli va in mano alle cooperative”. Detto in un modo che lascia presagire chissà quali disastri. Ora, a parte il fatto che al bando potrà concorrere qualsiasi soggetto privato (anche una spa di Tagesmutter di Berlino), è evidente il retropensiero. Se un’amministrazione di sinistra prende questa decisione, è perché vuole far vincere le solite cooperative legate a doppio e triplo filo al Pd e che in ogni parte d’Italia hanno dato vita a perversi intrecci finiti anche nel mirino della magistratura (vedi Mafia Capitale). È un giudizio sommario, molto politico, che non tiene conto – come ha giustamente sottolineato Confcooperative nei giorni scorsi – che alcune cooperative di servizi educativi, presenti anche nella provincia di Rimini, sono spesso delle punte di eccellenza. E che anche nel sistema pubblico non manca chi non lavora secondo criteri di qualità.

Alla luce di queste considerazioni, questi genitori che gridano “Giù le mani dalle scuole di Rimini” ricordano, nel metodo, tutti i comitati di protesta che negli ultimi anni si sono affacciati sulla scena riminese per difendere un proprio “particulare”, un proprio legittimo interesse che però non accetta di confrontarsi con le esigenze del bene comune. La discarica? Non vicino a casa mia. L’elettrodotto? No, nel mio campo. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Anzi, rispetto ad alcuni comitati del recente passato, qui c’è anche la particolarità che in realtà chi protesta non sarà nemmeno toccato dal provvedimento, in virtù di quell’applicazione progressiva di cui abbiamo prima parlato. E allora?

E allora arriva la seconda considerazione. Fra gli slogan che campeggiano sul già citato manifesto c’è un bel “contro la privatizzazione”. A guidare la protesta è quindi una scelta ideologica ben precisa che vede in ogni collaborazione fra pubblico e privato un pericoloso attentato alla maestà dello Stato. Ed è curioso (e per molti aspetti preoccupante) che intorno allo slogan “contro la privatizzazione” si sia realizzata una saldatura fra ciò che resta del centrodestra riminese e il Movimento 5 Stelle. I piani di battaglia del comitato sono stati studiati ad una riunione dove hanno portato il loro appoggio Carlo Rufo Spina di Forza Italia, Filippo Zilli di Obiettivo Civico-Vincere per Rimini e una esponente della Lega. Sulla propria pagina Facebook il capogruppo di Obiettivo Civico Luigi Camporesi pubblica post a sostegno della battaglia del Comitato. E sul fronte grillino è scesa in campo niente meno che la consigliera regionale Raffaella Sensoli che invita a partecipare numerosi alla manifestazione dell’8 ottobre “perché questo è il governo di centrosinistra, questo è il Pd”. Ed anche altri superstiti grillini hanno fatto lo stesso sul loro profilo Facebook.

La saldatura avviene su una posizione ideologica (la contrarietà a qualsiasi forma di presenza privata in campo scolastico) e sul piano politico, come occasione ghiotta per sparare cannonate contro l’amministrazione di sinistra. Se lo statalismo più sfrenato fa parte del dna pentastellato, non altrettanto lo è per il centrodestra o almeno per alcune sue componenti. Siamo quindi di fronte ad un clamoroso caso di subalternità culturale che appiattisce e uniforma l’offerta politica di opposizione. I grillini non hanno presentato la lista e non sono presenti in consiglio comunale, ma fra ex e altri che hanno rinunciato alla loro identità politica, si può dire che siano più che presenti e condizionanti.

La molla che scatta in alcuni esponenti di centrodestra è che pur di dar contro al sindaco Gnassi e alla sua amministrazione si può sposare qualsiasi battaglia. Nel caso specifico, invece di alzare il tiro, di porre il tema di un reale pluralismo scolastico, si accodano alle parole d’ordine della Cgil, di una certa sinistra e dei grillini. È uno schema di gioco visto alle ultime amministrative: pur di votare contro il Pd hanno votato per i candidati grillini. Qui per il gusto di fare una battaglia contro Gnassi, assumono le loro parole d’ordine. Non si accorgono di lavorare per il re di Prussia.


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