Non si placa il dibattito sulla cosiddetta privatizzazione di alcune scuole comunali. L'assessore Mattia Morolli ci ha inviato questa lettera che volentieri pubblichiamo.
Gentile Direttore,
in una società che cambia così rapidamente come quella attuale diventa sempre più importante armonizzare i servizi primari alle mutate esigenze della comunità.
Nuove tipologie di offerta di servizi in grado di intercettare in maniera più dinamica e flessibile i diversi modelli di famiglia oggi presenti anche a Rimini. A me piace parlarne al plurale, le famiglie, perchè non esiste più un modello unico, stabile e definito, così come conosciuto fino a qualche anno fa, ma tante forme diverse frutto della diversificazione dei modelli sociali, lavorativi e occupazionali.
Questo vale a maggior ragione per i servizi per l'infanzia, che tradizionalmente risentono più di altri dei ritmi lavorativi dei genitori e dei cambiamenti della ‘forma’ famiglia.
Per decenni ci si è basati su orari e tempi standardizzati omogeneizzati a una tipologia famigliare e lavorativa oggi profondamente cambiata. Oggi sono entrambi i genitori a dover lavorare, magari in orari diversi da quelli tradizionalmente intesi “di ufficio”, e magari il fine settimana stando invece a casa durante la settimana. Che piaccia o meno, che lo si voglia o no, questa è la realtà che viene rappresentata da chi viene a fare domanda ai nostri servizi educativi.
Capita non di rado, anzi molto spesso, che queste richieste vengono esternate agli uffici in cui le famiglie vengono ad iscrivere i propri figli; e in altri casi la richiesta viene fatta direttamente agli asili. Sono forse queste mamme e questi papà ‘genitori snaturati’ o che non amano i propri figli?
Trovo che tutto questo debba trovare spazio di confronto pubblico, soprattutto nel momento in cui si sviluppa un dibattito relativamente alla riorganizzazione dei servizi di infanzia comunali. Perché se così non fosse, sarebbe una discussione mutilata, ovvero una discussione che non mette al centro bambini e famiglie, quasi che questi siano un elemento secondario o aggirabile del tema.
Se non partiamo da queste esigenze rischiamo di perdere di vista il punto centrale, il benessere del bimbo e delle famiglie che lo affidano ai servizi.
Non serve andare lontano per trovare un esempio innovativo, di grande spessore pedagogico, organizzativo e culturale a cui fare riferimento. Basta andare al “Belnido”, il nido d’infanzia interaziendale costruito dall’Ausl di Rimini e situato all’interno dell’ospedale “Infermi” di Rimini.
Una struttura nata per occupare un massimo di 84 bambini, dai 10 ai 36 mesi con spazi e logistiche più che all’avanguardia, sia dal punto di vista strutturale sia dal punto di vista dell’offerta didattica, che in pochi anni si è posta come vera eccellenza a livello locale e studio a livello regionale e nazionale. In questo caso si tratta di un asilo di tipo “aziendale”, dedicato ai figli e ai nipoti dei lavoratori dell'Ausl Romagna, con una flessibilità oraria legata il più possibile ai diversi turni lavorativi, e la possibilità di ampliarla alla giornata di sabato o ad alcuni festivi. Normalmente copre un arco orario importante, che va circa dalle 7 del mattino alle 19 di sera. Nessun “totem” da abbattere ma, più semplicemente, risposte pratiche a bisogni reali.
La soddisfazione degli utenti verso questa struttura è d'altronde tra le più alte. Questo significa che differenziare e ampliare le fasce orarie trova rispondenza in esigenze reali delle famiglie che, anzi, chiedono sempre più l'ampliamento di questi servizi. In questo modello virtuoso lavorano insieme Comune e Azienda Sanitaria, Asp Valloni e cooperative sociali. Una collaborazione con professionisti che offrono questi servizi di qualità, in orari diversi da quelli tradizionali, rappresenta senza dubbio, nei fatti, un valore aggiunto che a parer mio va inserito gradualmente ma in maniera convinta nella riorganizzazione in atto anche per quanto riguarda le strutture comunali. Una possibilità pedagogica in più messa a disposizione di chi, liberamente, ne vorrà usufruire.
In questi giorni ho letto e sentito molte frasi improprie, alcune perfino offensive nei confronti delle famiglie che lavorano e chiedono servizi moderni e in sintonia con i mutati ritmi di vita. Non si tratta, come ha detto qualcuno con una buona dose di arroganza e superficialità, di ‘parcheggiare i bambini all'asilo’ o ‘appaltarli a qualcuno’; ma semplicemente permettere a più famiglie possibili di avere orari in grado di rispondere alle loro esigenze occupazionali, sviluppando anche in maniera concreto il concetto di “pari opportunità” per le madri lavoratrici attraverso servizi che garantiscono qualità anche al di là del classico orario ‘8-16 e posi si chiude’.
Un paio di giorni fa ho letto la lettera di un genitore riminese. “Non ci sto a sentirmi un genitore peggiore di altri perché non ho la possibilità di gestire l’uscita dei miei bambini alle ore 16.00“ scrive questo genitore, offeso da chi, per contrastare la possibilità di orari più flessibili, accusa che i figli ‘si fanno per viverli e non per appaltarli alle cooperative’. Continua questo genitore: “sono papà di due bambini che non possono frequentare le scuole d’infanzia pubblica perché io, mia moglie e la nostra piccola rete familiare, causa necessità di lavoro non abbiamo la possibilità di andarli a prendere all’uscita prevista per le 16. Pur avendo avuto posizioni utili in graduatoria, abbiamo dovuto rinunciare alle strutture pubbliche per quelle private, che davano risposte più adeguate alle nostre esigenze“. Sono veramente offeso e mortificato dalle dichiarazioni. Capisco le istanze e le rivendicazioni del personale precario, che vede sfumare la possibilità di un lavoro nel settore pubblico, che ne fa le proprie rimostranze da un punto di vista occupazionale e sindacale. Desidererei, però, che il piano della discussione e del confronto rimanesse scevro da interessi terzi e diversi rispetto ad avanzare una proposta di miglioramento del servizio offerto dai nidi/materne rispetto ad oggi”.
Trovo questo un argomento di discussione non solo interessante ma centrale allorchè si discuta di qualsivoglia riorganizzazione. Al di là delle ragioni, al di fuori di qualsiasi strumentalità, vogliamo parlare ANCHE delle famiglie riminesi e delle loro esigenze?
Mattia Morolli