La Romagna in questo momento è un’entità a geometria variabile. Le politiche pubbliche di area vasta hanno messo a segno l’obiettivo di una Ausl unica. La Camera di Commercio si chiama “della Romagna” ma comprende solo le province di Rimini e Forlì-Cesena. E Ravenna pare voglia mettersi d’accordo con Ferrara. La stessa Confindustria (oggi riunita in assemblea a San Patrignano) si definisce “della Romagna”, ma Forlì-Cesena è ancora una repubblica indipendente.
Piccolo quadro sintetico per valutare meglio la sfida che il presidente Paolo Maggioli ha lanciato dal palco di San Patrignano: pensare la Romagna come un’unica città, condizione indispensabile per vincere la competizione nel mondo nuovo nato dopo la caduta del Muro di Berlino. E una Fondazione per elaborare idee e proposte da lanciare nel dibattito pubblico come contributo a costruire appunto la Città-Romagna. Dopo Maggioli, l’assemblea ha ascoltato una interessante relazione di Vittorio Emanuele Parsi, docente di relazioni internazionali, che ha ben spiegato le origini del populismo; l’intervento del sottosegretario a Palazzo Chigi Stefano Buffagni che per tre volte ha chiesto l’aiuto degli imprenditori perché il governo del cambiamento non resti una bella espressione; e le conclusioni del presidente nazionale Vincenzo Boccia. Ma prima ancora avevano portato il loro saluto i presidenti della province di Ravenna e Rimini, Michele De Pascale e Andrea Gnassi, che si sono messi in sintonia con l’assemblea parlando un “piano strategico della Romagna”.
Ma toniamo alla proposta di Maggioli. Il presidente di Confindustria Roma ha presso le mosse da una frase dello studioso Parag Khanna secondo cui “entro il 2030 il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà in città che per la maggio parte non dista più di ottanta chilometri dal mare”, aggiungendo poi che le città con maggior potenzialità di sviluppo contano un milione di abitanti e gravitano intorno a una grande azienda o comparto industriale. Per Maggioli è la fotografia della Romagna. Lo stato dell’arte vede una dotazione infrastrutturale discreta che però ha bisogno di essere incrementata. Sulla viabilità le priorità sono l’E45 (ricordata anche da Gnassi) e la Cispadana, per collegare il nord della Romagna con le zone più sviluppate dell’Emilia. C’è bisogna di aeroporti, e qui Maggioli è stato diplomatico giudicando positivo il rilancio di Rimini dopo anni tormentati e la notizia di un nuovo inizio per Forlì. Cosa voglia dire un aeroporto efficiente lo ha documentato parlando di Bologna: la crescita dell’aeroporto è stata un volano di sviluppo per il turismo e per l’industria. Per la costa il punto nodale è arrivare velocemente a Bologna, che poi da lì si arriva presto in ogni parte d’Italia e del mondo.
Un piano imponente – secondo Maggioli – andrebbe studiato per l’immobiliare residenziale e turistico in un’ottica di rigenerazione urbana di cui si sta discutendo da anni. Secondo il presidente la Romagna è a buon punto di partenza per tutti i fattori dello sviluppo (connessioni, demografia, mercato di capitali, produttività del lavoro, tecnologia, tutela dell’ambiente, istruzione-università) ma per competere nel mondo nuovo bisogna fare passi da gigante in tutte le direzioni. Da qui alla proposta della Città-Romagna il passaggio è immediata. Vanno certamente superati i campanilismi, ma i “cento campanili attuali debbono restare perché rappresentano un valore culturale e sociale, ma dobbiamo assumere una nuova mentalità, devono essere capace di mostrarsi coesi”. Un contributo in questo senso è venuto anche da Parsi ch alla fine del suo intervento si è soffermato sul valore dei territori capaci di conservare la propria identità e aprirsi al l’innovazione. Per un territorio così impostato non è importante da dove arrivi (vedi la querelle sull’immigrazione), il padrone di casa non teme di accogliere un ospite, sa che quella è casa sua.
Quindi la Romagna ha bisogno di una nuova governance che la faccia uscire dal recente passato in cui è stata trattata dalla Regione come una parente lontana e non come una figlia prediletta. Ma nessuna concessione alle rivendicazioni autonomistiche: “Serve una Romagna più forte per una Regione più forte”.
Ragione per cui Confindustria Romagna è contraria ad una Camera di Commercio di Ravenna e Ferrara, deve essere unica e romagnola.
Per far camminare l’idea della Città-Romagna la proposta è quella di una Fondazione di cui facciano parte , gli imprenditori, gli amministratori locali, i ceti produttivi, i manager di utilities, scuola, università, sanità infrastrutture e associazioni. Da questa Fondazione devono partire le idee per la crescita e lo sviluppo, facendo capire i vantaggi che un territorio coeso porterebbe a tutti.