E poi ci si meraviglia che sia resuscitato Berlusconi con il suo slogan “meno tasse per tutti”. A Rimini e a Riccione questa vigilia di Natale è nel segno poco simpatico delle tasse aumentate o ripristinate. Non ci sono più le stangate di fine anno da Finanziaria (che adesso si chiama legge di stabilità), sono state sostituite dalle stangatine comunali. Per le tasche dei contribuenti non fa molta differenza. L’inasprimento della pressione fiscale tiene banco sia a Rimini (centrosinistra) che a Riccione (centrodestra), autorizzando così l’Associazione albergatori della Perla verde a coniare lo slogan più efficace dell’anno: “Sono tutti compagni”.
Battute a parte, la concomitanza del dibattito fiscale sia a Riccione che a Rimini suggerisce qualche riflessione.
A Riccione durante la campagna elettorale (solo pochi mesi fa) non c’è stato candidato o forza politica che non abbia indicato nella politica degli eventi la formula magica per rilanciare il turismo. Già nel precedente mandato, la sindaca Tosi aveva fatto gran sfoggio di eventi, dalle piste di ghiaccio invernali ai manti erbosi pasquali, fino ai più discutibili villaggi western. Impossibile a quel tempo strappare qualche parola critica agli albergatori. Rieletta dopo la congiura di palazzo, la Tosi ha mantenuto la promessa. Eventi, eventi, eventi. Insieme alle fantasiose coreografie natalizie e ai cavalli alati che trottano in viale Ceccarini, sono arrivati, molto più prosaici, “i conti della serva”. Signori, gli eventi sono belli, danno lustro a Riccione, ma bisogna pagarli. Il modo più semplice di fare cassa è di aumentare quella imposta di soggiorno che un tempo si prometteva di abolire.
Questo è il primo insegnamento che viene dal dibattito pre-natalizio su tasse e dintorni: cari cittadini sappiate che prima o poi arriva il conto da pagare e potete star certi che a saldarlo dovrete essere voi o i turisti di passaggio. Si possono imbastire tutte le polemiche che si vogliono sui costi più o meno esuberanti del Natale riccionese, forse si poteva spendere anche di meno, in ogni caso è indubbio che un Comune oggi non ha risorse proprie o derivate per pagare queste spese. Se si vogliono gli eventi perché servono al turismo (quali eventi, quale turismo, altro grande tema che si apre), si sappia che per finanziarli occorrono entrate straordinarie.
Un segno reale di rinnovamento della politica e delle amministrazioni locali – prima chiosa - sarebbe quello di indicare con chiarezza e trasparenza con quali risorse e quali tasse si intende realizzare ciò che si annuncia. Le sorprese in corso d’opera o al traguardo finale giustamente non sono gradite dai contribuenti.
I quali contribuenti – ecco la seconda chiosa – dovrebbero imparare a premiare con il loro voto solo chi concretamente garantisce, prima di mettere le mani nelle loro tasche, di aver fatto tutto il possibile per eliminare sprechi e inefficienze che a occhio nudo si vedono ancora nella pubblica amministrazione. Diffidare, insomma, da chi promette mare e monti, e non dice nulla su come recuperare almeno un euro di spreco. Prima di aumentare una tassa, le amministrazioni dovrebbero documentare, dati alla mano, perché sono risultati insufficienti i tentativi fatti per cercare di evitare il nuovo balzello. Succederà mai?
Il ragionamento, ovviamente, vale anche per Rimini dove, per trovare 1,4 milioni di euro è stata riesumata la tassa sui passi carrai abolita dalla giunta Ravaioli addirittura nel 2010. I contribuenti riminesi scoprono adesso, a lavori ormai ultimati, che il Teatro che dialoga con la Rocca non è solo una fantasiosa immagine del sindaco Andrea Gnassi ma anche un costo che graverà anno dopo anno, sul bilancio comunale e quindi sulle loro tasche. Dalle dichiarazioni dell’assessore Gianluca Brasini si apprende infatti che l’introito dai passi carrai servirà, fra le altre cose, a finanziare la prossima stagione nel rinnovato Teatro Galli. Signori, la lirica e il balletto nel teatro dov’era e com’era hanno dei costi e per pagarli avanti con la tassa sui passi carrai. In realtà si era detto che il Galli e tutti i nuovi motori culturali cari al sindaco Gnassi sarebbero stati dati in gestione privata. Non è più così? Il Comune pensa di tenersi in casa, a totale carico dei contribuenti, un potenziale centro moltiplicatore di spesa come il Galli? Ecco un aspetto su cui le forze di opposizione, oltre a gridare contro l’aumento delle tasse, dovrebbero chiedere chiarezza.
Eppure più di una volta il sindaco ha fatto appello ai privati perché siano più generosi nel contribuire a una nuova stagione della città. Non vogliamo pensare che fosse un preludio ammiccante a un aumento generalizzato della tassazione, questo significa che il ricorso alla tassa è un ripiego visto che nessun privato si è fatto avanti con le sue proposte? In ogni caso immaginare di coinvolgere i privati nella gestione della città è un’attività virtuosa che non può essere ridotta a sporadici appelli che lasciano il tempo che trovano. Vanno create le condizioni e stabilite le regole del gioco. I privati possono essere sfidati a uscire dal guscio e dall’inerzia se il Comune stabilisce chiaramente come possano essere coinvolti nella costruzione della casa comune. L’alternativa è, come nel caso del Teatro Galli, creare centri di spesa pubblica senza fondo, chiamando poi i contribuenti a ripianare i conti.