In una ricerca condotta da Mediobanca su dati del 2015, la Banca Popolare della Valconca era considerata un istituto di credito ad alto rischio. In quella speciale classifica comprendente 114 banche, la Carim era al quindicesimo posto e la Valconca al sessantunesimo. Sappiamo quale è stato il destino di Carim e il redde rationem è alle porte anche per l’istituto di Morciano. Certo, le dimensioni non sono paragonabili (la Valconca gestisce 22 sportelli ed ha 180 dipendenti) ma le dinamiche, almeno quelle macro, sono le stesse.
La Popolare della Valconca è in perdita costante dal 2013: complessivamente si sono polverizzati quasi 46 milioni, di cui 23,5 solo nel 2016. Nello stesso periodo i crediti in sofferenza sono passati da 59,4 milioni a 72,3, andando ad incidere pesantemente sul patrimonio della banca. A quanto pare il film è lo stesso visto alla Carim: sono stati concessi finanziamenti a soggetti scarsamente affidabili, il che ha contribuito ad incrementare il totale dei crediti deteriorati. Inoltre, si è concentrata l’attività prevalentemente nel settore immobiliare, senza opportune diversificazioni.
Anche alla Popolare della Valconca tra il 2016 e il 2017 sono arrivati gli ispettori di Bankitalia che l’hanno rivoltata come un calzino e hanno dato precise indicazioni per il futuro. La prima è che il peso dei crediti deteriorati è tale che l’istituto non può più pensare di cavarsela da solo, deve necessariamente trovare un partner robusto che possa immettervi denaro fresco per risanare la situazione e pensare al futuro. I crediti deteriorati, inoltre, come da indicazioni della BCE, dovranno essere ceduti e scomparire dai bilanci entro il 2019. La seconda indicazione è strettamente collegata alla prima: l’istituto deve trasformarsi in Spa perché un eventuale investitore non accetterà mai di sborsare milioni di euro e non contare nelle decisioni sulla base del capitale investito. La storica formula della cooperativa per azioni è quindi da abbandonare per dotarsi di un nuovo strumento societario, più consono a tempi che prevedono pochi e forti competitor nel mercato bancario italiano ed europeo: la stessa cosa peraltro stanno compiendo, sia pure con un percorso diverso, le Banche di credito cooperativo.
Il giorno fatidico dovrebbe essere fissato nel mese di giugno. Sarà convocata un’assemblea straordinaria con all’ordine del giorno la trasformazione in Spa.
E qui, non ci vuole molta fantasia a immaginarlo, cominciano i dolori. Nella Popolare della Valconca, guidata da oltre vent’anni dall’avvocato Massimo Lazzarini, sono in molti a non volersi rassegnare al cambiamento e, a dispetto dei dati di bilancio e delle prescrizioni di Bankitalia, continuano a coltivare l’illusione di poter conservare la propria autonomia e di poter raccogliere denaro da investitori disponibili a contare quanto un azionista da pochi euro. Naturalmente gli psicodrammi e le preoccupazioni sono alle stelle: gli amministratori vedono in pericolo i propri incarichi e il ruolo, da alcuni rivestito per lunghi anni; i soci azionisti temono di perdere in modo consistente il denaro investito; i dipendenti sono in allarme perché temono per il proprio posto di lavoro, nonostante finora non siano avvenuti licenziamenti.
Si può quindi prevedere che l’assemblea dei soci in programma domenica prossima sarà particolarmente calda. Oltre che approvare il bilancio consuntivo 2017, che verosimilmente non sarà da brindisi, l’assemblea deve anche eleggere due componenti del consiglio d’amministrazione. Sbagliato pensare che, visto che al massimo staranno in carica giusto due mesi, nessuno sia interessato ad occupare quelle due poltrone. C’è infatti grande fermento, e ne è la prova una lettera, di cui siamo in possesso, in cui si caldeggiano due nomi – Ottavio Righini e Costanzo Perlini, esponenti dell’associazione piccoli azionisti – per i posti vacanti. Non è facile capire la logica razionale che suggerisce questa battaglia per entrare in un consiglio d’amministrazione inevitabilmente a scadenza. Si pensa di poter difendere meglio gli interessi dei soci azionisti che verosimilmente vedranno azzerate le proprie partecipazioni prenotando un posto nel consiglio? Ma non si considera che chi accetterà di investire nella Valconca nominerà un suo consiglio d’amministrazione, espressione della quota di capitale sociale acquistata?
A proposito di possibili soggetti interessati alla Banca, si fa il nome del fondo Lowy (gruppo internazionale con sede ad Hong Kong) che nei giorni scorsi ha perfezionato l’acquisto di Credito di Romagna, un altro istituto che, dopo essere stato coinvolto in inchieste anche di natura penale, rischiava la risoluzione e che ha comunque subito il removal totale di tutti gli amministratori da parte della Banca d’Italia. Per l’acquisto di Credito di Romagna (11 sportelli), Lowy ha sborsato 50 milioni di euro che, sommate alle cifre richieste dalle autorità di Vigilanza europee, alzano il costo effettivo dell’operazione ad almeno 60/65 milioni; si valuta che per la Popolare della Valconca ne siano necessari almeno 75. Ma l’interesse di Lowy (o di ogni altro potenziale acquirente) e della stessa Valconca si potrà realizzare solo se l’istituto marcia spedito verso la trasformazione in Spa. Il passaggio indicato da Bankitalia appare la condizione necessaria perché il piccolo istituto di credito di Morciano possa aspirare ad avere, oltre a una gloriosa storia, anche un dignitoso futuro.