Allo stato attuale il Palacongressi di via della Fiera è costato 117 milioni. Sui conti finali pende però un’incognita che potrebbe ribaltare la situazione ed avere, di riflesso, conseguenze rilevanti sullo stesso assetto azionario di IEG (cioè la società della fiera dopo l’accorpamento con Vicenza).
L’incognita è rappresentata dalla causa che ha intentato la Cofely, la ditta costruttrice, contro la Società del Palazzo, con la richiesta di 54 milioni per maggiori oneri. Anche la società ha fatto causa, chiedendo, a risarcimento del ritardo nella consegna del Palacongressi, la somma di 21 milioni. A quanto pare, la sentenza di primo grado dovrebbe arrivare entro l’anno.
Che ci fosse tale causa lo si sapeva da tempo, tanto che per alcuni anni la Società ha accantonato fondi per 7 milioni (una decisione prudente poi abbandonata nel 2015).
La novità sta nel fatto che l’imminente esito della causa e le sue conseguenze sull’impianto complessivo del sistema fieristico-congressuale riminese sono entrate nel quarto supplemento dell’accordo per il finanziamento del Palacongressi.
Nella relazione di Paolo Faini, amministratore di Rimini Holding (la società che gestisce le partecipazioni del Comune) si legge che qualora la causa abbia un esisto sfavorevole, i tre soci pubblici (Comune, Provincia e Camera di Commercio) di Rimini Congressi (la società che detiene la maggioranza delle azioni di IEG) si impegnano a votare l’autorizzazione a vendere una quota di azioni, aggiuntiva a quella già prevista nel programma di privatizzazione. Nella sua relazione, l’amministratore di Rimini Congressi, Marino Gabellini, specifica che tale vendita dovrà essere effettuata anche se ciò dovesse comportare che Rimini Congressi non detenga più la maggioranza in IEG. Gabellini presenta tale ipotesi come ultima via d’uscita, cioè qualora il debito residuo fosse superiore a 9,9 milioni e non ci fosse la possibilità di farvi fronte tramite il ricorso al credito bancario o a forme di rateizzazione. Però l’ipotesi c’è, scritta nero su bianco, e l’hanno messa in evidenza i consiglieri di opposizione (Zilli, Camporesi, Bellucci, Pecci) che sono intervenuti nel dibattito in consiglio comunale.
Stupisce pertanto che l’assessore Gian Luca Brasini nella sua replica abbia cercato di negarlo appellandosi a motivi formali, cioè sostenendo che qualora l’ipotesi si facesse concreta si tornerebbe in consiglio comunale per vararla. È vero invece che, nei documenti approvati l’altra sera, si affacci questa ipotesi che, se realizzata, porterebbe al risultato (la perdita del controllo degli enti locali nella Fiera) che in tanti, anche nel perimetro politico della maggioranza, hanno sempre scongiurato.
Questo non è che un aspetto del quarto supplemento. Un elemento centrale è l’aumento di capitale di Rimini Congressi che consente alla Provincia (l’ente che finora non aveva ottemperato ai propri obblighi) di rientrare dai propri debiti. La Provincia vi partecipa conferendo il valore delle azioni detenute direttamente in IEG e con i dividendi straordinari della Fiera del 2014 e del 2015.
Al termine dell’operazione Rimini Congressi deterrà il 65,069 delle azioni della Fiera. Pertanto il processo di privatizzazione, che non sarà fatto (se mai sarà fatto) sul mercato secondario AIM ma su quello principale MTA, potrà riguardare il 15,068% del pacchetto azionario. Secondo le stime, la vendita dovrebbe produrre un incasso netto di 17 milioni, 15 dei quali andranno ad estinguere parte del mutuo contratto con Unicredit, e 2 saranno girati alla Società del Palazzo per far fronte agli eventuali nuovi oneri derivanti dall’esito della causa prima citata.
A questo proposito i consiglieri di opposizione hanno messo in rilievo come la quotazione economica della Fiera sia molto oscillante. Se l’Advisor KPMG, interpellato per la ventilata privatizzazione del 2014, aveva parlato di 140 milioni e l’amministratore di Rimini Congressi Marino Gabellini, dopo l’accordo con Vicenza, era salito a 170, la perizia chiesta ora al commercialista Santucci di Milano ipotizza 125 milioni. La parola definitiva, come sempre , la dirà il mercato quando sarà il momento di vendere il famoso 15 per cento.
Due corollari del quarto supplemento sono anche la decisione di non acquistare una quota del Palacongressi di Riccione e la determinazione di IEG di non procedere più alla vendita dei terreni di via della Fiera.
Gli enti che si erano impegnati con lettere di patronage ritengono che con questo quarto supplemento di aver adempiuto ogni obbligo: niente dovrà più essere loro reclamato.
Il proverbiale cittadino medio, di fonte a queste operazioni complesse e difficili da riassumere in poche righe, si potrà chiedere se a questo punto il debito contratto per il Palacongressi sarà sostenibile, se non c’è il rischio di sorprese dietro l’angolo. La risposta che viene dagli atti è che tutto è stato fatto con questo scopo, anche se la condizione indispensabile è che la Fiera continui a produrre sostanziosi utili come è riuscita a fare negli ultimi due anni.